16 ottobre 2025

"HARD SIXTIES. Storie tese dalla periferia scozzese" di Giacomo Mallano

A metà degli anni ’60 il calcio scozzese piombò in una crisi economica e di interesse che sarebbe sfociata (dopo anni di dibattiti) nella ridefinizione della piramide professionistica. 
Una crisi solo mascherata dagli exploit continentali di Celtic (1967) e Rangers (1968): dietro l’Old Firm si stava aprendo infatti un divario destinato a durare ancora oggi, un duopolio cui il pubblico scozzese non era preparato, e a cui reagì voltando le spalle allo spettacolo calcistico. A dicembre del 1964 le presenze totali facevano registrare un calo di 298.000 spettatori rispetto ad un anno prima, a fine stagione il calo arrivò a 435.000 unità. Troppe per non convincere la Football League a intervenire.

La proposta per rilanciare l’interesse popolare fu la creazione di una Terza Divisione, con riallocazione dei 37 club professionistici (all’epoca divisi in sole due Divisioni) secondo uno schema 14-12-12, con ammissione di un nuovo membro per arrivare al totale di 38. La (condivisibile) considerazione da cui partiva la SFL era che il movimento scozzese non fosse in grado di proporre diciotto formazioni competitive (in First Division). 
Questo faceva si che il campionato perdesse rapidamente interesse, ‘ucciso’ da un divario sempre più ampio fra le poche grandi e le altre, con troppe partite inutili (le promozioni e retrocessioni erano su base elettiva) e dunque poco attraenti per il pubblico. Creare tre divisioni più piccole e più omogenee poteva essere uno stimolo alla competizione. 
Da parte loro i club si arroccarono in una difesa abbastanza miope dei diciassette incassi casalinghi stagionali: una divisione di 14 club sarebbe ‘costata’ quattro partite casalinghe in meno, e in un’epoca in cui gli incassi al botteghino erano l’unica fonte di sostentamento si trattava di una prospettiva malvista. Era questa una remora cui la SFL aveva pensato nel redigere la propria idea, proponendo il varo di una nuova Coppa nazionale con cui ‘riempire’ il calendario in primavera…ma non ci fu niente da fare, l’incontro convocato a Glasgow il 22 marzo del 1965 andò quasi deserto e questo primo tentativo di riforma si arenò ancor prima di partire.
Nelle more di questo delicato momento di trasformazione dell’intero calcio scozzese, alcuni club attraversarono vicende singolari e tumultuose, poco note perché non erano ‘grandi’, ma non per questo meno suggestive e affascinanti.
Nella proposta della SFL, ad esempio, in Second Division avrebbe militato l’E.S. Clydebank, dove E.S. stava per East Stirlingshire. Accoppiamento curioso, visto che Clydebank è sulla costa ovest e l’East Stirlinghsire dalla parte opposta. Tutto era iniziato nel 1957, quando i fratelli Steedman avevano acquisito il controllo dell’East Stirlinghsire per 1.000 sterline. 
Il secondo club di Falkirk militava all’epoca in Second Division, ma l’entusiasmo e l’impegno dei nuovi proprietari lo portò nel giro di cinque stagioni in First Division, per la prima volta in trent’anni. Il 1963/64 fu una stagione memorabile, con affluenze di oltre 7.000 persone, ma la sfida a Celtic & co. si rivelò improba, e con soli 12 punti in 34 partite l’East Stirlinghshire tornò in Second Division. Una delusione che convinse i fratelli Steedman a cercare strade alternative al successo, e a trovarle (secondo loro) nel trasferimento del club (e del suo titolo sportivo) a Clydebank, per fonderlo con la locale squadra semi-pro (e chiamare la ‘creatura’ E.S. Clydebank). La decisione, assunta in una riunione ‘informale’ (eufemismo) del Board, incontrò da subito una imprevista resistenza della comunità locale. In un ambiente in cui il calcio aveva suscitato entusiasmi solo intermittenti e mai a livello di epidemia, le manifestazioni popolari di protesta sorpresero forse gli stessi promotori dello Shareholders Protection Association, l’organismo varato per tutelare gli interessi dei piccoli azionisti. 
In una prima fase non ci fu però niente da fare, la ‘piazza’ perse la battaglia e nell’agosto del 1964 l’E.S. Stirlingshire fece il suo esordio ufficiale in campionato. Storia finita? Nemmeno per sogno, gli ‘ultras’ del vecchio club affidarono il caso a Robert Turpie, un avvocato di Glasgow che aveva già assistito piccoli club negli anni precedenti, maturando un’esperienza specifica nel settore. Imprevedibilmente l’intervento del ‘principe del foro’ ribaltò la situazione: appellandosi ad un cavillo nel trasferimento di azioni ai fratelli Steedman, Turpie ottenne dal Giudice l’annullamento di tutte le decisioni successive, incluso il trasferimento a Clydebank. Fu così che nell’agosto del 1965 oltre 3.000 spettatori si accalcarono nel piccolo Firs Park per applaudire il ri-esordio dell’East Stirlingshire, e ai fratelli Steedman non restò che ripartire da un nuovo club, il Clydebank, che esordì in Second Division nel 1966/67.

Per una storia dal finale lieto e romantico, negli stessi anni se ne consumò una (calcisticamente) tragica, quella del Third Lanark. Membro fondatore della SFL, il club di Glasgow non aveva mai avuto timore di sfidare gli scomodi e ingombranti ‘vicini’ di Celtic e Rangers.

A cavallo degli anni ’60 aveva anzi vissuto una stagione felice, con il 3° posto nella First Division 1960/61 e la finale di Coppa di Lega nel 1959. La linea offensiva formata da Hilley, Goodfellow, Harley, Gray e McInnes (nel classico 2-3-5 dell’epoca) rivaleggiava quelle leggendarie rei Rangers o del Dundee (con i vari Gilzean, Cousin, Smith, Penman, Robertson).
La sventura del club non fu quindi di origini sportive, ma fu invece frutto dell’avidità speculativa del suo Chairman, William Hiddleston, il quale a un certo punto si convinse che l’area del Cathkin Park era troppo appetibile a livello commerciale per lasciarla al calcio. Dopo aver rastrellato fra il pubblico un numero sufficiente di azioni, avviò una subdola strategia di impoverimento del club: venduti i giocatori migliori a prezzi ridicoli, non pagati o pagati tardi gli altri, abbandonate a sé stesso le strutture dello stadio, ‘trascurate’ le regole basilari di buona e trasparente amministrazione, il Third Lanark finì in breve nell’occhio del ciclone. Il Board of Trade aprì un’inchiesta ufficiale e riscontrò un numero infinito di irregolarità e frodi, perpetrate da Hiddleston e dal suo staff.
Ineffabile, il boss dello storico club di Glasgow andò avanti per la sua strada, cedendo ad un’impresa di costruzioni l’intera area su cui sorgeva il Cathkin Park (incluso lo stadio). Nonostante gli sforzi delle autorità locali e le proteste dei tifosi, il Third Lanark non si iscrisse al campionato 1967/68, privando la First Division di una delle storiche protagoniste del calcio scozzese. Mentre tutto sembrava perduto due colpi di scena degni di Ken Follett riaprirono i giochi: il Comune negò il permesso di costruire sull’area del Cathkin Park, vanificando di fatto la speculazione edilizia di Hiddleston, ma soprattutto lo stesso Chairman morì improvvisamente, salvandosi di fatto dai numerosi procedimenti penali già avviati a suo carico, e lasciando tutti con il fiato sospeso. Sebbene estirpata la causa del male, però, la malattia era andata troppo avanti, e ogni sforzo di salvare in extremis il club fu vano. Glasgow perse una squadra storica e importante, e di fatto iniziò in quel momento il processo di polarizzazione del calcio cittadino (e di tutta la Scozia) intorno ai due giganti Celtic e Rangers. Partick Thistle, Queen’s Park (il primo club scozzese), Clyde, faranno sempre più fatica a tenere il passo delle rivali cittadine, e perfino a restare nelle divisioni d’elite della SFL. 

Mentre l’Old Firm diventava sempre più forte, insomma, le altre si indebolivano a vista d’occhio. Gli ‘anni europei’ di Celtic e Rangers non furono quindi frutto di una crescita complessiva del movimento scozzese, quanto della concentrazione delle risorse (poche) tecniche ed economiche dove c’era qualche possibilità di vincere, lasciando agli altri solo la nostalgia del ‘grande Dundee’, dei ‘grandi Hibs’, del ‘grande Kilmarnock’…
di Giacomo Mallano, da "UK Football Please"

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