26 agosto 2024

WATFORD, Il volo del calabrone.





















Breaking hearts. E' il maggio del 1984 e Elton John, è nel pieno di un tour in Germania per promuovere il suo ultimo album. Breaking hearts, infrangere i cuori. Ma il cuore è un muscolo involontario, al cuore non si comanda. E allora nel bel mezzo dei concerti tedeschi, c'è uno stop, una sosta prestabilita, una fermata obbligatoria, quanto basta per prendere l'aereo e tornare a Londra. Si, perchè la storia aveva chiamato, fissando l'appuntamento. A Wembley il 19 maggio il Watford F.C sarebbe stato protagonista della finale di coppa d'Inghilterra contro l' Everton. Mai successo ne prima ne dopo.. almeno fino ad oggi.

La parabola era cominciata sette anni prima, quando lo stravagante cantante nato a Pinner distretto di Harrow nord-ovest londinese, decide che è giunta l'ora di provare a risollevare le sorti di quella che da sempre è la squadra per la quale fa il tifo. Watford appunto. The hornets, i calabroni per via del giallo nero delle maglie.
Il primo tassello si chiama Graham Taylor, inglese di Worksop.
Assomiglia a un ufficiale al servizio di sua maestà, sarebbe stato a suo agio anche a prua della Victory accanto a Lord Nelson fra i gorghi di Trafalgar, oppure in mezzo ai quadrati di Wellington a Waterloo a respingere i poderosi assalti della vecchia guardia napoleonica. Stratega accanto a strateghi. Ma le battaglie di Taylor sono sul campo di calcio. Da calciatore veste le maglie di Grimsby Town e Lincoln, ed è proprio lavorando come allenatore nel city che Elton John lo chiama e lo porta nel Watford, nella feroce quarta divisione inglese, nella pioggia e nel fango di Vicarage Road.
Ed e una scalata senza precedenti, solo il Wimbledon qualche anno dopo sarà capace di fare qualcosa di simile. 
Nel 1982/83 i golden boys sono ai nastri di partenza della massima serie, e sarà solo per lo strapotere del Liverpool che i ragazzi di Taylor non si sederanno sul trono d'Inghilterra. Certa nobiltà non ammette intrusioni al potere..
L'anno seguente non sarà un campionato felicissimo, ma c'è anche l'impegno europeo in coppa UEFA a limare le energie. Un avventura che si chiuderà negli ottavi di finale per mano dei cechi dello Sparta Praga.
Ma è la F.A. Cup a tenere banco a far sperare, a far brillare gli occhi, e il sogno va vicinissimo dall' essere realizzato. Nell' ordine cadono gli Hatters i cappellai del Luton Town in due derby infuocati, Charlton, Brighton, e Birmingham City. Poi si aprono le porte del Villa Park per la semifinale, giocata di fronte a 43000 spettatori . C'è il Plymouth a contendere l'accesso ai fasti di Wembley. Ci pensa Hot cross John Barnes a telecomandare un traversone per la testa del biondo George Reilly che segna il goal sicuramente più importante di tutta la sua carriera. 1-0.
Ci sono immagini di repertorio che testimoniano, la gioia, quasi l'incredulità dei tifosi del Watford all'indomani del successo di Birmingham. Cartelli affissi davanti alla sede del club, riportano: “FA cup final terrace tickets £ 5 Queue”. E poi sorrisi di gente entusiasta che mostra l'agognato biglietto dove spicca in nero l'inconfondibile sagoma della coppa più bella del mondo. Da Watford all' Empire Stadium la distanza è breve, solo poche miglia più a sud, non si cambia nemmeno linea, una decina di stazioni della metropolitan (quella viola..) e si scende a Wembley Park.
Il capitano è Les Taylor numero 4 che presenta i suoi compagni alle autorità;
Sherwood, Bardsley, Price, Terry, Sinnott, Callaghan, Johnston, Reilly, Jackett, Barnes. Allineato a pochi passi da loro c'è l' undici di Howard Kendall, forse l' Everton più forte di sempre, e che l'anno successivo a Rotterdam contro il Rapid Vienna conquisterà anche l'ormai ahimè scomparsa coppa delle coppe.
Per pura nota di cronaca questa è la prima finale giocata con maglie dove appare lo sponsor. “Iveco”, per il Watford su una “Umbro” giallo rossa da favola, “Hafnia”, per l' Everton su una “Le coq sportif”di un vivace blu per niente male. Il contrasto cromatico rende gloria al Dio del football.

Nella prima mezz'ora gli uomini di Taylor partono alla grande e si fanno anche piuttosto pericolosi, ma due episodi li condannano. Il primo avviene al 38' del primo tempo quando Greame Sharp intercetta un tiro di Stevens maldestramente sfiorato da Barnes che accarezza il palo e termina placidamente in rete . Poi al 51' della ripresa Andy Gray approfitta di un uscita diciamo non perentoria di Sherwood per sospingere in goal di testa un cross di Steven che sembrava non finire mai. Finisce 2-0, c'e solo la sempre suggestiva consolazione di salire i gradini del palco reale e ritirare la silver medal. I tifosi dell' Everton espongono uno striscione che recita: “sorry Elton- i guess that's why they call us the blues !” Scusaci Elton immaginiamo che sia per questo che ci chiamano i Blues.
Eh si, breaking hearts,.. è proprio il caso di cantarlo Sir, ci avete davvero spezzato il cuore.
di Simone Galeotti, https://lettereinchiaroscuro.blogspot.com

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