Quella mattina del 1877 il giardiniere del The All England Lawn Tennis & Croquet Club mai avrebbe immaginato di diventare l’artefice di una delle tradizioni più British che esistano. Agganciò il rullo al suo pony ed iniziò a rasare l’erba dei campi. Era un maestro. Il rullo dopo poco si ruppe e le vuote casse del circolo non avevano le necessarie 10 sterline per sostituirlo. I soci, riuniti in assemblea, ebbero l’idea di organizzare un torneo di tennis. Solo gentleman selezionati, invitati personalmente dal Club. Bastava uno scellino per un posto da spettatore ed una coppa di fragole con crema avrebbe addolcito i lunghi pomeriggi di fine giungo. Spencer Gore fu il primo dei ventidue giocatori che presero parte alla contesa, vinse il torneo seguito da ben duecento spettatori. Quattro giorni d’incontri avevano portato nelle casse diciassette sterline.
“ Fenomeno interessante - dissero i soci - dobbiamo ripeterlo l’anno prossimo”.
Il torneo di Wimbledon, ufficialmente chiamato The Championships, era appena nato.
Di anno in anno il rito si è perfezionato ed arricchito, senza mai tralasciare la connotazione british che lo rende unico. Il torneo si disputa sei settimane prima del primo lunedì di agosto e dura due settimane. Tradizionalmente il torneo non si giocava nel 'Middle Sunday', ovvero la domenica intermedia tra l’inizio e la finale di Wimbledon. A seguito di interruzioni per pioggia, in alcune edizioni passate, gli organizzatori hanno riprogrammato i match nel 'Middle Sunday' e dal 2022 via anche il 'Manic Monday', con tutti gli ottavi al lunedì.
Wimbledon non è un torneo, è il torneo, fatto di magia e leggenda, tradizione e gloria il tutto profumato da quell’odore di antico che rende mito questo evento. Si comincia dalla caccia al biglietto. Biglietto che non è per tutte le tasche. Il tennis è sempre stato uno sport nobile e tale deve essere anche il suo pubblico. Questo avranno pensato gli organizzatori. Prezzo da nobili, si, ma la vera difficoltà è trovare il biglietto. Si parte da The Queue, ovvero la coda, quella che fanno migliaia di persone per aggiudicarsi un biglietto d’accesso al Centrale, al Campo 1 e Campo 2. Ma non è una coda come quelle a cui siamo abituati noi, no Signori, siamo a Wimbledon, ed anche la coda deve essere da mito. Se si passa a Wimbledon Park si vedono gli aspiranti spettatori con borsone da tenda, sacco a pelo, cibo e tutto il necessario per un camping, che vengono accolti dagli steward, che mostrano loro dove sistemare la tenda. Ci sono linee lunghe circa 200 metri, segnate con il gesso, e paletti cui sono attaccati due buste, una trasparente per l’immondizia normale e una violetta per il riciclo. Ci sono i bagni, la postazione di polizia, telecamere che controllano la fila e chioschi dove rifocillarsi. C’è anche un ufficio ‘Cerca Persona’, dove contattare qualcuno che sta in ‘The Queue’, tu chiami lì e loro fanno un annuncio.

Varcati i cancelli siamo dentro la storia. Sogniamo di far parte dell’All England Lawn Tennis & Croquet Club, uno dei più esclusivi club del mondo. Dove i membri permanenti possono essere al massimo 375, non uno di più. Per entrare a farne parte e sorseggiare il tè con gli altri membri nella Club House, bisogna essere invitati da almeno quattro soci previa approvazione del consiglio direttivo. Sulla porta del Club è scritta una frase tratta dalla poesia If del poeta Rudyard Kipling: “Se puoi andare incontro al trionfo e al disastro, e trattare questi due impostori allo stesso modo…. allora sarai un uomo, figlio mio”.
Chi vive fino in fondo questo stato emotivo, perché tale è trovarsi sull’erba del centrale, è il giocatore, che inizia a respirare il vero profumo di storia varcando i Doherty Gates, la celebre entrata del campo centrale. Un profumo che fa dimenticare i problemi organizzativi che ogni anno si presentano agli atleti. Alle teste di serie del torneo spettano gli spogliatoi migliori, agli altri giocatori invece viene assegnato un posto più scomodo e disordinato, dove non è difficile perdersi. Per non parlare del pass, che a Wimbledon non può essere più di uno. Significativo ciò che successe a Andrei Medvedev, giocatore ucraino arrivato in finale al Roland Garros, prestigiosissimo torneo parigino, nel 1999. Giunto a Wimbledon chiese due pass, per lui e per il massaggiatore, gli risposero che poteva averne solo uno, poi lo riconobbero e gli dissero “Ah, sì, è stato in finale a Parigi, dovrebbe averne due, ma non è possibile, sorry” suscitando le ire del tennista. Le palle sono uno degli elementi fondamentali di Wimbledon. Dunlop Slazenger Group è la fabbrica incaricata di fornire le palline ufficiali del torneo, che nel tempo sono diventate un importante oggetto di merchandising. Ognuna delle circa 50mila palline utilizzate viene accuratamente ispezionata nei minimi dettagli e a fine torneo vengono per lo più vendute ad altri tennis club o a tifosi, spesso con fini benefici. Il colore giallo delle palline è stato introdotto nel 1986 per esigenze televisive.

Il verde ed il viola sono i colori della moltitudine di fiori disseminata per tutto il “villaggio di Wimbledon” e, soprattutto, sono i colori ufficiali del torneo, quelli che si ritrovano nel logo e negli indumenti indossati dai giudici. Le stesse divise, che stanno diventando sempre più un fenomeno di moda (negli ultimi anni sono state disegnate da Ralph Lauren), a Wimbledon non possono essere fatte a caso considerato che gli atleti sono obbligati ad indossare solo completi rigorosamente bianchi. Anche i loghi presenti sulle divise dei giocatoir devono rispettare le regole; sono ammessi due marchi, ciascuno non superiore a 13 cm2, oppure un singolo marchio non superiore a 26 cm2. In caso di strappo alle regole, arriva una multa salata, come capitò nel 2013 a Roger Federer, sanzionato per aver indossato delle scarpe con una suola arancione. Durante gli incontri, le giocatrici donne sono sempre appellate "Miss" o "Mrs" mentre gli uomini sono chiamati solo per cognome o con l’appellativo di “Gentleman”. La tradizione continua sugli spalti, dove il real pubblico, che occupa le suite sul campo centrale affittate con tanto di maggiordomo, è solito mangiare fragoline del Kent annegate nello champagne, o sorseggiare il Pimm, un cocktail a base di gin, limonata e frutta. Ogni anno i 500 mila appassionati consumano circa ventisette tonnellate di fragole, dodicimila bottiglie di champagne e ottantamila bicchieri di Pimm.
La storia di Wimbledon è segnata da due elementi “naturali” imprescindibili. La pioggia e l’erba.
L’erba di Wimbledon è croce e delizia di giardinieri, organizzatori, giocatori e spettatori. Negli ultimi anni è stata adattata alle esigenze del tennis moderno, ma in passato era un’incognita. Quando Borg faceva una scivolata in mezzo al terreno di gioco si creava una immensa voragine che rendeva il rimbalzo imprevedibile e costringeva tutti a giocare a rete per la gioia del pubblico. Adesso non è più così. Fino al 2000 l’erba di Wimbledon era composta al 70% da loglio e al 30% da festuca rossa strisciante. In seguito si è passati al solo loglio perenne che rende la superficie più secca e dura dando maggiore regolarità al gioco. Durante l’anno sono 15 (altri 12 si aggiungono durante il torneo) i giardinieri, guidati dal 1991 da Eddie Seaward, che curano i 41 campi del club stando ben attenti agli 0,8 cm di altezza cui deve essere tosata l’erba. A questi si uniscono, anche di notte, le pattuglie antivolpi, animali non infrequenti nei sobborghi Sud-Ovest di Londra: l’urina delle femmine di volpe bianca brucia l’erba.
La pioggia è Wimbledon. La prima volta che si giocò sui campi del circolo attuale, in Church Road nel 1922, piovve tutti i santi giorni. E negli ultimi vent’anni solo una volta nel 1993, l’erba del torneo è rimasta asciutta. Wimbledon e pioggia fanno subito pensare a Sir Alan Mills, un signore di nobile aspetto, fasciato nel suo doppiopetto, che entrava in campo insieme al giardiniere, si chinava a tastare il terreno, scrutava il cielo, si fermava a pensare, ripensava e poi faceva cenno ad una squadra di addetti di srotolare il telo di protezione dei campi. Il telo coprente era tecnologico e lasciava filtrare aria e luce, ed era così da quando nel 1996 tre giorni di campo coperto a causa della pioggia resero il prato inutilizzabile. Ho usato il passato perché da qualche anno c’è la grande novità del tetto mobile trasparente che in soli dieci minuti è capace di coprire il Centre Court(ma a bordo campo continua a esistere una squadra di emergenza di 17 persone che in 22-28 secondi sono in grado di stendere il telo). E ciò ha segnato la fine di un’epoca. Niente più lunghe pause, il gioco continua con tanto di soddisfazione per le televisioni e per le casse del Club che si porta a casa quasi 30 milioni di euro. Soldi che vengono prontamente girati alla federazione inglese del tennis nella speranza di finanziare il prossimo Fred Perry che vinse nel 1936. Gli inglesi hanno dovuto aspettare il 2013, quando Andy Murray (scozzese) ha vinto il torneo, rivincendolo poi nel 2016.

La storia del torneo ha visto trionfare tutti i più grandi, Doherty, Wilding, Lacoste, Hoad, Newcombe, Connors, Laver, Borg, McEnroe, Sampras, Becker, Federer, Nadal, Navratilova, Graf, Evert, Lenglen, Williams e Seles. I primi vincitori del torneo erano tutti di nazionalità inglese, se non altro perché a parteciparvi erano soprattutto i giocatori d’oltremanica. Re incontrastato del torneo, è Federer che ne ha vinti otto ( e perso quattro finali) di cui cinque consecutivi. Ma come non citare Borg che ha vinto cinque edizioni di fila, o il suo storico avversario McEnroe. Lo statunitense, soprannominato “The Genius”, sul verde di Wimbledon ne ha combinate di tutti i colori. Ha vinto tre volte il titolo, ma è ricordato soprattutto per la sua personalità. Celebre il suo “You can not be serious!”, “Non puoi dire sul serio!” indirizzato agli arbitri che avevano chiamato un suo colpo fuori. Oppure quando dopo aver vinto il titolo tenne la mano sinistra in tasca davanti alla contessa che lo premiava. Con gli arbitri era in lotta continua. Una volta urlò: «Sei una disgrazia per l' umanità». Un'altra volta sputò su una spettatrice che aveva applaudito un doppio fallo. In effetti subito dopo si rammaricò dicendo: «Non l'ho presa». Quando giocava a Wimbledon, la Bbc imbavagliava i microfoni di campo per timore delle sue reazioni. Ad un passo dal record anche Dijokovic, che ne ha vinti sette e quest’anno cercherà di eguagliare il record di Re Roger, sempre che Alcaraz, che ha vinto gli ultimi due titoli, e Sinner, a caccia del suo primo titolo davanti alla Regina, glielo permettano.
Wimbledon è il torneo più antico dello slam, ha attraversato due guerre mondiali ed è riuscito ad arrivare sino ad oggi conservando il suo carico di tradizione e storia. Forse ha ceduto un po’ di spazio al business, ma i cartelloni pubblicitari ameno per ora non tappezzano i campi.
Wimbledon è tradizione, certo, ma anche capacità di essere sempre protagonista dei tempi. Nel 2003 dopo l’epidemia Sars, L’All England Club ha stipulato una polizza assicurativa che è costata 23 milioni di sterline in 17 anni, ma quando la crisi Covid ha costretto a cancellare il torneo nel 2020, il Club ha incassato 174 milioni di sterline. Già nel 2009 aveva introdotto il tetto retrattile sul campo centrale e nel 2019 ha costruito il tetto retrattile anche sul campo 1. Quest’anno, la 138esima edizione del torneo, dopo l’installazione delle coperture sui campi, vedrà un’epocale novità, non saranno presenti i giudici di linea, che verranno rimpiazzati dall'Electronic Line Calling. Tale tecnologia viene impiegata già da anni sia all'Australian Open che allo US Open.
“A Wimbledon prendiamo molto seriamente il compito di bilanciare tradizione e innovazione" ha dichiarato il capo dell’England Lawn Tennis, Sally Bolton.
In ogni caso si è adeguato ai tempi e comportato da vero Signore, quando, nel 2007, ha introdotto la parità di premi tra Gentlemen e Mrs. That’s british…
di Giuseppe Lavalle