In realtà l’approvazione dei 13 principi comuni, lungi dall’essere un punto d’arrivo, rappresenta solo il primo passo di un percorso ancora irto di ostacoli. Le prime ‘grane’ le piantano le Public Schools, a lungo i principali focolai di diffusione del nuovo gioco, ma quasi completamente escluse dal procedimento di formazione della FA e dalla codificazione delle prime regole comuni.
Poi ci sono le ‘federazioni’ locali, ognuna della quali recepisce e modifica il codice della FA secondo le proprie inclinazioni. Fra le più dinamiche del periodo è la Sheffield Association, la quale adotta per esempio una diversa regola del fuorigioco. La vera minaccia all’affermazione del calcio è, tuttavia, l’attitudine di fondo di molti dei membri della neonata FA. Riunitisi con l’obiettivo precipuo di determinare un codice di regole comuni che consentisse di organizzare incontri senza doverne prima ‘contrattare’ le condizioni, i gentiluomini della Freemason’s Tavern (nella disegno sopra) sono adesso pronti a riprendere ognuno la propria strada. Solo la lungimiranza e la determinazione di ‘monumenti’ come C.W. Alcock (sotto) tengono accesa la fiamma nei primi, difficili anni della FA.
Si arriva così, nel 1864, al primo match ufficialmente disputato con le nuove regole. Si gioca il 9 gennaio a Battersea Park, fra due selezioni facenti capo, rispettivamente, al segretario ed al presidente della FA.
L’esperimento ha successo, ma non basta ad imporre in tutta la nazione il codice approvato qualche mese prima. Esso attecchisce bene a Londra, dove il più importante dei club in attività, il Forest FC, l’adotta senza riserve. Ma è regolarmente disatteso altrove, soprattutto a Sheffield, dove peraltro il calcio si sta imponendo rapidamente grazie all’azione dello Sheffield, il club più antico del mondo, ufficialmente fondato nel 1857 ma già attivo dal 1855.
All’inizio del 1865 il cosiddetto ‘Association Football’ (per distinguerlo, ad esempio, dallo ‘Sheffield Football’) è comunque giocato da un buon numero di club, fra i quali il Barnes, i Wanderers, il già menzionato Forest, il Civil Service, il No Names Kilburn, il Crystal Palace, il Forest School, che tutti troveremo più avanti fra i protagonisti delle prime competizioni ufficiali organizzate dalla FA. A parziale ‘discolpa’ dei ribelli va tuttavia ricordato che le 13 regole approvate dalla FA tacevano su aspetti fondamentali del gioco, quali il numero dei calciatori per squadra e la durata delle partite, lasciando ai rispettivi capitani l’incombenza di accordarsi prima del match.
Ne vengono così fuori episodi come il 9 contro 14 di Barnes-Crystal Palace, o il 9 contro 9 di NN Kilburn-Wanderers, match durato solo un’ora. Stravaganze e disomogeneità di cui nessuno si preoccupa troppo; in fondo il calcio è ancora un gioco, e soprattutto si va in campo su base assolutamente amichevole, senza altra posta in palio che la supremazia sugli avversari di turno. Al gennaio 1865 risale un’altra ‘prima volta’ nella storia del calcio inglese.
A Nottingham si affrontano Notts County, il club professionistico (lo sarebbe diventato dopo qualche anno) più antico del mondo (la fondazione ufficiale risale al 7 dicembre 1864) e lo Sheffield, di cui si è detto sopra. E’ il primo match ufficiale disputato da un club ancora oggi membro della Football League), e il Nottingham Review del 6 gennaio lo racconta come ‘un match che ha attratto un buon numero di spettatori. Di fronte il Notts County, formato 6 da pochi giorni, e lo Sheffield, club di lunga militanza’.
Pochi mesi dopo quest’incontro nasce il secondo club di Nottingham, il Forest, che nella stagione 1865-66 darà vita ad una serie di derby con il County, organizzati su andata e ritorno. Nella stessa stagione la FA organizza un incontro fra una rappresentativa londinese ed una di Sheffield, il primo dei match ‘inter-county’ destinati a prendere piede negli anni successivi. Il primo non è tuttavia un grande successo, a causa delle solite divergenze sulle regole del gioco, che impediranno ulteriori incontri Londra-Sheffield fino al 1871. Nel frattempo il calcio approda ufficialmente anche in Scozia, dove nel luglio del 1867 nasce il leggendario Queen’s Park, primo club scozzese e protagonista assoluto degli anni ’70 e ’80.
Negli ultimi anni del decennio il calcio da un lato subisce la concorrenza del rugby, e dall’altro comincia a muoversi verso l’inevitabile approdo della ‘competitività’. Dal primo punto di vista, una serrata campagna di stampa favorevole al gioco ‘di mano’ codificato dalla Rugby School favorisce l’esodo di club e atleti dal gioco ‘di piedi’ della FA. A poco serve la considerazione che il rugby è di qualche anno indietro rispetto al calcio, non avendo ancora uno ‘statuto’ condiviso né un’organizzazione; in questi anni è più ‘di moda’ e tanto basta per attrarre giocatori e spettatori.
Le cronache dell’epoca raccontano che ogni sabato, giorno tradizionalmente dedicato all’attività sportiva, a Londra si giocano match di rugby in numero da tre a quattro volte superiore rispetto a quelli di calcio. Forse anche per questo il calcio avverte l’esigenza di fare un passo avanti, tanto nel modo di giocare che nello scopo stesso del gioco. Non è insomma più sufficiente giocare solo per il gusto di giocare, si fa strada l’esigenza di giocare per un motivo, e dunque per vincere. Si inizia con la messa a punto dei primi rudimenti tattici del gioco, e la prima codificazione di posizioni e ruoli in campo.
All’avanguardia in questo campo è la scuola di Eton, probabilmente la prima ad elaborare una disposizione razionale della squadra sul terreno di gioco, con tanto di definizione dei diversi ruoli. I primi ‘moduli’ di cui si abbia notizia prevedono un difensore centrale, un mediano e ben otto giocatori d’attacco, disposti ‘ad arco’ sul fronte offensivo. All’unico difensore è chiesto di lanciare il pallone nella metà campo avversaria appena ne viene in possesso, senza indulgere in un pericoloso possesso. Al mediano è lasciata più libertà di azione e la possibilità di optare fra i calcio lungo e l’azione palla al piede. L’azione degli attaccanti è invece una sorta di ‘mischia’ di ispirazione rugbistica, con tutto il reparto a proteggere il portatore di palla.
Con l’affinamento del modo di stare in campo e il lento ma costante aumento degli incontri disputati, comincia a definirsi anche una sorta di gerarchia informale fra i diversi club. L’ultima stagione del decennio è così dominata dai Wanderers e dai Royal Engineers, da poco affacciatisi sulla scena. Il loro quartiere generale è a Chatham, dove è anche il campo da gioco. E’ tuttavia una zona molto ventilata, e il gioco ne risente non poco, costringendo la squadra ‘di casa’ addirittura a dotarsi di palloni di riserva per non interrompere troppo spesso il gioco. In questa stagione i Sappers – così sono soprannominati gli Engineers – disputano diciassette partite perdendone solo una, ‘in trasferta’ sul campo della Charterhouse School. E anche questa va correttamente inquadrata nella prospettiva dell’epoca. In perfetta armonia con lo spirito cavalleresco degli albori, infatti, i Sappers scendono in campo con un atteggiamento diverso a seconda dell’avversario di turno. Contro squadre alla loro altezza mettono in campo quel gioco duro e ruvido che è il loro marchio di fabbrica; famose sono in quegli anni le ‘combined rush’ della linea offensiva degli Engineers, una specie di carica di cavalleria difficile di arrestare per qualunque difesa. Contro avversari più deboli (e le Scuole all’epoca lo sono), invece, i Sappers si astengono dai ‘pezzi’ più duri del loro repertorio, esponendosi quindi al gioco ‘gentile’ degli avversari.
Anche questi eccessi di ‘cavalleria’, è chiaro, sono figli della connotazione assolutamente amichevole del calcio delle origini, in cui il risultato è solo un accessorio di una giornata di sport. I tempi sono però maturi per il definitivo salto di qualità, il passaggio alla competitività degli incontri; un salto che passerà per il primo incontro fra Inghilterra e Scozia (1871), ma soprattutto per il varo della FA Cup, al via nell’autunno del 1872.
di Giacomo Mallano, da "UK Football please"
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