11 settembre 2025

"E' ACCADUTO TUTTO UNA DOMENICA MATTINA" di Francesco Caremani

È accaduto tutto una domenica mattina. Di quelle domeniche un po’ stanche, nell’attesa di andare a pranzo dai nonni e pronto per tifare, nel primo pomeriggio, la squadra del paese dove allora abitavo.
All’epoca i canali televisivi erano pochi, Sky era ancora nelle stelle e il calcio era soprattutto “90° minuto” e la “Domenica Sprint”, per la “Domenica Sportiva” avrei dovuto attendere ancora qualche anno, la davano troppo tardi e il lunedì mattina c’era la scuola.
Non so quanti se lo ricordano, ma è stata Tele 37, emittente toscana, a dare le prime gare di calcio inglese, intorno alle 11.30-12 della domenica mattina. Quella domenica in particolare ero riuscito a sgattaiolare nella sala di mia madre, terreno protetto, dove c’era il televisore a colori grande. Mi sistemai e feci il classico giro con il telecomando.
Quando m’imbattei in una partita di calcio. Non ricordo chi giocava e nemmeno il risultato, ma restai colpito da alcune cose in particolare. Innanzi tutto il pallone completamente bianco, eccezionale. Poi le maglie della Umbro. Lo stadio. L’ululato dei tifosi a ogni azione d’attacco. Il gioco semplice ma continuamente aggressivo dei giocatori in campo.
Per certi versi fu un colpo di fulmine, quel pallone bianco diventò un totem, tanto che in palestra, a scuola, adoravo giocare con i palloni della pallavolo, bianchi, di cuoio, un po’ più leggeri, ma così inglesi, almeno nel mio immaginario.
Da allora il calcio inglese è rimasto un amore forte, a volte nascosto dentro di me, per quel modo di fare football e di viverlo, fors’anche con quell’atteggiamento ossequioso per chi il calcio lo ha inventato prima degli altri.
A maggior ragione, però, le sfide Italia-Inghilterra, un po’ come Italia-Germania, le sentivo particolarmente e battere una squadra inglese era per me motivo di grande vanto e orgoglio. Ricordo ancora la vittoria del Genoa di Bagnoli all’Anfield Road di Liverpool con doppietta di Aguilera, anche se quel Liverpool era decisamente più scarso di quello di oggi e di quello degli anni Ottanta.
Ma c’è stato un momento che non scorderò mai. Tifoso della Juventus, un tempo sfegatato, seguivo con grande emozione la cavalcata dei bianconeri nella Coppa dei Campioni 1982-83. C’era aria di vittoria finale, la sensazione che quella Juventus spettacolo potesse vincere una coppa, per i colori bianconeri, maledetta. Il sorteggio per i quarti di finale mise di fronte Platini & compagni ai campioni d’Europa in carica, l’Aston Villa.
Prima di allora non conoscevo Birmingham e non sapevo com’erano le maglie di quella squadra. Ricordo la sera dell’andata in Inghilterra, la partita doveva essere trasmessa da Tmc, ma nel ritardo dell’eurovisione il Tg1 dette in anteprima il vantaggio della Juve, colpo di tacco di Bettega, crosso di Cabrini, Rossi di testa gol. Erano i giocatori campioni del mondo, era l’Italia che batteva l’Inghilterra sul proprio terreno, incredibile.
Quella che ricordo è una delle più belle partite mai viste in televisione, alla fine vinsero i bianconeri per 2-1, con uno strepitoso gol di Boniek in classico contropiede, all’italiana. 
Nel ritorno il 3-1 della Juventus fu addirittura schiacciante. Ma da allora non ho mai dimenticato Gary Shaw, vincitore anche di un Bravo, il premio indetto dal “Guerin Sportivo” per il migliore Under 21 delle coppe europee. Nemmeno la maglia ho dimenticato e me la sono anche comprata, una Umbro, così come quella del Newcastle United, bellissima.
Se c’è una squadra che mi fa vibrare quando guardo il calcio inglese, da allora, è sempre l’Aston Villa e quello stadio catino di Birmingham del quale non ho mai ricordato il nome.
E i colori di quella maglia, celeste e granata, un’accoppiata che ancora mi affascina nel mio lavoro di giornalista, in particolar modo quando si tratta di magazine patinati.
Poi ci fu l’Heysel… Ma questa è un’altra storia, una storia che ho raccontato in un libro importante.
Francesco Caremani, da "UK Football please" (dicembre 2005)

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