3 settembre 2024

"Irlanda, Calcio e Rivoluzione" di Greta Selvestrel (Rogas), 2024

Lo sport è capace di riflettere le sfumature contrastanti di un’intera comunità, contribuendo alla decolonizzazione di un determinato contesto socioculturale. L’obiettivo di questo libro è perciò quello di dimostrare come il calcio sia stato utilizzato come strumento strategico di ribellione e di riconoscimento da parte dei popoli oppressi, in particolare dall’Irlanda, al fine di poter reinterpretare in maniera rivoluzionaria il concetto di radice.
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L’autrice dimostra uno spiccato spirito critico nel corredare fatti e, oserei dire, misfatti che la corona inglese ha perpetrato nei confronti della popolazione irlandese, dando davvero contezza di un odio che si registra in ogni epoca analizzata, sfogato attraverso una violenza inaudita e mediante un disprezzo culturale alimentato dalla stampa dei vari periodi e dalle normative varie volte create ad hoc per screditare un popolo senza pace. Personalmente non ho potuto che inorridire di fronte alla riproposizione di avvenimenti e di prove inconfutabile volte a definire quello che è stato un odio razziale a tutti gli effetti, alimentatosi nel corso del tempo con un livore sempre più crescente. Certi articoli riproposti anche di epoca relativamente recente sono stucchevoli e non sembra forzato metterli a confronto con questioni sociali e razziali di portata più elevata e più rilevanti globalmente. Sempre sotto questo punto di vista ho trovato davvero centrata un’opinione dell’autrice, la quale ritiene “l’Irlanda più simile ad una dittatura sudamericana che a una democrazia europea”; per quanto indicato da Selvestrel nella sua copiosa opera tale paragone trova triste veridicità.

Accanto a fatti più acclarati, come il Bloody Sunday del 1972 od il tragico sciopero della fame di Bobby Sands e compagni trovano spazio tante tremende storia che vanno a comporre un puzzle terribili e per certi versi impunito, a riprova di un atavica lotta e di un mai sopito disprezzo. I tanti murales di Belfast e Derry (mai chiamarla Londonderry quando si parla con un irlandese) restano a testimonianza dei cosiddetti troubles e di una situazione civile e sociale raccapricciante.

Il calcio riveste un ruolo fondamentale nel contesto irlandese, con squadra come lo scomparso Celtic Belfast e il Derry FC a rappresentare molto di più di una squadra, ma il simbolo dell’orgoglio e delle lotte di una popolazione, la quale riesce ad affermarsi ed a farsi sentire attraverso l’esistenza stessa delle compagnie calcistiche. L’autrice analizza molto bene il fenomeno, fornendo una precisa ricostruzione storica ed andando davvero a fondo della questione, dandone precisi connotati sociali e antropologici. E’ proprio vero, per citare sempre l’autrice come “il calcio abbia contribuito alla decolonizzazione di un determinato contesto socioculturale”. Molto interessante anche il riferimento agli storici sport gaelici, spiegati nella loro autenticità, ma anche nelle differenze in termini di risonanza rispetto al calcio.

Il punto di vista di Greta Selvestrel è volutamente è fortemente filo-irlandese e, specificatamente, vicino all’ambito protestante negli anni più recenti della sua indagine, lasciando che siano i fatti e la loro perfetta contestualizzazione a dare sostegno al senso stesso dell’opera, senza forzare la mano più di tanto e senza abbandonarsi a strumentali e poco affini esagerazioni, raccogliendo davvero i frutti di un lavoro di ricerca di alto livello. Mi permetto di segnalare una diversa ottica fornita nel considerare e per certi versi giustificare il ruolo dell’IRA, senza per questo avallare la matrice violenta e dimostrando, un’ottima capacità di analizzare una critica situazione sociale e politica con grande apertura mentale e sensibilità.

Al termine della lettura avrete a disposizione un prezioso e completo strumento volto a valutare il calcio come riflesso della società e, congiuntamente, come ci si appassioni e ci si sacrifichi sotto tanti punti di punti di vista per una squadra per autodeterminarsi e trovare, finalmente, un riconoscimento che va davvero oltre il rettangolo di gioco. Le belle testimonianze raccolte dall’autrice in Irlanda fungono da perfetta giustificazione di tale tendenza, così come le belle foto conferiscono maggior fascino all’opera e permettono un’immedesimazione ancora maggiore al contesto trattato.
di Giovanni Fasani

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