Da tempo immemore avevo promesso a Max un pezzo sulle automobili dei footballers degli anni 60, il mio spirito “sociologico” mi ha sempre spinto ad esplorare gli aspetti extra sportivi dei protagonisti del calcio della golden era.
Ho sempre trovato affascinanti le immagini che si trovavano sulle riviste come Shoot o Football Monthly o sui tantissimi annuari che uscivano astutamente nel periodo natalizio che ritraevano i footballers nelle loro case oppure nei pub con i compagni di squadra o immortalati mentre si dedicavano ai loro hobby.
Da cultore di tutto ciò che riguarda gli anni 60 ho sempre apprezzato i documenti che vedevano ritratti i protagonisti del sabato pomeriggio in abiti borghesi mentre esibivano abiti sartoriali o completi più sportivi per il week-end, tutto deliziosamente eleganti, stilosi, con i dettagli tipici di quel periodo. Sovente accadeva che i footballers erano immortalati a bordo o al fianco delle loro auto, mixando così abbigliamento e motori e che motori… Anche per ciò che riguarda le quattro ruote i sixties furono, a mio giudizio, gli anni più belli, ricchi di stile, dettagli, finiture mai più visti dopo.
Ora, dopo anni di desideri mai realizzati per mille motivi, sono tornato ad avere una classica e questo mi ha spinto a saldare il mio debito con Max, ovvero mettere su carta qualche aneddoto relativo appunto al binomio footballers+cars.
Giusto per dovere di informazione, il mezzo che mi sono concesso (che mi porterà nei prossimi anni ad una dieta a base di pane e cipolle oltre a farmi rammendare gli abiti anziché acquistarne di nuovi…) è una strepitosa MGB GT del 1967, colore Sandy Beige pastello, interni in pelle rossa con “piping” bianchi, ruote a raggi e ovviamente guida a destra (la potete vedere qui sotto..).
Unica precedente proprietaria una gentile lady del Cheshire che ha conservato tutte le fatture dal primo giorno, da quella di acquisto ai singoli tagliandi, cambi gomme, rabbocchi di olio…
Ora che avrete perdonato la mia lunga e noiosa premessa passiamo al tema principale.
Come tutti voi saprete prima del 1961, data dell’abolizione del maximum wage che prevedeva £ 20 a settimana come massima retribuzione per i calciatori professionisti, i footballers conducevano una esistenza più simile a quella di normali impiegati che a quella di milionari viziati. Duncan Edwards, giovane stella del Manchester United che perì nel disastro aereo di Monaco, era solito recarsi ad Old Trafford in sella ad una bicicletta che assicurava con una catena alla grondaia più vicina all’ingresso degli spogliatoi, altri usufruivano dei mezzi pubblici, pochissimi possedevano una automobile, tra questi Stanley Matthews proprietario di una Ford Consul Classic, non una Jaguar o una Rover…
Proprio l’abolizione del maximum wage beneficiò immediatamente Johnny Haynes, al tempo numero 10 del Fulham e della Nazionale che risultò il primo calciatore a ricevere £ 100 a settimana ed infatti diviene uno dei primi professionisti ad essere immortalato al fianco di una fiammante MG Magnette, sorridente, indossando il blazer blu dell’Inghilterra con i tre leoni ricamati in oro. Nonostante i sensibili aumenti di stipendio, la maggior parte dei calciatori che si concessero un’automobile nuova sceglievano modelli medi della Vauxhall, della Austin, della Morris o della Ford (quella inglese, ovviamente, con gli impianti produttivi a Dagenham) né più né meno che l’uomo medio che svolgeva mansioni impiegatizie o piccoli commercianti.
Il mondiale 1966 rappresenterà una svolta, l’Inghilterra oltre che campione del mondo è la nazione a cui tutti fanno riferimento per stile, musica, cinema, moda, way of life, insomma si sa, è la famosa “England swings”, il periodo che oltre Manica può essere paragonato ad un boom economico, di conseguenza anche i footballers iniziano a lasciarsi andare, soldi ora ne arrivano decisamente di più, ci sono contratti con i primi sponsor, si viene pagati per rilasciare interviste o per apporre la firma su articoli preparati da ghost writer.
Le Austin, le Ford e le Vauxhall vengono lasciate a coloro che non vogliono destare troppa visibilità, insomma, un classico “understatement” britannico, molti altri alzano l’asticella.
Tra coloro che non vogliono apparire troppo si notano i manager, più anziani, hanno provato le sofferenze e le difficoltà del periodo bellico, rimangono legati alle vacanze sulla costa inglese anziché le prime mete esotiche come Maiorca o Malta o Cipro. Ma anche campioni ultra celebrati come i fratelli Charlton comprano Vauxhall anche se nelle versioni Victor e Cresta ovvero quelle più potenti e rifinite o Jimmy Greaves che punta sull’ammiraglia della Ford inglese, la Zodiac MK3 con abbondanti cromature e dimensioni.
Per molti altri invece “il limite è il cielo” per cui Bobby Moore non ci pensa troppo ed esibisce una serie di splendide Jaguar, la più nota una MK2 3.8 abbinata ad una Mini Cooper S per la moglie o per lui quando preferisce sgusciare meglio nel traffico cittadino. Leggenda vuole che Moore tenesse nel cruscotto della “Jag” un berretto da chauffeur con visiera che indossava alle prime ore della notte mentre guidava verso casa dopo qualche drinking session. Era noto che la polizia non fermasse mai gli autisti con auto prestigiose perché era scontato che chi svolgeva un lavoro così delicato non fosse mai alticcio mentre era in servizio…
Anche Mick Summerbee stella del Manchester City possedeva un’auto come quella di Moore ma arricchita da un mangia dischi oltre all’autoradio. Sensibile al fascino del giaguaro troviamo anche Francis Lee, compagno di squadra di Summerbee che nei 70s passerà poi alla Daimler, in pratica una Jaguar ancora più sofisticata.
Alan Ball si indirizzò su una prestigiosa e performante Rover 2000 TC P6, l’auto dei medici e degli avvocati come si diceva ai tempi. L’acquisto avvenne con il papà che lo accompagnò dal concessionario e furono ritratti insieme mentre osservano il vano motore della slanciata berlina. Peter Osgood stella in ascesa del Chelsea, per forza maggiore viaggiava sempre su Ford, pur cambiandone in continuazione. Il motivo? Molto semplice, una concessionaria di Windsor aveva messo sotto contratto Ossie che per ovvie ragioni di sponsorizzazione usava il meglio della produzione di Dagenham del periodo, dalle Cortina alle Corsair, dalle Zephir alle Zodiac. Non potendo tediarvi in eterno direi che potremmo concludere questa carrellata niente meno che con George Best, lui proprio non sapeva cosa fosse l’understatement, anzi, aveva deciso che in fatto di donne, abiti, case, sperpero di denaro e soprattutto automobili non ci si doveva porre limiti. Tra gli anni 60 e i 70 fu ritratto con ben tre diverse meravigliose Jaguar E-Type. Nell’ordine una roadster, una coupè e una coupè V12 (quest’ultima venduta ad un’asta nel 2015 per £ 43.000), poi la nota Lotus Europa gialla ma il suo parco auto prevedeva anche una Jaguar MK2 3.8 bianca che veniva usata come auto di rappresentanza quasi sempre condotta da un autista. Famosissima la serie di scatti eseguiti dal fotografo free-lance Bob Thomas che intercettò l’auto nei pressi di Old Trafford. Ne scaturì la richiesta di potere immortalare Best ed il resto degli occupanti, (appunto l’autista in livrea, la sua segretaria personale ed il suo business manager). Richiesta accolta favorevolmente da Georgie che si prestò a diverse pose con il suo team. Non male come parco auto per un giovanotto di Belfast che quando prese la patente acquistò una normalissima Austin 1100.
La Ford allestì 30 Cortina 1600 E (il top di gamma, la E stava per Executive) bianche, cerchi in lega Rostyle, fari di profondità, sospensioni ribassate di derivazione Lotus, sui parafanghi anteriori una decalcomania con le bandiere incrociate di Gran Bretagna e Messico, sulle porte il simbolo “Chosen for England”, con targhe che iniziavano con GWC (Great World Cup) e le diede in comodato d’uso per un anno ai 30 membri della spedizione.
Una volta terminati i mondiali essi potevano decidere di tenerle acquistandole ad un prezzo speciale. Furono davvero pochi coloro che accettarono l’offerta, tra questi Francis Lee che la acquistò per la moglie e Les Cocker, coach e trainer della Nazionale.
Lee dopo non molto tempo la rivendette perché trovava troppo vistose le decals presenti sui fianchi e a Manchester e dintorni si era diffusa la notizia che quell’auto fosse sua per cui, sovente, i fans del United quando la vedevano parcheggiata lasciavano traccia del loro passaggio sotto forma di righe sulla carrozzeria o scritte pro United e anti City.
Il giornalista James Ruppert ha svolto una folle quanto meticolosa ricerca riuscendo a ritrovarle tutte o almeno a conoscerne il destino e ha dato vita al piacevolissimo libro “World Cup Cortinas”.
di Gianluca Ottone




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