2 ottobre 2024

NATO PER SEGNARE. Un profilo di Jimmy Greaves.






















Charles Buchan, giornalista del The News Chronicle, era ancora impressionato da ciò che aveva visto al White Hart Lane il 24 agosto 1957 nel corso del match tra Tottenham Hotspur e Chelsea (1-1). 
Ciò che lo aveva stupito era un debuttante che i Blues avevano schierato in attacco, “un diciassettenne”, scrisse Buchan, “dotato di tecnica, senso della posizione e personalità da campione consumato, un talento di prim’ordine con le qualità giuste per poter ricalcare le orme di Duncan Edward, il più giovane giocatore inglese ad aver vestito la maglia della nazionale”
Il ragazzo si chiamava Jimmy Greaves, e in quell’incontro segnò la prima di una lunghissima serie di reti realizzate in una carriera da vero e proprio killer dell’area di rigore. Un’attaccante nato e cresciuto per il gol, un rapace degli ultimi metri, uno stile tutto basato sulla rapidità di esecuzione e sull’anticipo, poche giocate spettacolari, niente tocchi di classe alla Bobby Charlton, potenza di tiro modesta, ma sempre al posto giusto nel momento giusto, come confermano i numeri, un metro di paragone con il quale, volenti o nolenti, gli attaccanti devono sempre confrontarsi. Quelli di Greaves parlano di 366 reti in 528 partite con Chelsea, Milan, Tottenham Hotspurs e West Ham, 44 in 57 con la nazionale inglese (solo Bobby Charlton con 49 e Gary Lineker con 48 hanno saputo fare di meglio), 100 gol segnati prima di compiere i 21 anni di età (per la precisione a 20 anni e 290 giorni, il più giovane giocatore di sempre a raggiungere una simile cifra), 41 quelli realizzati in una sola stagione (con il Chelsea nel ’60-61), 220 messi a segno con la maglia del Tottenham (massimo goleador di sempre degli Spurs), sei titoli di capocannoniere vinti.

James Peter Greaves nasce a Londra il 20 febbraio 1940, pochi mesi dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e trascorre la sua infanzia nel quartiere orientale di Dagenham, dove ben presto entra a far parte della squadra di calcio locale. Si gioca in spelacchiati campetti di periferia ma anche in strada, ed è proprio durante uno di questi incontri che il piccolo Greaves viene avvicinato dal talent-scout del Chelsea Jimmy Thompson, che lo porta nelle giovanili dei Blues. Nella sua autobiografia Greaves ricorda che la sua scalata verso la prima squadra non è stata particolarmente difficoltosa. “Con i miei pari età il primo anno segnai 51 reti, quello successivo 122, e Thompson continuava a fare pressione su Jimmy Drake (l’allenatore che nel 1955 aveva condotto il Chelsea alla conquista del suo primo titolo nazionale, ndr) affinché mi aggregasse alla prima squadra e mi facesse firmare un contratto da professionista”. Drake cede nella stagione ’57-58, e per Graeves inizia subito la grande scalata. Dopo otto partite viene convocato nell’Inghilterra Under-23, con la cui maglia esordisce il 25 settembre 1957 contro la Bulgaria segnando due reti e fallendo un rigore (l’incontro terminerà 6-2 per gli inglesi). I gol arrivano a raffica (la sua prima stagione viene chiusa a quota 22), ma bastano un paio d’anni al nuovo bomber inglese per rendersi conto che la maglia del Chelsea comincia a stargli stretta; negli anni Cinquanta infatti il modulo adottato è ancora il 2-3-5, e l’unico schema tattico conosciuto è quello del segnare una rete in più dell’avversario. Il problema è che i Blues tante ne realizzano quante ne subiscono; nella stagione ’59-60 ad esempio il rapporto gol fatti-gol subiti registra un 76-91, in quella successiva (dove Greaves va a segno la bellezza di 41 volte in 42 incontri) addirittura un 98-100. Il titolo di campioni d’Inghilterra, conquistato solamente pochi anni prima (oltretutto dopo aver raccolto appena 52 punti in 42 partite, quasi un record negativo), appartiene già al passato remoto. Per l’ambizioso Greaves e’ giunto il tempo di cambiare aria.





















Il primo club che bussa alla porta del presidente Joe Mears è il Tottenham Hotspurs, ma il patron del Chelsea non intende assolutamente rinforzare una squadra rivale, tanto più una di Londra. I Blues però hanno bisogno di monetizzare, e la scelta cade sul Milan, che nel maggio del 1961 aveva ottenuto un’opzione sul 21enne Jimmy Greaves. L’affare sembra conveniente per tutte le parti; il Chelsea fa cassa, il Milan si assicura il più fulgido talento emergente del calcio inglese, Greaves e la moglie Irene, ancora sotto shock per la morte del loro bambino, il piccolo Jimmy junior, avvenuta solamente qualche mese prima, possono cambiare aria. “Mi bastarono poche settimane per capire l’errore che avevo fatto. Mi mancava Londra, la sua gente, la sua atmosfera e anche, perché no, i suoi pubs. Volevo tornare a casa e lo dissi alla dirigenza del Milan. Che reagì malissimo. Del resto, loro nel sottoscritto avevano investito un bel po’ di quattrini”
Ma il più grosso problema di Jimmy Greaves in Italia aveva un nome e un cognome: Nereo Rocco. I metodi militareschi e le regole ferree (proibito fumare, un solo bicchiere di vino ai pasti) alle quali il Paròn faceva sottostare la sua truppa non collimano con il carattere di Greaves, sempre pronto allo scherzo e alla bevuta in compagnia. “Gridava tutto il tempo, i giocatori erano spaventati da lui. Una volta, nel corso di un allenamento, mi scoprì al bar del campo di allenamento mentre sorseggiavo una birra e fumavo una sigaretta, e andò su tutte le furie. Un grande allenatore, ma anche un pazzo furioso”
I contrasti Greaves non li ha solo con Rocco ma anche con la dirigenza, che nel dicembre del 1961 decide di liberarsi del turbolento giocatore (che, per inciso, sul campo il suo compito lo aveva sempre fatto, visto che con 9 reti in 12 partite era il capocannoniere dei rossoneri in campionato) e lo cede al Tottenham Hotspurs per 99.999 sterline, il tutto perché il manager degli Spurs Bill Nicholson non voleva che “Greaves sentisse la pressione di essere un giocatore da 100mila sterline”.
Il 16 dicembre arriva subito il suo debutto con la nuova maglia: tripletta contro il Blackpool (gli Spurs vinceranno 5-2) e l’intero White Hart Lane in piedi a fine partita ad acclamare il loro nuovo idolo, che concluderà la stagione con la media di quasi un gol a partita (21 in 22 incontri). Era l’epoca del grande Tottenham di Bill Nicholson, che l’anno prima dell’arrivo di Greaves aveva centrato il double campionato-FA Cup. Ci sono lo scozzese Dave Mackay, polmoni d’acciaio e grinta da vendere, il nordirlandese Danny Blanchflower, capitano della squadra, fonte primaria del gioco degli Spurs, mirabile dispensatore di assist e giocate di classe, quindi l’ariete Bobby Smith, le ali Cliff Jones e Terry Dison, l’interno John White. E poi c’è Jimmy Greaves, che lascia il segno su tutti i successi raccolti in quegli anni dal Tottenham; nel 1962 va in rete nella finale di FA Cup vinta 3-1 contro il Burnley, l’anno successivo è protagonista con una doppietta nella finale di Coppa delle Coppe a Rotterdam contro l’Atletico Madrid, che il Tottenham (prima squadra inglese a raggiungere una finale in una coppa continentale) vince con un netto 5-1, quindi nel 1967 sono sei i gol segnati nel corso della FA Cup che finisce ancora nella bacheca degli Spurs, questa volta dopo aver regolato 2-0 il Chelsea in finale. “Eravamo davvero un bella squadra, compagni ma anche amici. Nicholson è stato il primo manager, al pari di Alf Ramsey, a lavorare molto sull’aspetto tattico della partita, Blanchflower e Mackay erano indispensabili per noi, poi Danny si ritirò nel 1964 e quattro anni dopo Dave venne ceduto al Derby County. La magia era finita”.

Il Graeves del Tottenham è anche il Greaves protagonista nella nazionale inglese; l’esordio (con gol) è datato 17 maggio 1959, Inghilterra-Perù 1-4, poi arriva il Mondiale cileno del ’62, dove l’Inghilterra esce ai quarti con il Brasile (1-3) e in cui lui è protagonista di una buffa rincorsa ad un cane scappato in campo. Una volta acchiappato, lo spaventatissimo animale urinerà sulla maglietta di Jimmy causando l’ilarità generale. Paradossalmente ben più tristi invece i Mondiali casalinghi di quattro anni dopo; paradossalmente perché, a dispetto della vittoria finale degli inglesi, per Graeves sanciranno l’inizio del suo periodo più buio. Infortunatosi infatti nel corso del torneo durante l’incontro con la Francia, Greaves viene sostituito dall’attaccante del West Ham Geoff Hurst e dovrà accontentarsi di guardare il resto del torneo dalla panchina, tanto più che proprio nella finale Wembley Hurst diventerà l’eroe dell’Inghilterra intera grazie alla tripletta realizzata contro la Germania Ovest. 
Il grosso problema di Greaves è l’alcol, e il posto peggiore per risolverlo è proprio un paese con la cultura del bere come l’Inghilterra. “A vent’anni mi facevo solo un paio di birre nel dopopartita, poi con i compagni del Tottenham avevamo costituito un vero e proprio club di bevitori: io, Dave Mackay, Bobby Smith, Cliff Jones, John White, Bill Brown, ma negli anni Sessanta e Settanta quasi tutti i giocatori in Inghilterra bevevano, e finchè non eccedevi i club non ti dicevano niente, anzi ritenevano che cementasse lo spirito di squadra. Non è comunque vero che quando giocavo nel Tottenham fossi già alcolizzato, viaggiavo sempre alla media di 20-25 gol a stagione, i guai grossi iniziarono dopo”
La parabola discendente del Tottenham comincia al termine della stagione ’66-67, quella di Greaves un paio di anni dopo, quando Nicholson prima gli toglie la maglia da titolare e poi lo cede, nel marzo del ’70, al West Ham. “Il peggior club d’Inghilterra per chiunque aveva problema legati al bere”, commenterà Jimmy anni dopo. “C’eano infatti Bobby Moore, re dei bevitori, quindi Frank Lampard e Harry Redknapp, bravi in egual misura con la palla tra i piedi e con un bicchiere in un mano. Io ero una spugna, tanto che l’anno seguente avevo già perso la voglia di giocare, così decisi di appendere le scarpe al chiodo”. Greaves chiude con un bottino di 357 reti, miglior marcatore di sempre nella massima divisione inglese, terzo all-time topscorer (alle spalle di Arthur Rowley, 434 gol, e William “Dixie” Dean, 379) in assoluto del calcio d’Albione se consideriamo anche i campionati inferiori.
Da un punto di vista strettamente calcistico l’anonima esperienza di Greaves con il West Ham (13 reti in 38 partite) è da ricordare soprattutto per un curioso record; tutti gli esordi di Jimmy con una nuova maglia sono stati bagnati da un gol. Lo ha fatto, come si è visto, con il Chelsea (contro il Tottenham il 24 agosto 1957), con l’Inghilterra Under-23 (contro la Bulgaria il 25 settembre 1957, doppietta), con l’Inghilterra (contro il Perù il 17 maggio 1959), con il Milan (contro il Botafogo il 7 giugno 1961), con il Tottenham (contro il Blackpool il 16 dicembre 1961, tripletta) e infine anche con gli Hammers, una doppietta realizzata il 21 marzo 1970 in trasferta contro il Manchester City (5-1 per il West Ham il risultato finale). Dai primi anni Settanta però il suo principale avversario è stato l’alcol, che ha sconfitto definitivamente nel periodo a cavallo tra il 1976 e il 1979 grazie all’associazione degli Alcolisti Anonimi. “Ero diventato un mostro, vivevo solo per bere. All’inizio i soldi non erano un problema, poi anche da quel punto di vista la situazione è cominciata a precipitare, e ciò mi deprimeva, e più ero depresso e più bevevo. Mia moglie se n’era andata, ero diventato aggressivo, provai a ritornare nel mondo del calcio giocando con club dilettanti quali Brentwood e Chelmsford, ma fu tutto inutile. Un servizio pubblicato sulla prima pagina del Sunday People nel quale venivano mostrate le condizioni in cui mi ero ridotto mi fece molto male, ma servì anche a farmi prendere definitivamente coscienza del problema. Ero malato e avevo bisogno di aiuto”.
 
Negli ultimi vent’anni un Jimmy Greaves ripulito si è costruito una brillante carriera come editorialista per il Sun e come commentatore televisivo, ha avuto un’ultima brillante esperienza nella Southern League inglese tra le fila del Barnet (entrò in squadra nell’ambito di un programma di disintossicazione, e chiuse il campionato con 25 reti giocando da centrocampista) ed è anche tornato con la moglie (adesso è pure diventato nonno). Particolarmente di successo fu il programma “Saint and Greavsie” condotto sulla rete televisiva ITV per dieci anni (tra l’82 e il ’92) con lo scozzese Ian St.John, ex attaccante del Liverpool; interviste e approfondimenti, il tutto condito con abbondanti dosi di humor inglese, e il pubblico ha dimostrato di gradire. Jimmy Greaves è vivo, viva Jimmy Greaves.
di Alec Cordolcini, da UKFP (maggio 2006)

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