21 maggio 2025

[FOOTBALL AID] FELICI ALLO STAMFORD BRIDGE

Ebbene sì, per un giorno sono stato “traditore“, “traditore“ dei colori che ogni giorno, dal 1977 mi fanno pulsare il cuore, un cuore bianconero, che tifa Juventus.


Ma “galeotta “ è stata la amata fanzine “UK Football, please“, la stessa che circa un anno fa mi ha accompagnato in treno fino a Roma, sede del raduno degli amanti del calcio anglosassone. Il viaggio da Ancona, la mia città, non è molto lungo, per ingannare il tempo mi sono dilettato a leggere gli articoli di amici che parlavano di esperienze vissute “made in Britain“.. Devo ammetterlo, quella mattina il racconto più interessante era stato quello di Roberto Gotta, che come tutti saprete, è una delle penne forti del “Guerin Sportivo“. Già il titolo era premonitore: “Da una vita“….
Chi di voi, compreso me e Roberto, non ha avuto, almeno una volta nella propria vita, il desiderio di calcare i manti erbosi di un campo di calcio famoso e sognare di essere un calciatore miliardario, sì, come quelli che vediamo ogni giorno in tv ??!! 
Roberto ce l’ha fatta, vestendo per un giorno la maglia del Fulham e provando una sensazione unica, irripetibile. “Football Aid“ gli ha permesso tutto questo, un’Associazione creata da Simon Craig, colpito dalla sfortuna di avere un figlio gravemente diabetico, ha creato una società che raccoglie offerte da tutto il mondo e in cambio permette ai donatori di giocare una partita di calcio ufficiale negli stadi più noti del Regno Unito. E’ possibile giocare per il tempo desiderato in impianti più o meno famosi, con tanto di arbitri, cameramen, fotografi, pubblico, celebrità calcistiche e contemporaneamente donare una quota in sterline che andrà ad aiutare tutti i bimbi affetti da questa patologia. 

Quale migliore occasione quindi, anche se onerosa, per realizzare uno dei sogni più sognati della mia vita e nello stesso tempo aiutare chi è in difficoltà ?! A maggior ragione, svolgendo una professione a carattere sanitario, essendo farmacista, mi sono sentito legato fortemente ai destini di queste anime sofferenti: i bambini. Ho iniziato a leggere le parole di Gotta alla stazione ferroviaria di Falconara Marittima..  Beh…a quella di Jesi ero già fortemente convinto di tuffarmi in questa avventura ! Non feci in tempo a rientrare ad Ancona, dopo quella piacevole giornata trascorsa nella Capitale, che subito mi misi davanti al computer e navigai nel sito di “Football Aid“. Pensai che queste sono avventure in cui ci si imbatte una sola volta nella vita, perché non è facile progettare un viaggio all’estero a distanza di un anno, conciliare gli impegni di lavoro, concordare le ferie coi colleghi e investire uno stipendio mensile per concretizzare questa realtà… Ma col cuore tutto si può e ce ne ho messo tanto, sin dall’inizio. Mi sono posto l’obbiettivo di arrivare al 22/5/2007 sostenendo tre allenamenti a settimana tra calcio, calcetto e nuoto, recuperando una forma psicofisica precaria, intaccata da tre anni di inattività causati da infortuni alle caviglie e alla schiena. Non sono più un ragazzino, ho 36 anni, ma la grinta di Gotta, più anziano di me di qualche anno mi aveva incoraggiato. 

Le mie conquiste, i miei traguardi più importanti, nel lavoro, nello studio, nei rapporti interpersonali, nelle passioni, me li sono sempre conquistati con coraggio: anche questa volta ce l’avrei fatta. Ma c’era un problema….: Il “tradimento“, quel tradimento che da un lato mi avrebbe reso entusiasta, dall’altro avrebbe offeso la “Vecchia Signora“ anche solo per un giorno…! E’ chiaro che mi sono sempre visto con la casacca bianconera cucita addosso…Ma qui in Italia, vuoi per ignoranza e violenza calcistica, vuoi per insensibilità verso il “patrimonio tifosi” è impensabile giocare per una volta al “Delle Alpi“ e raccontarlo ai nipotini.. E’ questa la barriera che ci separa dagli anglosassoni: la cultura del calcio in Italia e’ mediocre. Da noi gli stadi sono inviolabili, per visitarne uno e fare il giro del museo ( dove presente…) devi metterti in coda e se ci riesci non puoi fermarti più di due secondi nei vari tratti del percorso. Devi perfino scongiurare i tuoi idoli (se si degnano di calcolarti) di farti uno scarabocchio su di un pezzo di carta.. Allora, visto che “occhio non vede e cuore non duole“ ho deciso di essere per un solo giorno calciatore del Chelsea! Perché, Beh…Dovevo soddisfare alcuni requisti…Prima di tutto, se bisogna fare una follia facciamola alla grande e anche se la squadra del magnate russo Abramovich è diventata famosa solo recentemente, gioca in uno stadio moderno, maestoso e ricco di fascino, fascino da Champions League. In più aggiungeteci che in questa squadra hanno militato Gianluca Vialli, Pierluigi Casiraghi e quindi capirete perché la mia scelta si è indirizzata lì….!! Ovviamente, oltre a motivi passionali si sono aggiunti quelli razionali: la necessità di giocare in una città raggiungibile direttamente da Ancona in aereo e soprattutto rapidamente, quindi Londra e Chelsea, il team dell’insopportabile Jose Mourinho, del disadattato Andrej Shevchenko, dell’altezzoso Michael Ballack, ma anche del lottatore Joe Cole, del monumentale Peter Cech e del tenace Terry Lampard. Per un anno ho sognato di appoggiare i piedi sulle stesse zolle di terreno testate da quei giocatori e ovviamente segnare.. Sono da sempre un attaccante, alla Filippo Inzaghi tanto per intenderci e con la grinta di Vialli (con le dovute proporzioni ovviamente !).. Quante notti ho sognato quel goal, uno almeno, ma il goal della vita. Non mi importava come l’avrei potuto realizzare: di testa, di tacco, di sedere, di schiena.. Ma un goal.. L’ho immaginato per un lungo anno e me lo sono costruito giorno dopo giorno, con gli infortuni dolorosi alle caviglie, coi problemi personali, coi minuti trascorsi sott’acqua in piscina, coi primi allenamenti con una squadra di calcetto per riprendere il ritmo, con le corse in palestra, con l’amore di chi mi vuole bene. 
I mesi sono trascorsi, la forma è progressivamente migliorata e finalmente a Maggio, ero pronto…Ma ecco l’intoppo sbagliato nel momento sbagliato…
Una settimana prima del volo per Londra mi infortunio seriamente, con la Nazionale Italiana Farmacisti (www.nazionaleitalianfarmacisti.com) e mi procuro un versamento alla caviglia destra con interessamento tendineo…Sono colto dallo sconforto più profondo…Ma non c’è stato un attimo, uno solo in cui ho pensato di non farcela. Troppi sacrifici ! Ho stretto i denti, ho accellerrato le terapie e via ! Il giorno del match è soleggiato, bellissimo, una stranezza per Londra…! Appena davanti allo stadio rimango a bocca aperta.. Una struttura eccezionale. All’entrata campeggia il simbolo sociale dei “Blues” e i muri circostanti sono ricoperti da manifesti che ritraggono i fans intenti ad incitare i loro beniamini. Accanto allo stadio, delimitato da un alto muro di cinta, è impossibile non notare subito l’imponente hotel a cinque stelle in cui risiedono giocatori e relative famiglie durante la vigilia delle partite, il ristorante bar, il fans shop, gli uffici amministrativi. Il tutto condito da una pulizia, un ordine e una disciplina impeccabili. La partita è fissata per le ore 15:00, quindi mi fiondo nel negozio ufficiale del Club e lo visito in lungo e largo. Si tratta di un magnifico magazzino a due piani in cui si può trovare dalle pantofole di Didier Drogba ai completini per bimbi !
La varietà degli articoli è così disparata che stento ancora oggi a ricordarmi tutto quello che diamine c’era là dentro ! Tralascio per ritegno la somma in sterline che ho sperperato in quel paradiso…!! Terminata la visita prenoto il tour del museo e dello stadio, con tanto di guida che rende attivi i partecipanti in ogni punto del tragitto, con un’accoglienza veramente gioviale. 
Il manto verde è un campo da biliardo e la prima cosa che lascia allibiti è il fatto che non manchi un seggiolino sugli spalti. Le scritte “Chelsea“ e “Adidas“ impresse nei settori hanno dell’imponente. La guida ci illustra le varie fasi di costruzione di uno stadio che anticamente aveva un aspetto ben più misero rispetto all’attuale. La parte più suggestiva è il muro che delimita l’entrata nelle “terraces” dei tifosi locali, lasciato volutamente intatto dai tempi dei primissimi lavori. Dopo la visita ai bar dello stadio, alla suite d’onore in cui viene offerto champagne agli ospiti, alla sala stampa e agli spogliatoi, eccoci al museo interno: una sorta di eden per tutti gli appassionati di memorabilia calcistiche. Pannelli illustrativi, vetrine colme di sciarpe, programmes, coppe, spille, squadre di subbuteo, postal covers, francobolli. E poi maglie autografate, statue di cera.. 

Ma il tempo stringe.. Sono le 14:00 e l’appuntamento con lo staff di “Football Aid“ davanti l’entrata della tribuna centrale è prossimo. Sono accolto da persone gentilissime che ci convogliano in una sala dello stadio riservata appositamente ai giocatori, parenti e amici. Dopo una breve introduzione gli
stewards ci conducono negli spogliatoi. Ho già il “fiato corto” ! Mi avvolge un colosso di 42.500 posti che non oso pensare quale effetto possa destare quando è al completo ! Negli spogliatoi ci aspettano le nostre divise appese agli attaccapanni con tanto di numeri e nomi e forse quella sarà l’immagine che più di altre mi rimarrà impressa nella memoria. Ogni giocatore dispone del suo kit. Ci vestiamo. E’ in questo momento che socializzo coi miei compagni e mi accorgo di essere l’unico italiano (anche fra gli avversari) fra inglesi, scozzesi, israeliani, indiani e greci, ecc.. 
Sembrerà stupido, ma in quel momento mi sono sentito davvero orgoglioso di rappresentare il mio paese. Pipì di rito nei bellissimi bagni e ironia della sorta incrocio lì Scott Minto, la celebrità calcistica che giocherà col mio team (in maglia bianca, seconda divisa del Chelsea ) e subito mi saluta molto cordialmente. Quello che mi stupisce è che nota subito la mia tensione per l’infortunio e il rischio di non giocare…Mi accompagna subito dallo staff medico e concorda quale fasciatura devono applicarmi per riuscire a farmi correre. Mi pare di vivere un sogno e mentre sono steso sul lettino Scott racconta delle sue esperienze. Appena ultimato il bendaggio mi convince a riscaldarmi sul manto erboso ma subito noto che ho grandi problemi.. Non faccio in tempo a finire il riscaldamento che Scott mi si avvicina e mi dice : “Senti, guardati intorno.. Questo è uno dei giorni più belli della tua vita… Non puoi tirarti indietro ! Ho avuto infortuni ben più seri dei tuoi e se ogni volta che mi fossi tirato indietro avrei giocato 10 partite su 100 !! Adesso tu giochi, non pensi al dolore e dopo 10 minuti ti faccio un cenno con la mano per chiederti come stai…” 
In quel momento fui pervaso da una carica indescrivibile. Rientrato negli spogliatoi mi sono fatto spruzzare una bomboletta intera di ghiaccio secco sulla caviglia ! E il cenno dopo dieci minuti..? Non contemplato.. Come per incanto ho pensato solo e unicamente alla partita e il dolore non l’ho affatto sentito !!! Per la cronaca abbiamo perso 4 a 5, ma durante quella partita il tempo sembrava dilatato.. Ho corso, preso e dato botte, finito svariate volte in fuorigioco e poi…Poi….Il mio goal…Il mio piccolo, insignificante goal.. Quello che ho cercato sempre, sfiorato a cinque minuti dall’inizio e sbattuto dentro di destro su di un cross radente a centro area, da destra verso sinistra, a dieci minuti scarsi dalla fine..!! Non resterà certamente alla onori della cronaca, ma mi ha fatto toccare il cielo con un dito e piangere dalla gioia. Un goal inseguito da 365 giorni e benedetto dall’abbraccio di Scott Minto, il primissimo compagno che mi ha afferrato per le gambe e ha scaraventato a terra per festeggiare. Ad oggi non riesco a ricollegare precisamente i momenti, le emozioni, il profumo dell’erba, gli echi dei pochi spettatori presenti (tra cui un mio amico inglese, tifoso del Fulham e un rappresentante del Juventus Club Londra), i tacchetti del mio marcatore, il tunnel d’entrata.. 
In 90 minuti ho concluso che nulla è impossibile e i limiti sono fatti per essere superati, con tutto quello che hai dentro: sempre!
di Vincenzo Felici da "UK Football please" (Settembre 2007)
da non perdere il libro dove Vincenzo racconta la sua avventura allo Stamford Bridge, "Traditore per un giorno".

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