In un pomeriggio qualsiasi, mentre ero alla guida della mia auto (una Rover colore “Old English white con lo stemma smaltato del Royal Automobile Club sulla griglia anteriore e l’adesivo con i Three Lions della nazionale sul parabrezza…) durante un breve viaggio di lavoro, mi trovai a pensare a tutte quelle cose che mi fanno adorare il football inglese specialmente quello degli anni 60 e 70.
In poco tempo mi passarono per la mente (malata? appassionata? folle? Fate voi…) tutta una serie di ricordi, immagini di vecchie edizioni di Match of the day, fotografie di riviste, libri, annuari, programmi. Insomma, in alcuni minuti avevo raccolto talmente tanto materiale da giustificare la mia passione; erano tantissime le cose che facevano ed in qualche caso ancora fanno diverso, meraviglioso, unico, originale il football d’oltre Manica rispetto a quello di ogni altra latitudine.
Da dove iniziare? Ma si ovviamente dagli stadi, così unici e affascinanti. Architettonicamente meravigliosi con l’esterno che abbonda di mattoni anneriti, con gli angusti turnstiles e l’interno fatto per vedere, vivere, gustare il gioco. Così a ridosso del terreno di gioco, con le coperture spioventi sostenute dagli immancabili piloni, i seggiolini in legno e ferro battuto.
Inseriti incredibilmente tra file di case a schiera Vittoriane anch’esse fatte di mattoni anneriti mica lungo tangenziali o zone periferiche.
Poi i club shops autentico paradiso del collezionista o del tifoso comune, gestiti dal Supporters Club con il fine di aiutare la squadra e non disordinate bancarelle semi abusive sparse nei parcheggi. Essendo ubicati in mezzo alla città sono vicini al classico pub d’angolo che aiuta i tifosi a dissetarsi dopo il fish and chips o il burger volante con il loro “profumo” caratteristico che si mescola alle grida dei venditori di programmi.
Poi i palloni, dagli Slazenger color senape o marrone o arancio come quelli del Mondiale del ’66, sino ai bianchi Minerva o Zephir degli anni ’70 ed agli inossidabili Mitre. Tutti rigorosamente 18 panels, alla faccia che nel resto del mondo tutti, dopo Mexico ’70, iniziarono ad usare quelli bianchi con pentagoni neri.
Unico anche il Bobby in servizio che camminava lungo la linea di fondo magari scambiando qualche battuta con i tifosi a ridosso del campo ed i volontari della St. John’s Ambulance stoicamente seduti in un angolo anche sotto il diluvio con le loro divise nere e lo zainetto bianco del pronto soccorso a tracolla.
Lungo il muretto che divideva le gradinate dal terreno di gioco il meraviglioso totalisator, unico al mondo, con i risultati parziali delle partite della giornata: A 0 – 1, B 1 – 1, C 2 – 1 e così via.
Sullo stesso muretto penzolavano le sciarpe rigorosamente a barre dei tifosi più giovani, i bambini, che stavano sempre in prima fila per vedere meglio i loro eroi. Subito dietro i genitori o i nonni e poi quelli di mezza età ed infine più in alto i giovanotti che erano usi cantare ed incitare a gran voce. Oltre alle sciarpe che dire delle coccarde (che originalità, che varietà di modelli e colori,) o più avanti, delle coppole a spicchi e dell’immancabile rotolo di carta igienica che pioveva in area al momento del goal.
Poi le bandierine dei corners con i colori della squadra di casa e le maglie. Si le maglie, quelle inglesi sono sempre state eleganti, ricche di particolari con stemmi ricamati che evocavano storia e tradizione, mentre nel resto del pianeta sembravano magliette della salute.
Quelle dei portieri sempre verdi, tranne quella della Nazionale che era sempre gialla. Poi sempre i portieri, che indossavano calzoncini e calzettoni identici a quelli dei loro compagni di squadra, anche quando erano bianchi, dando un ulteriore tocco di stile.
Poi la F.A.Cup, la più antica manifestazione calcistica sulla faccia della terra. La magia dei primissimi turni dove scendeva in campo anche la squadra ultra dilettante, bastava iscriversi alla manifestazione, la coppa era per tutti, nessuno escluso. Il fascino dei Giantkillers con i suoi risultati a sorpresa ed infine la finale nel fantastico tempio di Wembley.
Le maglie personalizzate per la finale con ricamata la dicitura “Wembley 19..” o “F.A. Cup Final 19..” e le sensazionali tracktops, ovvero le giacche della tuta fatte apposta per l’eventoche i 22 protagonisti indossavano per l’ingresso in campo…. bellissime, stilosissime.
E tutto intorno 100.000 altri protagonisti, ovvero i tifosi, ondeggianti che aggiungevano a sciarpe e coccarde stendardi sorretti da due aste con su scritte frasi ironiche rivolte agli avversari o di speranza per la vittoria; e qualcuno 30 anni dopo le scopre e le introduce come novità un bel po’ più a sud.
In estrema sintesi sono queste le cose che più mi hanno rapito del vero football; ve ne sarebbero altre ma anche per non rubare troppo spazio agli altri scritti, ritengo sufficiente fermarmi qui e magari continuare nel prossimo numero.
di Gianluca Ottone, da UKFP (dicembre 2004)
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