24 febbraio 2025

"TONY CURRIE. Un pesce grande in una vasca piccola" di Fabrizio Miccio


























Personalmente ritengo che gli anni ’70 siano stati il periodo ove, piu’ di altri,e certamente molto piu’ di adesso, il calcio inglese abbia mostrato la quintessenza di se stesso. 
Infatti credo che gli elementi piu’ tradizionali e caratteristici, che fanno del calcio albionico un universo speciale, ebbero in quel tempo la loro massima purezza, prima della “contaminazione esterna” in atto ormai da molti anni. Probabilmente il mio giudizio e’ fortemente influenzato dal fatto che ho conosciuto e mi sono appassionato a questo mondo proprio in quegli anni. Tuttavia penso che molti altri fattori concorrano all’obiettivita’ della mia opinione.
Tra tutti questi elementi, le spiccate e consistenti personalita’ degli attori principali, leggasi “footballers”, che hanno calcato i campi della Football League, ne sono forse uno dei motivi principali. Tra le tante e variegate stelle pedatorie del periodo, ho sempre avuto una speciale predilezione per Tony Currie. Forse perche’ uno dei pochi che ha preferito tenere un basso profilo (a dispetto dei media) mostrandosi solo attraverso le sue gesta in campo, un atteggiamento nettamente in controtendenza con l’andazzo del tempo, da Best a Bowles, da Keegan a Charlie George, solo per citarne alcuni. 
Il fatto che Tony non abbia mai indossato le varie casacche di Manchester United, Arsenal o Liverpool, ma si sia messo in luce con squadre non di primissimo piano (il Leeds di fine anni 70’ non puo’ definirsi tale) contribuisce alla splendida e per certi versi affascinante figura del centrocampista dinamico ma tecnico di Edgware.
Nato infatti in quel sobborgo londinese il giorno di capodanno del 1950, il piccolo Tony vive un infanzia non semplice: il padre lascera’ la famiglia dopo pochi anni dalla nascita, e sara’ lo zio ad occuparsi di lui. Lo Shed di Stamford Bridge ospita spesso i due, entrambi ammirati dalle prodezze di Jimmy Greaves e Bobby Tambling, icone dei blues di quel periodo. Tony gioca bene al calcio, ma i club professionistici della sua area non se ne accorgono. Sara’ il Watford del suo futuro mentore Ken Furphy a proporgli un contratto nell’estate 1967, prima da apprendista e poi da professionista. Furphy, player manager degli Hornets, club di 3° divisione, ne intravede le enormi potenzialita’: lo plasma e lo educa tatticamente, trovandogli la piu’ idonea collocazione in campo per le sue caratteristiche. Currie e’ un grande faticatore in mezzo al campo, ma, collocato appena a ridosso dei due attaccanti, riesce a dare il meglio di se’, grazie ad un “ultimo passaggio” di classe cristallina ed un tiro dalla distanza mortifero. 
Nel suo primo campionato da professionista, a soli 17 anni, con la maglia gialla del Watford sigla 9 reti e colleziona 17 presenze. Arriva immediata e logica conseguenza la proposta di un club di maggiore rilievo, seppur di Second Division: lo Sheffield United. Per £27.500 il diciottenne Tony si trasferisce al Bramall Lane: e’ la conferma del suo ingresso nel grande calcio, una proposta irrinunciabile. Currie impersonifichera’ la resurrezione del club biancorosso dello Yorkshire, che nel 70-71 centra la promozione in First Division grazie soprattutto alle brillanti e continue prestazioni del biondo centrocampista londinese. 
Le stagioni a Sheffield (alla fine saranno 8) maturano il ragazzo e ne risaltano l’acume tattico. Conseguentemente i grandi clubs dell’epoca iniziano a bussare alla porta dello Sheffield United e sara’ cosi’ per tanti anni. 

Ma Tony non approdera’ mai ad un grande club, anche se non sempre per propria scelta. Per sua postuma ammissione preferi’ sempre sentirsi importante nel proprio club piuttosto che uno dei tanti, cioe’ “un pesce grande in una vasca piccola”. Personalmente ho sempre ammirato questa scelta, sinonimo di personalità e attaccamento alla maglia che si indossa. Currie arriverà anche in nazionale (17 caps) indipendentemente dalla maglia di club indossata e sara’ per sempre uno degli idoli piu’ amati dei fans biancorossi di Sheffield. 
Fu ribattezzato il Gunter Netzer inglese per la netta somiglianza di gioco con il grande centrocampista teutonico e per la piu’ lieve somiglianza fisica. La sua innata timidezza fuori dai campi di gioco fu tuttavia un piccolo limite per la sua carriera. Molto introverso e taciturno, Tony, al limite del triste, (Bowles, suo compagno in nazionale ricorda che non rideva quasi mai) probabilmente non si rese mai conto pienamente del talento innato che possedeva. Ma in campo si trasformava: ed aveva atteggiamenti nettamente contrastanti con il suo carattere, quasi istrionici. Una sorta di dottor Jekyll e Mr.Hyde. Esempio classico di come il nostro eroe si trovasse molto piu’ a suo agio con la palla tra i piedi che in mezzo alla gente.  Un altro grande limite di Currie furono i tanti, troppi infortuni che ne limitarono in parte le potenzialità; ma il suo modo di giocare era troppo generoso per essere immune da incidenti. Il 6° posto del 1974/75 fu il picco piu’ alto, sia dello Sheffield Utd, che di Currie, a livello di First Division. La storica partecipazione alla Coppa UEFA svani’ all’ultima giornata con uno 0-0 a Birmingham contro il City. 
Nell’Agosto del 76 Tony approda al vicinissimo Leeds United., ormai squadra lontanissima dai fasti degli anni precedenti, con l’ enorme responsabilità di non far rimpiangere i vari Bremner o Giles. Ma in maglia bianca Currie non lascera’ segni tangibili: tre stagioni costellate da infortuni e delusioni, accentuate dal declino lento ma inesorabile del club di Elland Road. Problemi di famiglia e la conseguente necessità di tornare a Londra, lo indussero ad accettare le proposte del Queens Park Rangers di Tommy Docherty, ma anche a Loftus Road, Tony, perseguitato da un malanno ad un ginocchio e da una caviglia in disordine, non riuscirà ad offrire il meglio di sè. Tuttavia, pur con una sola gamba, porto’ i Rangers alla finale di FA Cup del 1982 contro gli Spurs, ove fu capitano e protagonista sfortunatissimo. 
Nella finale, una punizione di Hoddle lo colpi’ in barriera e devio’ imparabilmente la traiettoria della palla che fini’ in rete. Nel replay (1-1 dopo la prima gara…bei tempi..) commise il fallo da rigore che sanci’ la vittoria del Tottenham. Non sempre, come sappiamo, le carriere degli eroi pedatori, soprattutto in Gran Bretagna, sono giudicate sulla base di vittorie e sconfitte. 
Currie e’ stato un idolo dei suoi tifosi, indipendentemente dalle vittorie.
di Fabrizio Miccio, da "UK Football please"

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