Quando nelle ormai rare occasioni in cui incontro mio figlio (Natale, una manciata di giorni durante l’estate, sporadici ritorni in Italia per motivi lavorativi, mie saltuarie visite) capita di rimembrare episodi del passato e questo la dice lunga su quanto io sia ormai “anziano”…
Tra questi ricordi sovente si cade sui viaggi, ai tempi molto numerosi, che si facevano in Inghilterra con l’immancabile visita ad un nuovo stadio per una partita, già allora non importava la categoria ma il contesto, l’ambiente, la scoperta di una nuova area, di un nuovo territorio. Un giorno il figliolo mi raccontava del declino di Charing Cross Road, una delle vie più affascinante del centro di Londra, con l’infinito susseguirsi delle storiche librerie specializzate in testi usati.
Meravigliose nei freddi mesi invernali quando oltre al solito piacere di sfogliare testi con pagine ingiallite fornivano tepore grazie ai caminetti dove la carbonella sviluppava la fiamma, sembravano quasi tutte scorci di racconti Dickensiani.
Purtroppo ne sono rimaste poche mi diceva, alcune mestamente chiuse ed in cerca di qualche coraggioso affittuario visti i canoni mensili richiesti altre sostituite dai soliti kebab o Poke perché in questi tempi bui pare sopravviva solo più chi sforni cibo strano a qualsiasi ora.
Almeno ci fossero dei “chippies”, dei “greasy spoons” o dei “caffs”…
Però, mi ricordava il figliolo, che si riteneva fortunato di avere ancora visto e frequentato “Sportspages” che si trovava in una rientranza di Charing Cross Road.
Aaaahhhh….Sportspages….fondata nel 1985 da un neozelandese che viveva a Londra, tale John Gaustad, disperato perché non riusciva a trovare in tutta la Capitale dell’Impero una solo libreria che avesse libri sui suoi adorati All Blacks!
Così decise che un bookshop esclusivamente dedicato allo sport l’avrebbe aperto lui e ci sarebbe stato di tutto, dal calcio al rugby (union e league), al cricket, al badminton, all’hockey, alle arti marziali!!! Nessuno a Londra avrebbe più dovuto penare per trovare un volume che trattasse qualsiasi sport. Il successo fu notevole e divenne una sorta di meta di un pellegrinaggio per chiunque adorava il calcio britannico e qui trovava poco o nulla, chiaramente nell’era pre internet.
La prima volta che decisi di visitarlo ci misi del tempo per trovarlo…Si trovava in questa rientranza di Charing Cross Road, o meglio “off Charing Cross Road” come si dovrebbe dire correttamente ed aveva una piccola insegna e una vetrofania. Fu una folgorazione…ore spese a sfogliare tomi sulle storie dei singoli clubs, dall’Arsenal al Wycombe Wanderers, qui stava il bello…poi annuari, autobiografie, fanzines.
Era talmente fornito che non si poteva non sbirciare testi su rugby o cricket, anche solo per le meravigliose immagini che contenevano. Il problema semmai era quando si doveva decidere cosa acquistare…soprattutto negli anni in cui per avere una Sterlina bisognava sborsare 2.500 Lire…
Quindi iniziava la tragica e triste selezione che di norma mi vedeva sempre metter in borsa un libro, massimo due e una pila di fanzines… Eh si, le fanzines costavano poco e nel contempo erano affascinanti, ricche di chicche e soprattutto riflettevano il pensiero del tifoso sempre condito con molto umorismo, sagacia, critica feroce. Tutto bene fino a quando l’avvento di internet permise a chiunque, anche ad un abitante di una sperduta isola del Pacifico, di acquistare qualsiasi cosa senza muoversi dal divano.
Di conseguenza, diminuiva costantemente il numero di visitatori ma soprattutto di acquirenti, in più le nuove generazioni se ne fregavano del piacere di avere tra le mani un tomo.
Così, dopo avere addirittura aperto una filiale a Manchester, nel 2006 John Gaustad dovette arrendersi e chiuse tutto.
Non vi dico lo shock, quando, ignaro di questa tragedia, arrivai un giorno davanti alle vetrine di Sportspages e trovai tutto chiuso, solo un foglio sulla porta d’ingresso informava con sommo dispiacere ciò che era accaduto e si ringraziava tutti coloro, quindi me compreso, che avevano reso possibile questa stupenda avventura durata ben 21 anni.
Tra le fanzines che acquistavo da Sportspages c’era sempre una sorta di rivista molto artigianale che si occupava degli stadi britannici sia esistenti che scomparsi.
Si chiamava e si chiama tuttora Groundtastic, fondata nel 1995, vari contributori inviavano immagini e dettagli, tutto veniva dattiloscritto e fotocopiato ma il risultato finale era per me superbo perché potevo scoprire e conoscere impianti minori mai sentiti, con aneddoti storici, record di spettatori, le modifiche avvenute negli anni.
Aveva cadenza di quarterly quindi un quadrimestrale con uscite a marzo, giugno, settembre e dicembre. Le prime annate prevedevano una singolare copertina fatta di semplice carta colorata sulla quale compariva la foto adesiva a colori dello stadio protagonista principale del numero. Con il passare degli anni Groundtastic migliorò continuamente l’aspetto grafico sino a prendere le sembianze di una rivista vera e propria dove le immagini a colori crescevano e oltre agli stadi britannici si dedicava spazio ad impianti europei e successivamente anche extraeuropei.
Degni di nota i tre volumi della serie The Cemetery End che raccolgono praticamente quasi tutti i servizi pubblicati da Groundtastic nel corso della sua lunga storia.
Ora Groundtastic esiste sottoforma di sito e di pagina Facebook attraverso i quali si possono ordinare i nuovi numeri, quelli ancora disponibili del passato, oltre ai sopracitati volumi riepilogativi.
Proseguendo sul filone cartaceo mi pare doveroso citare il programma, l’official programme, l’organo di comunicazione di ogni club dalla massima divisione alle leghe dilettantistiche più sconosciute. Una tradizione, una usanza, un rito collettivo per il tifoso britannico. Tanto più doveroso parlarne in questi periodi in cui sono già diversi i club che hanno annunciato che non li pubblicheranno più…
Troppo alti i costi di stampa rispetto al numero delle vendite, il programma esce già vecchio ci dicono, lo smartphone informa il tifoso in tempo reale su tutto, il programma non viene più acquistato dai giovani e giovanissimi ormai disabituati a leggere “su carta” (io direi disabituati a leggere in generale, ma non solo loro), rimaneva solo più un’abitudine per tifosi più anziani o collezionisti.
Questa è un’altra batosta che aumenta il mio distacco verso il calcio moderno, io, che da avido accumulatore di carta in generale, ho messo da parte qualche centinaio di programmi, di tutte le categorie, della Nazionale, finali di Coppa, principalmente degli anni ’60 e ’70, più ovviamente tutto il resto cioè coccarde, distintivi, gagliardetti, annuari, oggetti vari.
Allora è bene, se non lo avete mai fatto, di recarvi almeno una volta nella vita ad una Football Programme Fair, si, una fiera di programmi calcistici.
Se ne tengono ancora moltissime da Plymouth su fino al Teesside, da minuscoli villaggi a locali messi a disposizione negli stadi, anche di massima serie.
Nei tanti luoghi che ho visitato durante i miei viaggi oltre Manica mi sono imbattuto in Fiere casualmente oppure mi recavo in località apposta perché sapevo che lì si svolgeva un evento del genere.
La mia preferita rimane sempre quella che si svolge nei locali forniti dalla chiesa di St. Stephen su Cromwell Road a Londra, due passi dalla fermata della Metropolitana di Gloucester Road, quattro passi da Earl’s Court.
Si scendono alcuni gradini, si pensa di finire in una cantina, invece si sbuca in un salone che la chiesa adibisce ad eventi, feste, ricorrenze, si paga un fee di 1 pound come ingresso e si spalanca un mondo meraviglioso fatto di tavoli ricoperti di scatole, scatoloni, scatoline pieni zeppi di programmi di ogni tipo ed era.
C’è il collezionista specializzato nel “pre-war”, quello che tratta solo Non League, chi solo finali di F.A. Cup o League Cup o F.A. Amateur Cup, chi propone solo programmi di determinati club, chi li divide per decenni.
In più di solito si trova memorabilia varia, dai distintivi alle figurine o cigarette-cards, autografi, press-photos originali.
Nella St. Stephen Hall, appunto il locale della chiesa che ospita il tutto, volontari mettono a disposizione tea and coffee, torte, sandwich, biscotti a prezzi popolari.
E se per caso stufi delle monotone, uniformate, senza più anima arene moderne fate un salto a est, a Dagenham, un tempo qui la Ford inglese aveva gli enormi stabilimenti produttivi che arrivarono ad impiegare più di 40.000 lavoratori.
Qui il Dagenham & Redbridge F.C. erede, in seguito a fallimenti e fusioni, di vari club dell’east end gioca a Victoria Road dove anche solo assistere ad un match in piedi appoggiati ad una crush-barrier nella popular terrace con la vecchia copertura sopra la testa merita il costo del biglietto.
Nel retro il van che sforna burgers o pies insieme a Bovril o tea e tra questa gradinata e la home end c’è una casetta prefabbricata che vende programmi di qualsiasi club e di qualsiasi periodo. Ce ne sono a centinaia, il tutto serve a dare una mano al club e a creare un angolo di paradiso per collezionisti o appassionati generici.
Anni fa un incendio distrusse parzialmente questo luogo straordinario e parte del materiale contenuto, una tragedia pensai quando lo venni a sapere. Nel giro di poche settimane il club fu inondato da programmi provenienti da ogni angolo d’Inghilterra, gente comune, tifosi di chissà quale squadra, collezionisti li inviarono in modo che questa tradizione non scomparisse e che si potesse rimettere in piedi il tutto.


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