Un diario? Vi starete chiedendo... Si, scrivo un diario, per raccontare la mia passione per il Subbuteo, le mie ore sul panno, la mia collezione ed il mio amore profondo per il Football Inglese, soprattutto quello degli anni ’50, ’60 e ’70, anche se il fatto che mi batta il cuore per un Club attualmente in Championship mi costringe a seguire anche quello contemporaneo. Una passione, quella per il Subbuteo, di vecchia data, una vecchia passione insomma, che prende vita nel Natale del 1977, allorchè una bella Continental Club Edition assume le connotazioni del mio regalo sotto l'albero, gettando così le fondamenta per un legame che dura, pensate, da più di 40 anni, intatto nonostante un intervallo riconducibile al normale iter di crescita di un ragazzo come tanti, attratto da ben altri interessi (come tutti). Un intervallo interrotto nel Gennaio del 2019 quando, grazie ad Internet, ho ritrovato questo vecchio amico, il Subbuteo appunto, un amico al quale avevo voluto tanto bene parecchi anni prima e al quale sentii subito di volere ancora molto bene. Impossibile descrivere gli stati d'animo del momento, ma c’è una parola che probabilmente li raccoglie tutti: casa.
Si, ero a casa, ero tornato, e da quel ritorno è scaturito un turbinio di trepidazione ed eccitazione che si è trasformato, col passare dei mesi e con il riappropriarsi graduale dei materiali per il gioco e per la collezione, in una vera e propria slavina di emozioni e di sensazioni impossibile da contenere e da arginare. Ed è così che è nato Diario di una vecchia passione, dall’ impossibilità di trattenere quelle emozioni e quelle sensazioni, sfogandole dunque in qualcosa che desideravo fosse percepibile anche all’esterno, fosse fruibile e capibile anche ad altri appassionati.
Quel qualcosa si è realizzato e concretizzato in un diario, o meglio, in un Blog Personale [https://www.facebook.com/diariosubbuteo], nato senza tante velleità e senza tante aspettative eppure oggi divenuto punto di riferimento non solo per me stesso ma anche per altre centinaia di persone. Le ore sul panno in Solo Playing hanno fatto il resto: una costante ricerca di espedienti per rendere il gioco il più realistico possibile mi ha indotto a pensare e progettare tutta una serie di regole ed accorgimenti frutto di una continua sperimentazione sul campo: quelle regole e quegli accorgimenti sono diventati poi una vera e propria raccolta di Tutorials (presenti in appendice al mio primo libro) per spiegare e sdoganare il Solo Playing, questa particolare forma di Subbuteo a molti incomprensibile tuttavia innegabilmente dotata di sue ragioni di esistere. . Non è un mistero infatti come nell'intimità del Solo Playing si realizzi quella congiunzione unica in cui il bimbo di tanti anni fa stringe amicizia con l’adulto di oggi, mentre improvvisamente i ricordi riaffiorano e il viaggio spazio/temporale ha inizio, ed anche se suona un po' strano trovarsi a parlare di esperienza sensoriale e introspezione personale tirando in ballo un gioco da tavolo (tra l’altro indubbiamente anacronistico e fuori tempo), non possiamo non tener conto di come quella bolla di quiete e di serenità che il Subbuteo ci dona, ha sì caratterizzato i pomeriggi della nostra infanzia, ma ne abbiamo infinitamente bisogno oggi più che mai, oggi che la nostra condizione di quarantenni, cinquantenni o sessantenni ci obbliga a fronteggiare le normali battaglie quotidiane, perché in realtà è proprio per restare a galla in quelle battaglie che ci affidiamo e ci appelliamo alle nostre miniature sul campo, quasi loro potessero ascoltare e capire, in una sorta di mutuo scambio che nell'intimità del Solo Playing trova la sua dimensione ideale: noi le restituiamo al campo, loro ci prendono per mano in quel viaggio spazio-temporale. Ma cos’è questo viaggio spazio-temporale ?
Un viaggio indietro nel tempo, sul campo e dentro se stessi, provando a riprodurre il football che più ci affascina e coinvolge, quello verso cui il cuore inesorabilmente ci guida nelle nostre letture e nelle nostre ricerche, e in tal senso, riportando la riflessione su un piano più personale, la mia marcata inclinazione al passato ha inevitabilmente finito per condizionare anche il mio approccio al Solo Playing, inducendomi a ricreare col Subbuteo il Football Inglese degli anni ‘50, ‘60 e ‘70, un approccio figlio di un importante processo di documentazione storico-cronologica ma anche dello slancio a vivere appieno le dinamiche emotive e le implicazioni più intime che il giocare da soli si porta dietro. In questo percorso, in cui studio e approfondimento delle vicende calcistiche d’oltremanica si sono affiancati ad un incessante e capillare sistema di scavi archeologici in materia di Subbuteo, ho fatto dell’esperienza sensoriale l’elemento portante attorno al quale costruire il mio ecosistema tecnico-ludico e storico-cronologico, e vi faccio subito un esempio.
Una delle sezioni più significative della mia collezione è quella dei Price Lists e dei Leaflets che la Subbuteo pubblicò ed inserì nella propria produzione dal 1947 a tutto il decennio ’50, vere e proprie testimonianze non solo di una campagna promozionale destinata a pubblicizzare quella che poi avrebbe assurto al titolo di più grande invenzione ludica di tutti i tempi, ma anche di un momento storico, economico e sociale profondamente diverso dal nostro, una fase in cui i mezzi a disposizione erano quelli che erano, le tecniche di fabbricazione anche, insomma un mondo profondamente lontano dal nostro.
Eppure, quel materiale cartaceo su cui talvolta i segni del tempo hanno lasciato qualche cicatrice, è di per se stesso un esercizio sensoriale laddove il profumo della carta sia profumo inebriante di un tempo lontano e di un mondo che non c'è più, ed è questo il vero segreto per farsi trovare pronti a quel viaggio spazio-temporale e a quel trasporto emotivo-sensoriale che ho citato poco sopra: ascoltare ed annusare, ad occhi chiusi, sperimentando la stessa ebrezza che prova un intenditore nel riconoscere un vino pregiato.
E se ascoltando ed annusando verranno in mente un campo fangoso circondato da tribune in legno, un cielo grigio e carico di pioggia, un pallone di cuoio marrone e quartieri di case in mattoncini rossi tutt'attorno, allora saremo stati fortunati perché quell’esperienza sensoriale avrà racchiuso in sé la vera essenza del football, quello più schietto e genuino, fatto di maglie prive di scritte e di sponsor, di palloni di cuoio marrone in tinta unita che nulla hanno a che fare con i "palloni tazebao" che vediamo rotolare oggi sui campi di tutto il mondo, e di calciatori che erano uomini prima ancora che atleti e che uscivano dal campo spolverandosi dal fango, non autocompiacendosi per l'ennesima sceneggiata bizzosa con rotolamento a terra chilometrico. Immagini di un calcio di altri tempi, quello che sogno e ricreo sul mio Diary Park.
di Fabio Del Secco, https://www.facebook.com/diariosubbuteo
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