22 agosto 2024

CHURCHILL, IL LEONE BRITANNICO

Torride notti anconetane, seminsonni, col ventilatore quale migliore amico, trascorse sconsolatamente davanti alla tv, che ha inaspettatamente trasmesso un documentario a cui sono rimasto incollato. Sonno perso sapientemente e percezione del caldo afoso ridotta al minimo, grazie al dissetante sidro britannico “Thatchers Gold”.. 
Vengo realmente catturato da un ritratto assai ricco, quanto obiettivo di Winston Churchill, il Primo Ministro inglese che cambiò il corso della Seconda Guerra mondiale, l’indomabile statista che stravolse il destino dell’Europa. Di lui si conosce praticamente tutto, ma sinceramente, un quadro così originale del premio Nobel per la letteratura non l’avevo mai ammirato. Analisi del personaggio sia sotto l’aspetto caratteriale che professionale, stilando il profilo di un un uomo dai curiosi risvolti. Lo statista tatuato era particolarmente allergico alla scuola, uno scavezzacollo non da poco. Da adolescente era stato vittima di una commozione cerebrale, si era danneggiato un rene, aveva rischiato di morire in un lago, era caduto ripetutamente da cavallo, si era schiantato in aereo ed era stato investito da un auto ! Amava dipingere e con ottimi risultati, a detta di Pablo Picasso. Prigioniero di guerra nel 1899, riuscì a scalare il muro della prigione e fuggì, nascondendosi in una miniera di carbone per ben tre giorni. Amava la scienza, credeva negli alieni e la sua spiccata estrosità, combinata ad un proverbiale senso dello humour, era spesso foriera di forti frasi ad effetto. Indimenticabile quella che più ci riguarda e riconducibile alla celebre “battaglia di Highbury” del 1934, tra Italia ed Inghilterra:

“Mi piacciono gli italiani, vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra.”

Il detto viene spesso accostato ad un severo giudizio sulla condotta italiana durante il secondo conflitto mondiale, sul Duce e sui suoi malandati battaglioni.. Churchill faceva preciso riferimento a quella epica partita, in cui il “sistema” di Herbert Chapman sfidò il “metodo” risultatista di Vittorio Pozzo, spuntandola solo a grande fatica. Su di un campo pessimo, venne giocata questa “amichevole” fra scuole calcistiche divergenti, i Campioni del Mondo in carica contro i “pionieri del football”. 50.000 tifosi spinsero gli inglesi ad una vittoria per 3-2, con gli italiani sotto di tre reti dopo appena dodici minuti. Carlo Ceresoli parò subito un rigore e Luisito Monti si fratturò l’alluce scontrandosi con Ted Drake. La veemente reazione d’orgoglio dell’Italia, frutto di una doppietta di Giuseppe Meazza, portò gli Azzurri a sfiorare la rimonta, tra gli applausi del pubblico estasiato, testimone di un match ruvidissimo per numero di contrasti e durezza di gioco ( Eddie Hapgood ne seppe qualcosa.. ). La “Perfida Albione”, come era stata apostrofata da Benito Mussolini, aveva ricevuto seppur vincendo, una eroica lezione.

Insomma, aforismi e frasi ad effetto erano il “pane quotidiano” di Churchill. La assoluta padronanza della descrizione storica e biografica, unita ad un’impeccabile arte oratoria, lo portarono a scrivere più di venti libri. I gatti costituivano la sua passione e rispettava gli orari in modo maniacale. Come maniacale era quella, da lui stesso definto “il cane nero”, ovvero la oscura depressione che lo attanagliava ad intermittenza, intaccandone talvolta, la leggendaria capacità di concentrazione. Iperattivo, ironico fino all’eccesso, era solito farsi almeno due bagni al giorno, trovando ( a suo dire ) nell’acqua calda un valido aiuto per riflettere compiutamente.. 
Un soggetto istrionico, piacioso e gioviale, che fra un whisky ed un immancabile sigaro mandò all’aria i deliranti oblii guerreschi di Adolf Hitler. Il leader del Partito Conservatore non era immune alla passione per il calcio. Nutriva una intima venerazione per il football e seguiva le sorti del Queen Park Rangers, non certo uno dei team inglesi più vincenti. 
A trasmettergli l’amore per gli “Hoops” fu suo padre Lord Randolph Churchill (nella stagione 1890/91 infatti compare tra i proprietari del Club), uomo anch’egli illuminato ed assiduo frequentatore del “Loftus Road”. Winston custodiva nell’ animo il sogno di vedere giocare in biancoblu il “Mago”: Sir Stanley Matthews, in forza allo Stoke City ed al Blackpool, “Pallone d’Oro” nel 1955. Una delle squadre più suggestive di Londra fece dunque breccia nel cuore dello stratega attraverso una passione irrazionale, tramandata nel nucleo familiare. Il “British Bulldog” assistette a vari traslochi e cambiamenti cromatici, visto che i londinesi inizialmente, indossavano divise a cerchi biancoverdi, come quelle del Celtic Glasgow. Il QPR lasciò però, sia padre che figlio a “bocca asciutta”, annoverando in bacheca solo una Coppa di lega vinta nella stagione 1966/67, battendo in finale il West Bromwich Albion. Il 15/1/1965 Churchill morì nella sua casa di Londra all’etá di 90 anni, in seguito ad un grave ictus, non potendo così assistere, per un soffio, alla unica vittoria della sua squadra favorita.
di Vincenzo Felici

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