16 dicembre 2024

BRIAN CLOUGH, il migliore a non aver mai allenato l'Inghilterra


























Sono stati 44 giorni d'inferno, quelli di Brian Clough alla guida del Leeds United. 
Era il lontano 1974, ma sembra solo l'altro ieri, grazie all'acclamato libro Damned United di David Peace - astro nascente delle letteratura britannica -, da cui hanno tratto anche un film di buon successo al botteghino a Londra e dintorni.
Clough, ahimè, non c'è più dal 2004, mentre il Leeds langue nella seconda serie del calcio inglese. 50 anni fa, però, il buon Brian era uno dei tecnici più ambiziosi e di successo del Regno mentre il team dello Yorkshire si era appena laureato campione d'Inghilterra per la seconda volta in cinque anni. Il problema era che oltre alle doti tecniche - che senza dubbio giocatori del calibro di Billy Bremner e Norman Hunter avevano in abbondante quantità - i Whites usavano fin troppo spesso scorrettezze e mezzucci più da squadra sudamericana che inglese. Colpa della gestione del manager precedente, quel Don Revie passato nel luglio del 1974 alla panchina della nazionale dei Tre Leoni? Abbastanza probabile.

O almeno così la pensava Clough che, reduce da un brillante periodo al Derby County, raccolse la sfida di sostituire il da lui mai troppo amato Revie provando subito a mettere in chiaro le proprie idee riguardo al suo predecessore. Peace ci narra di un primo faccia a faccia con i giocatori a dir poco esplosivo, in cui il tecnico accusava sostanzialmente i suoi nuovi dipendenti di aver vinto il campionato in maniera sporca. "Potete buttare le vostre medaglie nel secchio della spazzatura, perché le avete ottenute imbrogliando" è la frase che gli viene attribuita dagli storici del football. Lo spogliatoio, ovviamente, andò subito sul piede di guerra. Il conflitto, durissimo e senza quartiere crebbe in modo esponenziale, alimentato dai cattivi risultati del Leeds sul campo da gioco.
Clough passò una sfilza di notti insonni a ingurgitare alcool - viziaccio che si portava dietro dai tempi di quando giocava centravanti di sfondamento a Sunderland - e fumare una sigaretta dopo l'altra. "Non c'era nulla di preordinato, non mettemmo in atto nessun piano per cacciare l'allenatore. Certo, non ci sentivamo a nostro agio, mentre con Revie eravamo tutelati e per questo davamo il 100 per cento": così ha dichiarato di recente al Guardian Peter Lorimer, fantasioso centrocampista scozzese e tra le punte di diamante di quella squadra bella e dannata. Sia come sia, il regno di Clough all'Elland Road terminò bruscamente dopo soli 44 giorni, con la compagine dello Yorkshire in piena zona retrocessione e i tifosi infuriati. Roba da mandare in fumo una carriera.

E invece Cloughie, come lo chiamavano gli amici, decise di rincominciare tutto dal Nottingham Forest, ovvero i rivali storici del Derby. Forse dopo l'esperienza al Leeds il passaggio al "nemico" delle East Midlands dovette sembrargli una cosa da niente. Come è andata a finire nella città di Robin Hood lo sanno forse tutti gli appassionati di calcio dai trentacinque anni in su: il Forest vinse un campionato da neopromossa e due Coppe dei Campioni consecutive. Possiamo solo immaginare il piacere che deve aver provato il nostro Brian ad alzare quel trofeo che nel 1974-75 i "dannati" avevano solo sfiorato, perdendo in modo molto controverso la finale con il Bayern Monaco di Gerd Muller e Franz Beckenbauer.

Spirito libero, dotato di una innata vis polemica e di una sportività da vero britannico, Clough divenne nell'arco di pochi anni una vera icona non solo per i fan del Nottingham, che lo idolatravano, ma anche per tutto il movimento del football inglese. Dopo 18 anni al timone della squadra, nel 1993 si ritirò, anche a causa del suo fisico ormai compromesso dall'abuso di alcool, oltre che dalla delusione patita per la retrocessione del suo amato club. Il testimone è poi passato al figliolo Nigel, prima attaccante di buone qualità al Forest e al Liverpool e, appesi gli scarpini al chiodo, tecnico del Derby County. Club che però di recente gli ha dato il benservito.
Chissà, forse tra qualche anno lo vedremo sulla panchina del Nottingham, dove proverà a ripetere le imprese del padre. Un compito veramente improbo.
di Luca Manes

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