4 dicembre 2024

LA NOTTE DEL FAX DI BLATTER A KING KEV.

"Ultimamente ho preso parte a un match di beneficenza tra vecchie glorie del classico Liverpool-Newcastle del 1996. Qualcuno mi ha chiesto come mai stavamo celebrando quella partita, considerato che che non ci aveva fatto vincere nulla, anzi".





















La domanda non coglieva il punto. Continuiamo a celebrarla per il calcio che siamo stati in grado di offrire e per i ricordi che abbiamo lasciato. È stato il momento migliore per essere un tifoso delle Magpies. "L'intera città ci credeva". Così si è espresso Robbie Elliott, all'epoca giovane e promettente terzino della squadra allenata da Kevin Keegan.

E, lui sì, il punto l'ha colto alla perfezione. Liverpool-Newcastle del 3 aprile di quell'anno è stata ritenuta la partita più bella della storia della Premier League. A mio parere, non solo. 
È difficile ricordare un altro match che abbia saputo condensare gli elementi dello spettacolo e del dramma in maniera così generosa. A tratti violenta. Un freddo dato, tanto per capire di cosa si parla: il LIverpool guidato da Roy Evans e con il formidabile Robbie Fowler in attacco concluse verso la porta avversaria 29 (ventinove!) volte, mentre i bianconeri, che in attacco schieravano contemporaneamente Ginola, Beardsley, Asprilla e Les Ferdinand, una quindicina. Un tiro ogni due minuti circa. Numeri impensabili per il grigio e orizzontale calcio dei giorni nostri. Ma numeri che non dicono tutto: i capovolgimenti di fronte e del risultato furono numerosi, i tackle volavano come non ci fosse un domani nell'atmosfera elettrica di Anfield. Emozioni da togliere il respiro anche agli spettatori neutrali, in un confronto privo di qualsivoglia tatticismo nonostante la pesantissima posta in palio. 

Proprio King Kev sembrò quasi somatizzare ciò che accadeva sul tappeto verde. Vestito con un improbabile blazer color rosso scuro, poi sostituito dal classico giaccone sportivo, al goal di Stan Collymore al 90, si accasciò come un vecchio leone morente sui tabelloni pubblicitari. Un immagine che commosse i più. Non lo meritava lui, non lo meritava la sua squadra, pur nel rispetto della prova altrettanto epica dei Reds. 
Persino Sepp Blatter, in un momento di rara lucidità, confessò di essere stato tanto rapito dallo spettacolo da prendere carta e penna e inviare personalmente un fax a Keegan, complimentandosi per la filosofia di calcio offensivo data al suo team, un'attitudine che aveva onorato lo sport che tutti amiamo. Con quel 4-3 il Newcastle perse dopo mesi la testa della classifica (a gennaio i punti di vantaggio erano stati persino 12) a vantaggio dello spietato United di Sir Alex, trascinato dalle reti del suo genio francese. Fu una mazzata decisiva nella lotta per il titolo. Il Liverpool non approfittò della gloria della vittoria all'ultimo respiro, che sembrò avergli succhiato quasi tutte le energie: chiuse terzo e fu sconfitto, senza brillare, sempre dallo United nella finale di FA Cup. Ma la magia di quella partita rimarrà eterna.
di Massimiliano Parli

3 dicembre 2024

BACK TO THE “SIXTIES” - 1966






















In questa puntata della rubrica dedicata agli anni ’60 vi porterò indietro nel tempo, esattamente a quella storica estate 1966 che vide l’Inghilterra ospitare l’ ottava edizione della Coppa Rimet ovvero i campionati mondiali di calcio. 
Non sarà però un viaggio tra statistiche o ricordi di partite che tutti, chi più chi meno, conosciamo ma un percorso attraverso tutto ciò che accadde di contorno alla manifestazione. Innanzitutto il contesto sociale in cui si svilupperà il mondiale: siamo nel 1966, in piena “swinging London” ovvero all’apice della fama internazionale della capitale Inglese come fulcro di avvenimenti legati alla moda, alla musica, allo stile. In questo frizzante e vivace ambiente dove dominano gli stilisti Inglesi, le mode di Carnaby Street, il Beat sound di Beatles, Stones, Yardbirds, Who, gli spy-movies con Bond in testa non poteva mancare la ciliegina sulla torta, ovvero l’organizzazione dei mondiali.

La F.A. accoglie di buon grado l’onore e (e onere) della gestione della più importante manifestazione calcistica del mondo. Sicuramente gioca un ruolo importante Sir Stanley Rous  allora presidente della FIFA, ma al di la di eventuali pesi “politici”, pare giusto ai più fare svolgere tale manifestazione nella nazione maggiormente di tendenza di quegli anni oltre che un premio al paese che ha codificato e reso noto in tutto il mondo il “beautiful game”. Gli organizzatori sapranno dare una svolta senza precedenti alla manifestazione: innanzitutto per la prima volta nasce una mascotte che troverà spazio sui manifesti ufficiali, su riviste, guide, sui sottobicchieri oltre ad essere realizzato sotto forma di pupazzo per la gioia dei bambini e… dei grandi. Si tratta del famoso “Willie” un simpatico leoncino che veste una maglietta con i colori dell’ Union Jack, calzoncini, 14 calzettoni e scarpette bullonate. L’immagine più diffusa è quella che si vedrà sui posters della manifestazione, con “Willie” intento a calciare un classico pallone “18 panels”. All’avanguardia sarà anche il film del mondiale che per la prima volta non sarà solo una carrellata di immagini di gioco ma un vero e proprio lungometraggio, con tanto di colonna sonora degna di uno spy-movie del periodo, che vedrà tante riprese fuori dal campo di gioco.

























Ad esempio si inizia con l’arrivo delle squadre partecipanti all’aeroporto di Heathrow, il loro trasferimento sui buses verso i ritiri, quindi scene riprese tra la folla sia dentro che fuori gli stadi. Splendido il pezzo sui preparativi della finale con le telecamere che seguono i custodi e gli stewards nelle ore che precedono la gara intenti, chi a sistemare le reti chi a posare le coperte sulle poltrone del Royal Box; veramente imperdibile! Inoltre, anche qui una novità, si cerca di avere una serie di partners che provvedano a fornire gli “strumenti” di gioco. La Umbro supplirà a quasi tutte le nazionali l’abbigliamento, mentre l’ Adidas (al tempo rappresentata in UK proprio dalla Umbro) metterà a disposizione le scarpe. Anche i palloni verranno uniformati il più possibile individuando un fornitore e due colori “ufficiali” che saranno poi il bianco e l’arancione; proprio con una sfera arancione si disputerà la leggendaria finale. Lo stesso Sir Stanley Rous prenderà parte alla scelta dei palloni insieme ad un gruppo di produttori, di ex giocatori e di dirigenti della FIFA. Tutto il contorno della manifestazione viene organizzato in modo esemplare, tanto che qualcuno sostiene che tutti i mondiali successivi prenderanno esempio e spunti da quello Inglese, vedasi l’uso di una mascotte e la collaborazione con partners commerciali e fornitori ufficiali. Vengono prodotte guide per ogni città che ospiterà gare con infos su locali, divertimenti, ristoranti, bar e indicazioni su come raggiungere gli stadi. Ci fu anche lo spazio per un giallo mai completamente risolto: il 20 marzo 1966 sparisce la coppa Rimet mentre si trovava esposta a Londra per una esibizione pubblicitaria del mondiale nel contesto di una mostra filatelica. La tensione e la preoccupazione svaniscono il 27 marzo, quando il cagnolino Pickles durante la quotidiana passeggiata con il suo padrone annusa e scova uno strano oggetto nei giardini di Norwood nel Middlesex.
E ‘ la coppa Rimet in perfetto stato avvolta in un quotidiano. Respiro di sollievo per tutti e grande notorietà per alcuni giorni per cane e proprietario che verranno fotografati ed invitati in trasmissioni radiofoniche e televisive. Nessuno saprà mai se si trattò di uno scherzo oppure, più probabilmente di un vero e proprio furto con tentativo (fallito) di estorsione. Il mondiale 1966 stabilisce il record di spettatori (1.458.043) per questo tipo di competizione e l’incasso della finale (Lst. 200,000) diventa il più alto incasso mai registrato per una partita di world cup. I giocatori Inglesi ricevettero Lst. 60 per partita (ovvero il normale gettone per gare internazionali) mentre le riserve intascarono Lst. 30; inoltre un bonus di Lst. 22,000 per la vittoria (offerto dalla F.A.) fu diviso equamente tra i 22 selezionati su precisa richiesta dei giocatori stessi. Per concludere uno sguardo alle competizioni Inglesi che precedettero il mondiale: il titolo della first division va al Liverpool (che perderà per 2-1 la finale di Coppa delle coppe contro il Borussia Dortmund), mentre la F.A. Cup finisce 15 sulla sponda Blue del Mersey ovvero all’ Everton. 
La League Cup viene sollevata dal WBA che nella doppia finale avrà la meglio sul West Ham con un “aggregate” di 5-3. nel frattempo John Lennon dirà che i Beatles sono più popolari di gesù Cristo e la Barclay’s bank introduce la “Barclaycard” ovvero la prima carta di credito in Gran Bretagna.
di Gianluca Ottone, da UK Football please

2 dicembre 2024

TOP Lads. Gianfranco Giordano, il mio Ebbsfleet United.

Sono nato a Torino 63 anni fa, e a Torino ho sempre vissuto. Appassionato di Subbuteo e di calcio britannico, nostalgico del calcio del passato. Ho avuto la fortuna di collaborare in passato, da appassionato e non da giornalista, con Guerin Sportivo e Calcio2000. 
Dopo essere stato abbonato a San Siro lato rossonero per più di vent'anni, adesso vedo più partite dell'Ebbsfleet che del Milan dal vivo. Ogni tanto scrivo un libro di cui vendo anche qualche copia.

-Di quale squadra britannica sei tifoso e come mai?
Tifo Ebbsfleet United, mi piace la non League ed ero socio di My Football Club, e quindi uno dei proprietari del club. Io sono un po' avanti negli anni e fin dagli anni 70 ho una simpatia per il Manchester United, sono milanista e vedere una squadra con il diavolo mi emoziona, e il Celtic per quelle maglie bellissime.
-Come è iniziata la tua passione per il calcio britannico e quali sono le caratteristiche del calcio britannico che piu' ti piacciono?
La mia passione è cominciata negli anni 70. Nel nord Italia, io sono torinese, si vedeva la TV svizzera. Ogni domenica alla domenica sportiva svizzera si vedevano gli highlights, allora non si chiamavano così, della First Division, inoltre trasmettevano in diretta la finale di FA Cup. Io non sono un fine esteta ma ho sempre privilegiato l'aspetto pratico delle cose, ovvero la sintesi del calcio britannico. Ho sempre ammirato il loro spirito indomito, la ricerca della vittoria senza tanti sotterfugi tattici, senza parlare delle divise anni 70 che erano stupende e degli stadi con il pubblico attaccato al campo.purtroppo negli ultimi anni molte di queste cose sono sparite, tanti, forse troppi, allenatori e calciatori stranieri in Premier League. Per fortuna rimangono le serie minori.


30 novembre 2024

FIRST Division🇬🇧, il calcio inglese di una volta..

Quando pensi al calcio inglese cosa pensi?, 
Al fascino dei vecchi piccoli stadi, alle pinte nel pub con gli amici, al match programme della partita, alle ends che si muovevano ondeggiando ai goals della propria squadra, il pallone 18 panels rigorosamente bianco, il portiere con la maglia verde ed i pantaloncini come quelli dei compagni, il profumo forte degli hot dog con la cipolla nei dintorni dello stadio oppure l'amarissimo Bovril, per i più "vecchi" i rumorosissimi turnstiles oppure.. i totalisator a lato dei campi di gioco?
atmosfera unica, irripetibile..

Ecco FIRST Division, un punto di riferimento di chi ha vissuto tutto questo e chi lo sogna..

29 novembre 2024

"STADI o TEATRI" di Matthew Bazell (Eclettica), 2015

Il modello inglese e l'anima persa del calcio
Lo chiamavano 'the people's game', il gioco del popolo.
Lo è ancora? Matthew Bazell ci racconta la realtà inglese degli ultimi anni: tra prezzi esorbitanti, giocatori viziati, agenti superpagati, leggi assurde, partite ogni giorno ed orario, stadi ridotti a caserme senza personalità, lontani dalle comunità e con soli posti a sedere, steward prepotenti, ecc. Il business vince sul cuore, gli sponsor sui colori.
Tutto pare perdere identità e passione. I veri tifosi sono stati sostituiti da consumatori che aspettano solo di essere intrattenuti, in silenzio. Non tutto è perduto e l'autore spiega le iniziative di chi sta combattendo l'estrema commercializzazione del football, come le esperienze del F.C. United of Manchester o dell'Afc Wimbledon. In Italia da tempo si fa l'apologia del 'modello inglese' dal quale Bazell ci mette in guardia, affinché l'Italia si tuteli, salvando l'anima del calcio vero e popolare.
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