20 ottobre 2025

STADIA. "EVERTON. IL MERSEY E UNA NUOVA CASA" di Luca Manes

L’ultima volta che l’Everton traslocò in un nuovo stadio la regina Vittoria sedeva sul trono e Liverpool era il crocevia del commercio mondiale. Si era, infatti, nel lontano 1892 e la prima squadra per anzianità della città sul fiume Mersey fece il breve tragitto, meno di un miglio, che da un estremo all’altro dello Stanley Park separava la vecchia casa, Anfield, per il più grande e allora moderno Goodison Park. Proprio Anfield andò ai cugini del Liverpool, che lì hanno poi vissuto una caterva di giornate gloriose.

Ora l’Everton si è spostato in quello che una volta era il cuore pulsante della città, l’area dei Docks. Un’area che poi divenne simbolo di decadenza e degrado, soprattutto nei lunghi anni di macelleria sociale del governo guidato da Margaret Thatcher. Dove sorge l’Hill Dickinson – nome «imposto» dallo sponsor di turno – prima c’era il bacino artificiale del Bramley-Moore Dock. Un video di due minuti racconta come l’invaso sia stato prosciugato, ricoperto di terra e poi sopra sia stata costruita la nuova arena, costata oltre 800 milioni di euro e inaugurata lo scorso 24 agosto con il match di Premier tra i Toffees e il Brighton, 133 anni esatti dopo l’esordio al Goodison Park. Noi l’abbiamo visitata tre giorni dopo, in occasione dell’incontro di secondo turno di Coppa di Lega – la sorella povera della Coppa d’Inghilterra – contro il team di terza serie del Mansfield Town. Anche in quell’occasione i 52mila posti di capienza erano andati tutti esauriti.

Dal Royal Liver Building, il palazzone con alla sua sommità le statue del mitologico liver, uccello metà cormorano e metà aquila, ci vogliono quasi 40 minuti di cammino fino all’Hill Dickinson. Sul lungo fiume, dalla parte già ampiamente riqualificata dei Docks, piena di musei e locali e con la celeberrima statua dei Fab Four, bastano pochi metri per essere poi scaraventati nel passato. Magazzini abbandonati, pub defunti e deliri brutalisti, come i tubi di ventilazione del tunnel che passa sotto il fiume Mersey, compongono il panorama. Già si intravedono, però, i germogli dell’incipiente gentrificazione: i cartelli dei lavori in corso sono onnipresenti, l’immensa Tobacco House sta già riprendendo vita, mentre il Bromley Moore pub, dopo anni di magra, è invaso dai tifosi.

Già, i tifosi. Per loro l’Hill Dickinson Stadium è una sorta di epifania, un nuovo inizio per la nobile decaduta del calcio inglese quale è l’Everton, a digiuno di vittorie da troppi anni e pericolosamente vicina alla zona retrocessione in varie occasioni. Il tutto mentre gli «altri», i cugini del Liverpool, continuano a veleggiare nell’élite del calcio mondiale.
Come a voler confermare questo stato mentale, durante l’anabasi verso la nuova arena scorgiamo vari cappellini che fanno il verso al MAGA trumpiano, con Everton al posto di America. Il riferimento alla proprietà a stelle e strisce, quel Friedkin Group che da noi è al comando della AS Roma, non appare per nulla casuale.

L’unica perplessità che abbiamo colto nel flusso di supporter è il doversi accollare la lunga camminata durante i mesi più freddi dell’anno, quando il vento che arriva dalla Mersey è implacabile e ti taglia la faccia. In macchina bisogna parcheggiare almeno a 20 minuti dallo stadio, i collegamenti con i mezzi pubblici sono al momento un problema, quindi serviranno tante sciarpe e giacconi pesanti.

Ma questo barlume di negatività sparisce alla vista dello stadio, contornato dai muri e dalle torrette del vecchio dock e con una struttura esterna dove i mattoncini rossi di vittoriana memoria si amalgamano bene con materiali più moderni. Per intenderci, non c’è l’effetto astronave come per tante arene moderne, per esempio quelle di Tottenham e Arsenal a Londra. Poi all’interno l’architetto statunitense Dan Meis è riuscito a sfruttare il massimo della pendenza consentita per permettere ai tifosi di sentirsi vicino al campo.

Parlando con alcuni tifosi dei Blues, però, traspare un po’ di nostalgia per il vecchio e glorioso Goodison Park. Le lacrime versate in occasione dell’ultima partita nell’impianto che ha ospitato anche i mondiali del 1966 sono state tante, ci sono centinaia di video a testimoniarlo. Ma per una volta la storia del traumatico addio alla casa di mille emozioni calcistiche ha preso una direzione diversa: Goodison Park non sarà abbattuto per favorire speculazioni edilizie, come accaduto per tanti stadi storici, come il Boleyn Ground del West Ham o il Maine Road del Manchester City. Goodison Park continuerà a ospitare partite di calcio, quelle della prima squadra femminile dell’Everton. Un’ottima notizia per gli amanti della tradizione e del calcio del bel tempo andato.
di Luca Manes, da https://ilmanifesto.it

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