25 luglio 2025

"INGHILTERRA. Tutto quello che c'è da sapere" di Noah Gil-Smith, 2025

Intraprendi un viaggio coinvolgente attraverso i paesaggi accattivanti, la ricca storia e la vibrante cultura dell'Inghilterra con il nostro libro completo di solo testo. Dagli antichi misteri di Stonehenge alle vivaci strade di Londra, ogni capitolo scava in profondità nel cuore e nell'anima di questo affascinante paese, offrendo ai lettori una comprensione sfumata del suo passato, presente e futuro. Scopri i segreti dei castelli medievali dell'Inghilterra, ripercorri le orme di giganti della letteratura come Shakespeare e Dickens ed esplora la vegetazione lussureggiante dei suoi parchi e giardini nazionali.

Che tu sia un appassionato di storia, un appassionato di cultura o semplicemente un viaggiatore in poltrona desideroso di esplorare nuovi orizzonti, questo libro è la tua guida essenziale per tutto ciò che riguarda l'Inghilterra. Immergiti nei luoghi, nei suoni e nei sapori di questo paese vario e dinamico e scopri le storie che hanno plasmato la sua identità nel corso dei secoli. Perfetto per chiunque sia desideroso di esplorare le meraviglie dell'Inghilterra senza alzarsi dalla poltrona, questo libro è un'aggiunta indispensabile a qualsiasi biblioteca o libreria. Si prega di notare che questo libro è un testo puro e non contiene immagini.

24 luglio 2025

"VESTIVAMO ALLA PAUL MARINER" di Christian Giordano

Comincia a giocare dalle sue parti, nel Lancashire, al Chorley, club dilettantistico di non-League, prima di essere ceduto al Plymouth Argyle per quattro soldi nel luglio 1973. Poche settimane della nuova stagione e Paul Mariner ha già rubato il posto a Jimmy Hinch, mettendosi in luce come uno dei migliori attaccanti della Third Division. Nel 1975-76, in coppia con Billy Rafferty trascina l’Argyle alla promozione in Second Division. 

Su di lui mettono gli occhi club di First Division quali Ipswich Town, West Bromwich Albion e West Ham United, ma è di Bobby Robson, nell’ottobre 1976, la padriniana offerta che il club del Devon non può rifiutare. Con sette gol in dieci giornate di campionato, Mariner stava già dimostrando di saper segnare in Division Two come faceva in Division Three, e così l’Argyle ne accetta la valutazione fatta dall’Ipswich: 220.000 sterline più i cartellini di Terry Austin e John Peddelty.La grande considerazione in cui Robson teneva Mariner al club continua quando il futuro Sir Bobby lascia l’Ipswich per la nazionale inglese, sogno che grazie a lui Paul realizza sei mesi dopo l’arrivo al Portman Road e che si spezzerà dopo 35 presenze e 13 reti.Al primo anno coi Blues, in 31 partite segna 13 gol compresa la tripletta nel 4-1 casalingo sul West Ham United. Nel 1977-78, con 22 reti è il miglior marcatore dei suoi e si porta a casa il pallone firmando un hat-trick nel 6-1 esterno sul Millwall nel sesto turno di FA Cup. Campagna chiusa in gloria con l’1-0 in finale sull’Arsenal. Guida la classifica marcatori anche nel 1978-79 e nel 1979-80, annata conclusa con la tripletta nel 6-0 sul Manchester United. 

Nelle ultime tre stagioni al Portman Road bolla sempre meno, ma ha in carniere 131 gol in 339 partite quando, nel febbraio 1984, firma per l’Arsenal e 150.000 sterline. Già nella fase discendente della carriera, ad Highbury vive i suoi anni migliori; e nell’agosto 1986, dopo aver timbrato 17 volte in 70 uscite coi Gunners, va a svernare al Portsmouth. Alla prima stagione al Fratton Park riporta i Pompey in First Division, traguardo che il club inseguiva da quasi trent’anni.

Divorziato dal 1989 e unitosi in seconde nozze con Dedi (dalla prima moglie Alison, sposata nel 1976, ha avuto tre figli), dopo il ritiro prova per un po’ a fare il “commercial manager” del Colchester United prima di allenare i ragazzini in Giappone come membro di un programma tecnico internazionale organizzato da Charlie Cooke. Prima di metter su un’agenzia di rappresentanza di calciatori, lavora anche come opinionista alla BBC Radio Lancashire nel Friday-night Non-League Hour, talk-show del venerdì sera dedicato al calcio minore. Ma il richiamo del campo è troppo forte. Dopo un breve ritorno in Inghilterra come istruttore alla Bolton School, rientra negli States per allenare le giovanili dell’S.C. Del Sol a Phoenix, Arizona. Nell’autunno 2003, diventa assistente allenatore alla Harvard University. Nel 2004, lo chiamano come secondo di Steve Nicol, ex difensore del Liverpool e della nazionale scozzese, i New England Revolution della Major League Soccer.Un mese fa, le voci di un suo ritorno a casa, come vice se non capo allenatore, al Plymouth Argyle, in ambasce nel Championship, la cadetteria inglese. Voci corroborate dalle sue dimissioni del 17 ottobre e presto confermate: già l’indomani gli viene affidata la panchina di head coach del suo vecchio club, con Paul Sturrock che resta come manager. Il cerchio si chiude là dove tutto era cominciato.
di Christian Giordano, da http://footballpoetssociety.blogspot.com

22 luglio 2025

"HAALAND. L'attaccante più forte del mondo" di Francesco Pietrella (Diarkos), 2025

Se dieci anni fa qualcuno avesse detto che l’attaccante più forte del mondo sarebbe stato un ragazzo norvegese del 2000, probabilmente avremmo riso di gusto. Eppure Erling Braut Haaland, nato a Leeds ma cresciuto a Bryne, città di 15 mila abitanti nel sud della Norvegia, oggi è il numero 9 più devastante in circolazione. Un futuro pallone d’oro. Nel 2023 ha vinto la Premier League con il Manchester City, la Champions League e la FA Cup, segnando 52 reti in 53 partite. Una macchina ossessionata dal gol. Un robot fabbricato per il calcio. A Dortmund aveva una casa con un piano adibito solo all’allenamento. Quando i suoi amici andavano a trovarlo, lui – comunque – ritagliava almeno un’ora di tempo per allenarsi. Ma come e dove nasce l’attaccante perfetto? Il segreto è lo Jaerhallen, il capannone dove Erling ha segnato i suoi primi gol. Si trova in Norvegia. Stava lì dalla mattina la sera, quel ragazzone biondo, e poi tornava a casa con le scarpe legate al collo, come Billy Elliot con quelle da ballo. Haaland è il presente e il futuro del calcio. Il duello tra lui e Mbappè, attaccante del Psg, sostituirà quello tra Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Francesco Pietrella scava alle origini di Haaland andando a cercare chi ha vissuto e giocato con lui, per scoprire com’era da bambino e da adolescente. Raccoglie le voci di chi l’ha visto crescere a Bryne, sbocciare a Salisburgo e consacrarsi a Dortmund, prima di lasciare la Germania e vincere tutto con il Manchester City di Pep Guardiola. Nel mezzo, anche un passato da bomber delle giovanili, con 9 gol segnati in una sola partita durante il Mondiale under 20. Un lungo viaggio sotto la superficie per rispondere a una domanda: come e dove nasce l’attaccante perfetto?

21 luglio 2025

UP the colors. "CELTIC GLASGOW. COME ON THE HOOPS" di Gianfranco Giordano

Glasgow è la più grande città della Scozia e si può considerare la capitale calcistica del paese, pur con tutto il rispetto per le squadre delle altre città che hanno scritto pagine gloriose di storia del football. Qui si è disputata la prima partita tra due squadre nazionali, 30 novembre 1872 sul prato dell’Hamilton Crescent, reti bianche tra Scozia ed Inghilterra e la Nazionale scozzese continua a giocare le sue partite in questa città. 
Il 9 luglio 1867 venne fondata a Glasgow la prima squadra di calcio scozzese, il Queen’s Park, negli anni seguenti cominciarono l’attività Rangers e Third Lanark nel 1872, Partick Thistle nel 1876 e Clyde nel 1877. In quegli anni di fine XIX secolo, i successi dell’Hibernian FC di Edimburgo ispirarono la comunità irlandese di Glasgow, in città e dintorni vivevano all’epoca 250.000 persone di origine irlandese, a fondare un club. A convogliare le forze fu Fratel Walfrid, un padre marista originario della contea di Sligo. Il 6 novembre 1887 si tenne una riunione presso la chiesa di St Mary’s a Calton, con l’intento di fondare una squadra di calcio, il cui scopo sarebbe stato quello di raccogliere fondi per la comunità più povera dell’East End della città. Durante la riunione vennero decisi denominazione e colori sociali, Celtic in onore delle origini dei fondatori, così come il verde ed il bianco colori dell’Irlanda. All’inizio l’Hibernian giocò diverse partite amichevoli con il Celtic e prestò anche alcuni dei sui giocatori al neonato club di Glasgow. 

Alla fondazione del Celtic avevano contribuito anche John Glass, un costruttore del Donegal, e Pat Welsh, un sarto dal passato non molto limpido. I due guardavano alla crescita del professionismo nel calcio inglese e nel 1888, senza l’approvazione di Fratel Walfrid e degli altri membri del direttivo del club, ingaggiarono otto giocatori dell’Hibernian offrendo loro un compenso economico, peraltro illegale. Le conseguenze per l’Hibernian furono catastrofiche ed il club di Edimburgo, privo dei giocatori migliori, andò vicino al fallimento. Il 28 maggio 1888 il Celtic disputò la prima partita ufficiale, un incontro amichevole contro i Rangers vinto 5-2, la prima rete venne segnata da Neil McCallum. All’epoca le partite tra i due club erano davvero amichevoli, la rivalità sportiva ed extra sportiva nacque più avanti, in questa occasione venne coniato il termine Old Firm. I Bhoys, la “h” venne aggiunta per una rappresentazione fonetica della pronuncia irlandese, scesero in campo con una maglia bianca con collo a camicia verde chiuso da laccetti, sul petto un ovale rosso con al centro una croce celtica verde, pantaloni neri e calzettoni neroverdi a righe orizzontali. Nella stagione 1889 e seguente la maglia divenne bianco verde a strisce verticali con collo a girocollo chiuso da bottoni, pantaloni neri e calzettoni neri come da uso dell’epoca. Nella stagione 1891/92 maglia quasi uguale con collo a girocollo bianco chiuso da laccetti, i pantaloni diventano bianchi mentre i calzettoni rimangono neri. Intanto il 20 agosto 1892 viene inaugurato il Celtic Park, stadio che ancora oggi ospita le partite dei Bohys, la terra per il campo arrivava dal Donegal. Dal 1893, e fino al 1898, il colletto diventa a camicia bicolore chiuso da bottoni, i pantaloni sono neri. Nella stagione 1898/99 colletto bianco a girocollo chiuso da laccetti, i pantaloni sono di nuovo bianchi.

Nelle stagioni 1901/02 e seguente il collo, sempre di colore bianco, è a camicia chiuso da laccetti, i pantaloni sono bianchi ed i calzettoni verdi. Il 15 agosto 1903, vittoria 2-1 contro il Partick Thistle, arrivano finalmente le righe orizzontali, gli hoops, che caratterizzeranno il Celtic fino ai giorni nostri. Era una maglia molto semplice, bianca e verde a righe orizzontali con collo a girocollo chiuso da tre bottoni, pantaloncini bianchi e calzettoni neri. Ci sono anche versioni con il collo chiuso da laccetti, nel corso degli anni compaiono risvolti verdi o bianco verdi sui calzettoni. Nelle stagioni 1919/20 e seguente il collo è a camicia di colore bianco, poi si torna alla versione precedente che rimane in voga fino alla stagione 1935/36, a partire dalla stagione 1932/33 i calzettoni diventano biancoverdi a righe orizzontali. Dal 1936/37, e fino alla fine del 1962 la maglia presenta un collo a camicia bianco chiuso da bottoni, i calzettoni sono verdi con due sole righe bianche. Dall’inizio del 1963 fino alla fine della stagione 1971/72 collo a girocollo bianco, i calzettoni nel frattempo sono diventati bianchi, la vera divisa del Celtic, il kit con cui gli Hoops vinsero la Coppa dei Campioni a Lisbona il 25 maggio 1967. Un successo storico, la prima coppa con le grandi orecchie vinta da un club britannico, in quella finale scesero in campo undici giocatori nativi di Glasgow e dintorni, anche l’allenatore Jock Stein era nato nei dintorni della città. In quella stagione il Celtic vinse tutte e cinque le competizioni a cui partecipò. Il primo aprile 1970 il Celtic gioca ad Elland Road la semifinale di andata di Coppa Campioni contro il Leeds United, entrambe le squadre hanno pantaloncini e calzettoni bianchi. L’arbitro, il tedesco occidentale Gerald Schulenberg, non solleva problemi per la maglia biancoverde ma impone agli ospiti di cambiare i calzettoni, gli Scozzesi non hanno al seguito abbigliamento supplementare e tocca ai padroni di casa intervenire prestando agli ospiti dei calzettoni di colore rosso arancio che davano al Celtic l’idea di indossare i colori della bandiera irlandese. 

Quindici giorni dopo toccò al Leeds United giocare con i calzettoni rosso arancio, per la cronaca il Celtic vinse entrambe le partite. Nella stagione 1972/73 compare il tipico collo a camicia chiuso davanti da un triangolo, il tutto di colore bianco, molto in voga nei paesi britannici in quegli anni. Nella stagione 1976/77 la maglia è invariata ma compare per la prima volta il logo del fornitore, la britannica Umbro, mentre nella stagione successiva compare lo stemma sociale che rimarrà per sempre sulle divise dei Bohys. Nell’autunno del 1979 compare un collo a V, completamente bianco, sulle divise bianco verdi, dalla stagione 1982/83 il bordo a V avrà una striscia verde in mezzo. Nella stagione 1984/85 arriva per la prima volta il logo di uno sponsor commerciale, la fabbrica di infissi e verande CR Smith che sarà sponsor del Celtic per molti anni. Nella seconda metà degli anni 80 le maglie cambiano ogni biennio e dagli anni 90, sempre per motivi commerciali, ci sarà una nuova maglia ogni stagione. Nonostante le maglie in continua evoluzione il Celtic è riuscito a mantenere uno stile sobrio e tradizionale, molto belle le maglie Umbro della metà anni 90, all’intermo delle righe verdi erano riportati il logo del fornitore prima ed il nome del club poi. Nel biennio 2001/2003 compare per la prima volta un inserto nero nel collo, riproposto in altre due occasioni nelle stagioni successive, questa è la maglia della finale di Coppa UEFA 2003 persa a Siviglia contro il Porto. Nel 2005, dopo trentanni, cambia il fornitore delle divise, si passa dalla Umbro alla Nike. L’azienda statunitense nei primi anni si mantiene in linea con la tradizione poi lancia due maglie un po’ diverse, nella stagione 2012/13 disegno classico e pulito ma con righe più sottili rispetto al solito, questa è la stagione del 125° anniversario del club, ricorrenza ricordata da un logo particolare, lo sponsor commerciale è molto più piccolo del solito, mentre nel biennio successivo le righe sono nuovamente spesse ma, viste da vicino, ogni riga è composta da sette righe verdi molto sottili. A questo punto è necessario aprire una parentesi sulla numerazione dei giocatori del Celtic. La prima squadra ad indossare maglie numerate è stata l’Arsenal nel 1928, su indicazione del manager Chapman, in Scozia i numeri divennero obbligatori per tutte le squadre nel 1950, per tutti ma non per il Celtic. Il segretario del club Robert Kelly si oppose alla numerazione, asserendo che i numeri sulla schiena avrebbero rovinato l’estetica della maglia, come dargli torto? Solo il 14 maggio 1960, in una partita contro lo Sparta Rotterdam, comparvero i numeri ma sui pantaloncini e non sulle maglie. Il 6 agosto 1960, partita a Sedan per un torneo amichevole, vennero proposti dei numeri gialli sulla maglia a cerchi, ma il risultato fu deludente così si continuò a giocare con i numeri sui pantaloncini, davanti e dietro di colore verde. Il 5 novembre 1975, per obbligo della UEFA, i numeri comparvero per la prima volta sulle maglie in una partita ufficiale, match di ritorno di Coppa delle Coppe contro il Boavista. All’inizio della stagione 1994/95 la Scottish Football League impose al Celtic di mettere i numeri sulle maglie, il club rispose all’obbligo inserendo i numeri sulle maniche ma dopo poche settimane, in seguito ad un’ulteriore specifica della SFL, i numeri vennero messi sulla schiena dei giocatori. Fino agli anni 70 il Celtic ha giocato molto raramente con una divisa alternativa, probabilmente veniva usata solo nel caso di partite con altre squadre che indossavano maglie a righe orizzontali. Dal 1910 fino al 1936 vennero usate maglie verdi, in alcuni casi con collo bianco e non mancarono righe orizzontali o V sempre di colore bianco. Eccezioni al verde nelle stagioni 1925/26, maglia completamente bianca, 1926/27, maglia a scacchi biancoverdi, e 1929/30, nuovamente maglia bianca. Dopo la seconda guerra mondiale, stagione 1948/49, venne usata una maglia bianca con collo verde a camicia e trifoglio sul petto, dalla stagione seguente e fino al 1964 vennero aggiunte le maniche verdi. Dal 1964/65 si tornò alla maglia verde con pantaloncini dello stesso colore, molto elegante la divisa all green. Negli anni 70 ed 80 vennero indossate perlopiù maglie di colore giallo o verde, eccezioni la maglia ner verde a strisce verticali dal 1973 al 1976 e la maglia bianca della stagione 1982/83. Molto apprezzate le maglie verde acqua con bordi verdi abbinate a pantaloncini e calzettoni verdi usate nel triennio 1983/86. Nei tempi moderni anche le divise alternative hanno avuto un continuo cambiamento ma i colori usati sono quasi sempre stati nero, giallo, verde e bianco. Per la stagione 2016/17 è stata proposta un’inusuale maglia fucsia come terza divisa, riprende il colore dei biglietti per la finale di Lisbona per ricordare i cinquantanni del trionfo europeo. La maglia dei portieri del Celtic fino ai primi anni 90 è sempre stata verde o gialla, venne usato anche il rosso con una certa frequenza negli anni 60 e 70. Negli anni 90, erano gli anni dei portieri vestiti come tubetti di Smarties, si perse la tradizione, recuperata negli ultimi anni in cui è stato inserito il grigio con una certa frequenza.

Sulla maglia degli esordi, 1888/89, era presente una croce celtica. Nella stagione 1925/26 sulla divisa da trasferta venne ricamato un trifoglio verde, sempre le origini irlandesi. Il trifoglio ritornò, solo sulle divise da trasferta, tra il 1948 ed il 1964. Lo stemma sociale venne introdotto in maniera definitiva nel 1977/78, un quadrifoglio verde in campo bianco circondato da un bordo verde importante con all’interno denominazione ed anno di fondazione del club. Nel 2007, per ricordare il quarantennale della vittoria di Coppa dei Campioni, piccolo restyling del logo con la denominazione rimpicciolita e l’aggiunta di una stella a sopra lo stemma. Nella stagione del centenario venne creato uno stemma apposito, una croce celtica a sormontare il quadrifoglio all’interno di un cerchio con le date a ricordare i cento anni di vita del club. Il quadrifoglio venne usato per la prima volta nel 1908 quando il presidente del club fece coniare una medaglia con un quadrifoglio, per premiare i giocatori che in quella stagione avevano vinto quattro trofei, Scottish League Championship, Scottish Cup, Glasgow Cup e Glasgow Charity Cup. Il logo con il quadrifoglio venne usato nuovamente nella stagione 1935/36, stampato sul porta abbonamento, negli anni successivi divenne lo stemma ufficiale che accompagnava le pubblicazioni del club.

Nel catalogo HW del Subbuteo il Celtic è il numero 25, classica divisa a cerchi bianchi e verdi con calzoncini e calzettoni bianchi. E’ presente anche la versione da trasferta di metà anni 70, numero di catalogo 78, la maglia a strisce verticali nere e verdi con calzoncini e calzettoni neri. di Gianfranco Giordano, (thank you to https://www.kitclassics.co.uk)

18 luglio 2025

"BOB PAISLEY. L' artefice del dominio del Liverpool" di Roberto Sabbie (Urbone), 2025

In questa avvincente biografia, scoprite la straordinaria storia di Bob Paisley, l'uomo che trasformò il Liverpool Football Club in una potenza del calcio mondiale.
Da umile figlio di un minatore a leggendario manager, Paisley guidò il Liverpool a un'epoca d'oro senza precedenti, conquistando sei titoli di First Division, tre Coppe dei Campioni e una Coppa UEFA in soli nove anni. Attraverso interviste esclusive con ex giocatori, colleghi e familiari, questo libro offre uno sguardo intimo sull'uomo dietro il mito. Esplora la sua tattica innovativa, la sua abilità nel motivare i giocatori e la sua modestia disarmante che lo rese amato da tutti. Dai trionfi sul campo alle sfide personali, questa biografia cattura l'essenza di un uomo che rivoluzionò il calcio inglese, lasciando un'eredità che continua a ispirare generazioni di tifosi e professionisti. Un must per ogni appassionato di calcio e per chiunque sia interessato a una storia di successo straordinaria nata da umili origini.

15 luglio 2025

"LE TISSIER. Lo chiamavano LE GOD" di Ivano Brindisi (Garrincha Edizioni), 2025

"Le God". Icona dei Saints. Tutto si tiene. Un fisico strano, capace di movimenti sinuosi, bellissimi. Un' andatura caracollante ma in grado di produrre giocate incredibili. Matthew Le Tissier, dall'Isola di Guernsey a Southampton, nell'Hempshire. Ivano Brindisi ci conduce nel viaggio di un calciatore di classe sopraffina che ha legato la sua carriera, la sua vita, ad un'unica squadra, riempiendo gli occhi di una città "periferica" del calcio inglese, di una bellezza che resta, unica. Eterna.

14 luglio 2025

"ALAN GROVES. UN TALENTO NON VALORIZZATO" di Gian Paolo Manfredini

ALAN GROVES (24 October 1948 – 15 June 1978)
"A sad, a sad day for those fans who enjoy the unpredictable, the unorthodox and the unconventional'.

Sono queste le parole di commiato a seguito della improvvisa morte per arresto cardiaco di Alan Groves centrocampista di 29 anni nato a Southport Mersyside.
Chi è stato Alan Groves? Pochi lo conoscono perchè non ha calcato grandi palcoscenici, ma forse per la morte prematura o per aver vissuto il periodo calcistico dei 'mavericks' tanti lo ritengono superiore a Robin Friday come 'best player you never knew..".
Fisico possente, oltre 6 piedi di altezza e nonostante la carnagione chiara con i suoi capelli afro e le perline al collo ricorda più un surfer che un suddito di sua Maestà.
Gioca a centrocampo con spiccate propensioni offensive si avvicina al football professionistico a 20 anni. Ignorato dal club della sua città lavora come camionista e gioca in un club di amatori il BLOWICK FC prima che il Southport noti il suo ritmo e la sua forza di gioco. Solo 14 partite in 2 anni poi nel 1971 se ne va agli ambiziosi rivali del Chester City. L'anno dopo raggiunge uno dei superstiti di Monaco Harry Gregg in Third Division allo Shrewsbury.
Nel 1973 Groves firma per Bournemouth dove gioca davanti ad un pubblico di 20.000 spettatori ed ha come compagno di squadra Harry Redknapp il quale attonito ricorda: un giorno mentre scendiamo dal pulman a Chesterfield per una trasferta una ragazza avvicina Alan e gli dice "Eccoti qua maledetto! prendilo" e gli consegna il suo bambino e se ne va. Alan non fa una piega, consegna il bambino ad alcuni fans perchè lo custodiscano durante la partita poi lo porta con se in pulman al ritorno. Lo affida ai suoi fratelli che lo adottano a Portland Bill dove abitano. Non lo dimenticherò mai. Ma al Bournemouth le cose non funzionano e Hartley manager della squadra lo vende all'Oldham. Dopo poco il Bournemouth gioca a Boundary Park perdendo 4-2 con goal di Groves. Sempre Redknapp ricorda: "Ad un certo punto Alan si sposta con la palla sulla fascia e comincia a scartare tutti quelli che cercano di contrastarlo finchè non arriva nei pressi della panchina e calcia una fucilata addosso ad Hartley il manager che lo aveva cacciato."

Nella grigia cittadina di Oldham con i suoi capelli afro e il suo fascino porta un po' del glamour di Kings Road aprendo la sua boutique e contribuisce a costruirsi la fama di 'George Best' locale, in campo e fuori..
Nei tre anni ad Oldham incanta il pubblico con le sue giocate, i suoi dribbling e le sue invenzioni. Durante una partita contro il Bristol City si prende gioco dell'intera squadra avversaria fingendo durante un'azione di allacciarsi le scarpe per poi ripartire e segnare con una cannonata dalle 20 yarde. Un artista prestato al calcio capace di inventarsi sul momento le giocate più fantasiose o imprevedibili. Come quando avvicinandosi ai ragazzini che seguono la partita a bordo campo gli chiede come vorrebbero che dribblasse gli avversari.
Nonostante la classe, le giocate ed il resto non si è ai tempi dell'informazione globale, i suoi dribbling non vanno su YouTube e Sky o chi per lei non trasmette gli highlights e pochi lo notano. Solo l'Arsenal fa un timido tentativo che l'Oldham respinge avendo in mano il giocatore (non certo come adesso..).
E tanto per non restare anonimo il 18 Settembre 1976 sposa la sua ragazza Debbie. Niente di strano senonchè Debbie ha appena compiuto 16 anni. L'unione desta scalpore e titoli di giornali che aumentano quando il comune gli ordina di rimandare a scuola la sua 'figliola' per terminare gli studi. Alan si rifiuta dicendo che sapendo quando è stata combattuta la battaglia di Hastings non farà di Debbie una moglie migliore. 
Naturalmente si va in tribunale e il padre di Debbie Huxley viene condannato ad un'ammenda di £5, ma Alan non cambia idea e a chi gli chiede se così facendo non ostacola la crescita intellettuale di Debbie egli risponde che ha sposato una donna e non un intellettuale. La saga raggiunge il vertice quando durante il quinto turno di FA Cup la Kop a Liverpool gli canta 'Only Sixteen' di Sam Cooke. I Latics perdono, ma la coppia vince la causa e Debbie dichiara "odio andare a scuola, ho imparato di più in questi mesi che in tutti gli anni di scuola".
L'esperienza a Boundary Park è al termine ed Alan viene ceduto nel 1978 per £35.000 al Blackpool sperando che sia il gradino per raggiungere il top level che gli si addice. Ma la squadra non gira e termina il campionato facendo 5 punti nelle ultime 11 partite e pensando di essere al sicuro si imbarca per una tournee in Florida imparando là che i risultati dell'ultima giornata hanno portato la retrocessione del club.
Groves diventa subito un lusso per la Terza Divisione ed egli pensa di ritornare ad Oldham. Ma la mattina del 15 Giugno 1978 mentre egli sta dormendo nella sua casa di Oldham muore per arresto cardiaco. Sparisce un atleta figlio dei tempi di allora che incarna genio e sregolatezza di cui non sono rimaste immagini, ma solo i ricordi folgoranti dei fans e dei compagni. Un ennesimo caso di talento non valorizzato.
di Gian Paolo Manfredini

11 luglio 2025

10 luglio 2025

"MALCOM McDONALD. Questo è un lavoro per SuperMac" di Christian Giordano

Comincia la carriera da terzino nel Tonbridge prima di arrivare, nell’agosto 1968, al Fulham, dove Bobby Robson lo avanza a centravanti. Quando Robson se ne va, MacDonald cade in disgrazia e nell’estate 1969 viene ceduto al Luton Town per 30 mila sterline. In due stagioni agli Hatters viaggia a oltre un gol ogni due partite: 49 in 88 gare di campionato. Nel maggio 1971 il Newcastle United lo firma per 180 mila sterline, allora record del club. 

Nel Tyneside, Macdonald diventa l’idolo più grande dai tempi di Jackie Milburn. In uno dei suoi primi match coi Magpies (si dice “mègpìs”, non “megpàis”) rifilò una tripletta al Liverpool, e per tutte le sue cinque stagioni fu il miglior marcatore del Newcastle, segnando un totale di 138 gol in 258 presenze. Quando i Magpies raggiunsero la finale di FA Cup, nel 1974, andò a rete in tutti i turni della competizione, e l’anno seguente eguagliò il record realizzativo individuale con l’Inghilterra infilando una cinquina contro Cipro. Di conseguenza, l’intero Tyneside restò di sale quando, nell’agosto del 1976 per 333.333 sterline, lasciò St James’s Park per l’Arsenal. Nella sua prima stagione ad Highbury, con 25 gol vinse la classifica marcatori della First Division. Nel 1977-78 trascinò i Gunners alla finale di FA Cup, persa 1-0 contro l’Ipswich Town. La stagione seguente, dopo appena quattro partite, subì un serio infortunio a una gamba in una trasferta di Coppa di Lega contro il Rotherham United. 

Nel luglio 1979, a soli 29 anni, Malcolm Macdonald annuncia il ritiro. In poco più di due stagioni ad Highbury, aveva realizzato 27 gol in 107 partite fra campionato e coppe. Al Craven Cottage torna come dirigente di marketing, poi viene nominato allenatore. Nei suoi primi mesi in carica, tiene il club alla larga dalla zona-retrocessione in Fourth Division e nell’1981-82 guida il club alla promozione in seconda divisione.La stagione seguente per poco non porta i Cottagers alla massima serie, ma nel marzo 1984, in seguito a rivelazioni sulla sua vita privata, lascia il Fulham per gestire un pub a Worthing. Rientra nel calcio come manager dell’Huddersfield Town prima di trasferirsi, nel 1993, a Milano come impiegato nelle telecomunicazioni sportive. Per un periodo fa anche il procuratore calcistico e contribuisce a portare al St. James’s Park un suo assistito, la (presunta) stella brasiliana Mirandinha.Da allora è nel cosiddetto “after-dinner circuit” come speaker, oltre che commentatore per radio locali e columnist del nord-est dell’Inghilterra. Celebre il suo talk-show radiofonico sull’emittente Century FM intitolato "The 3 Legends". Con Supermac, le altre due leggende sono Eric Gates e Bernie Slaven.
di Christian Giordano, da http://footballpoetssociety.blogspot.com

8 luglio 2025

"TARTAN E RED DEVILS: Busby e Ferguson, due scozzesi che hanno conquistato Manchester" di Richey James Adamson (Urbone), 2025


Due uomini, due epoche, una sola visione: vincere, ma con stile.Matt Busby e Alex Ferguson non hanno solo allenato il Manchester United: lo hanno trasformato.
Scozzesi fino al midollo, portatori di un carisma ruvido e di una determinazione granitica, hanno
lasciato un’impronta indelebile su una città, un club e milioni di tifosi.
Questo libro racconta la loro storia intrecciata: le origini umili, le sfide epiche, le tragedie superate e i trionfi indimenticabili. Un viaggio tra tartan e trofei, tra tradizione e rivoluzione, tra Old Trafford e l’anima della Scozia. Per chi crede che il calcio sia molto più di novanta minuti.

6 luglio 2025

[BRIT MUSIC] “THIS IS IT, THIS IS HAPPENING” di Andrea Scarpellini

Da oggi il 4 luglio non ha piu' nulla a che vedere con la festa d'indipendenza americana
Da oggi il Big Bang non ha piu' nulla a che vedere con la relatività generale.
Da oggi il 4 luglio del 2025 è la data ufficiale del Big Bang di Cardiff

La frase comparsa sui maxischermi durante l'intro piu' noto degli ultimi 25 anni, (la potente Fuckin’ in the Bushes)  è semplice, diretta: “THIS IS IT, THIS IS HAPPENING ”.

Se seguite First Division masticate sicuramente l'inglese e  sapete benissimo cosa significa, ve lo scrivo anche in italiano, “Questo è, questo sta accadendo”

I Fratelli di Burnage sono tornati ma che tornassero con un'esplosione effetto Big Bang cosi' forte, cosi impattante, tanti probabilmente non se lo aspettavano...gli altri, io non avevo dubbi e non avevano dubbi tutti quelli che ieri hanno invaso Cardiff e che invaderanno Edimburgo, Manchester, Londra e Dublino. 

Sono queste le altre location che Liam&Noel toccheranno (oltre al red devil Bonehead che è rimasto per questi lunghi 16 anni amico di tutti e due, EROE), le città in cui si fa rock, dove si respira rock e dove si vive di quello. Le città in cui tutti i Lads delle squadre britanniche amano i Gallagher la loro Attitude, il loro storico rapporto con le Terraces, con la vita da pub, le Three stripes di Adi Dassler, tanto ci siete dentro anche voi che seguite First Division chi piu chi meno non vi nascondete. I Lads del football. Sono loro la fan base nel Regno Unito ed in Irlanda degli Oasis. Non c'è ne vogliano tutti quelli che si sono lamentati della mancanza delle date in Italia, a noi

“Mad Fer It” a noi con quella mentalità piace così.

Dalla mattina del 27 agosto del 2024 ne abbiamo sentite tante sulla leva emotiva e/o commerciale che ha riportato i Brothers a vivere nuovamente il palco insieme. In questa stagione radiofonica, al Monday Night On Air, ho assaporato le opinioni di addetti ai lavori, di artisti ispirati dalla Band di Manchester o di ascoltatori. I loro pensieri alla fine, nonostante qualche critica, le loro considerazioni erano sempre di grande affetto. Poi ci sono i detrattori...

    Noel ha sperperato tutto per colpa dell'ex moglie (l'insopportabile Sarah Mc Donald) dell'alcol (un po' in carne “The Chief” però) neanche fosse George da Belfast.

       Liam senza la percentuale alta delle royalties degli Oasis, gli servirà un gruzzoletto con qualche bel pienone dopo i fallimenti da solista. I FALLIMENTI DA SOLISTA??? Perdonateli perchè non sanno quello che dicono.

Tutto cosi fastidiosamente plausibile, per voi poveri detrattori ovvio. Poi a far da contro altare c'è la vita reale, ci sono loro. Noel fino alle 08.15 p.m del 4 luglio di Cardiff non ha mai avuto la mia simpatia perchè?

Semplice in questi 15/16 anni di separazione ho sempre avuto l'impressione che trattasse Liam (tramite social o tramite qualche legale avvoltoio di troppo, perchè di incontri pubblici in tutti questi anni ZERO), come l'ultimo degli scappati di casa, come se non fosse neanche cosi maestro nel suo lavoro. Liam si è difeso alla grande anche da solista ed ha sempre mostrato quel lato che da giovane spocchioso inglese non aveva mai mostrato: La dolcezza, l'empatia ancor di piu' con la sua gente.

Ci ha sempre creduto nella Reunion (non solo lui).

Vivo dal lontano 1994 le sue scorribande, mi sono nutrito di tutte le notizie, i gossip, le scazzottate, gli hotel distrutti (sennò che Rocker sei), il suo essere fottutamente inglese (nonostante le origini Irish), Liam è quello che ha sofferto di piu'. E' cosi!
E poi Noel, l'antipatia, la mia, non ha mai condizionato la personale considerazione nei suoi confronti. Lo amo da cantante e lo amo soprattutto da Songwriter (podio personale Lennon, Noel, Martin Gore). Rimane un Genio e l'ho ringraziato il 29 maggio, giorno del suo compleanno, scrivendogli:

“ C'e sempre stato un problema, che non stai sulle palle solo a me. E' decisamente comune la cosa. Ma le parole che hai messo in bocca al Bro'...beh io di questo te ne saro' grato per sempre ”.

Chissà se avra' mai letto il messaggio, chissà se avrà usato Google traduttore, chissà.
E poi si arriva alla sera del 4 luglio (come scrivevo qualche riga fa) ad un altro di Big Bang un po' piu piccolo questo nel mio cuore pero', uno switch vero, reale.
Noel è tornato umano. “Capito si? Non mi stai piu' sulle palle se la cosa puo' spostarti mate ”.

La sua commozione, il suo volto tirato, la sua mascella serrata di chi sta trattenendo lacrime di commozione.

The Chief, il Capo... si è sciolto portandosi appresso tutta una generazione allargata che va dai 20 ai 60 anni. Ed è stato bello bellissimo, anche per chi ieri sera (4 july 2025) non era in quel catino spettacolare del Principality Stadium (credetemi impianto straordinario, non amo troppi gli stadi grandi moderni ma questo cazzo, nel centro della Città cosi come piace a noi, una bolgia che sia Rugby, che sia football, che sia Rock. Ottima scelta)

E si è cambiata la Storia della musica rock per chi la studia o semplicemente per chi ne è appassionato. Il 4 luglio del 2025 non sarà piu' una data come le altre mettetevelo in testa.
“Questo è, questo sta accadendo”.

27 agosto 2024 08.00 a.m. UK time
“The Guns have fallen silent. The stars have aligned. The great wait is over” Le pistole tacciono, le stelle si sono allineate, la grande attesa è finita.

Dopo 11 mesi è successo veramente. Siete stati di parola. Ora liberi di fare nuovamente la storia. Grazie

P.S. Se il Monday Night On Air esiste è soprattutto grazie a voi due non ve lo dimenticate fottuti Citizens, ma è questa è tutta un'altra storia per una volta lascio passare.
di Andrea Scarpellini, Speaker radiofonico del Monday Night On Air – Radio Kaos Italy.

4 luglio 2025

"A EDIMBURGO CON IRVINE WELSH" di Andrea Pomella (Perrone Editore), 2023


È il 1966. Cinque ragazzini giocano a pallone sui prati di Muirhouse, tra le case popolari della periferia nord di Edimburgo. Due poliziotti li fermano per disturbo della quiete pubblica e li spediscono al tribunale di High Street. Uno di loro ha otto anni, suo padre è un ex portuale, sua madre fa la cameriera, si chiama Irvine Welsh. Mentre si becca la prima denuncia della sua vita, il piccolo Irvine ancora non sa che da grande diventerà uno scrittore, il più famoso di Scozia, quasi più famoso di un altro edimburghese nato un secolo prima di lui, Louis Stevenson. Le opere di Welsh, più che commedie, sono dei veri e propri romanzi politici, quasi tutti ambientati in una Edimburgo in cui il governo Thatcher ha spazzato via posti di lavoro, sindacati e ogni traccia di solidarietà sociale. A partire da Trainspotting ha fotografato il degrado e la follia della generazione perduta degli anni Ottanta, ragazzi per i quali l’eroina era l’unica alternativa al circolo vizioso casa-famiglia-lavoro.

3 luglio 2025

[DRESSERS] "LA STORIA DI HENRY LLOYD" di Alberto Di Candia

Henri Lloyd – Tradizione, Innovazione e Cultura: dal Mare alla Strada

Nata dal genio visionario di Henri Strzelecki e dal supporto imprenditoriale di Angus Lloyd, Henri Lloyd è molto più di un marchio: è un’icona britannica che dal 1963 ridefinisce il concetto di abbigliamento tecnico e lifestyle. Fondata in una cappella sconsacrata a Manchester, l’azienda ha attraversato oceani, decenni di moda e rivoluzioni giovanili, conquistando prima i mari e poi le strade.

Henri Strzelecki, ex soldato, – affettuosamente chiamato Mr Henri – arrivò nel Regno Unito dalla Polonia dopo la Seconda Guerra Mondiale, portando con sé decorazioni al valore e una visione chiara: realizzare capi che potessero proteggere i marinai dalle peggiori condizioni atmosferiche. La sua insoddisfazione per l’abbigliamento tecnico dell’epoca lo spinse a innovare: nacquero così giacche in Bri-Nylon, zip anticorrosione, chiusure in Velcro, cuciture nastrate a mano e il successivo uso del Gore-Tex.
  
Nel 1965 lanciò la Consort Jacket, fu il frutto di due anni di lavoro, un capo pensato per affrontare tempeste oceaniche, ma anche per accompagnare l’uomo moderno nelle sue sfide quotidiane , prima di allora, tutti i prodotti erano pensati come gusci tecnici, mentre la Consort fu la prima giacca imbottita. Indossata da pionieri come Sir Francis Chichester e Sir Robin Knox-Johnston, divenne presto leggenda, simbolo di avventura e ingegneria tessile.
A partire dagli anni ’80, Henri Lloyd cominciò a varcare i confini del mondo nautico per entrare nelle sottoculture giovanili, trasformandosi in fenomeno di stile globale. In Italia, furono i Paninari a far esplodere il culto della Consort Jacket, adottandola come simbolo di appartenenza e status, conquistando seguaci con la stessa intensità con cui il parka aveva fatto breccia tra i Mods nella Londra degli anni ’60.

I Paninari, subcultura milanese iconica degli anni ’80, si distinguevano per il look curato, colorato e 100% brand-oriented: Timberland ai piedi, calzini Burlington, Levi’s 501, felpe Best Company… e poi lei, la giacca Henri Lloyd Consort. Il design tecnico diventava improvvisamente cool. Il marchio britannico veniva reinterpretato con audacia e colore, anche grazie alla collaborazione con Olmes Carretti, che ridisegnò la Consort introducendo il colletto in velluto, le maniche raglan, la patch della Round the World Race e – soprattutto – oltre 50 varianti cromatiche ispirate all’India. Il risultato? Un’esplosione di stile che ridefinì il concetto di outerwear urbano.

Nel Regno Unito, la giacca fece breccia tra i casuals, i tifosi di calcio dallo stile impeccabile, tra gli acid ravers di Manchester e nelle file fuori dall’Hacienda. Henri Lloyd diventava parte dell’identità dei giovani delle terrace culture, comparendo anche al cinema (come in Football Factory, con Danny Dyer e Green Street con Elijah Wood).

Mentre la scena "Madchester" esplodeva, Henri Lloyd veniva ancora prodotto a Salford, in una cappella convertita su Manchester Road. I ragazzi in fila per un rave sembravano marinai pronti a salpare, vestiti con giacche pensate per l'oceano ma perfette per la giungla urbana.

Negli anni ’90, anche l’America scoprì Henri Lloyd. Nell’epoca d’oro dell’hip-hop, dove stile e autenticità erano tutto, i Sailing Jackets britannici divennero l’ennesima conquista della moda urbana. Soprattutto a New York, dove la cultura street ha sempre saputo reinterpretare con gusto capi tecnici – basti pensare agli stivali Timberland, alle felpe Champion o ai beanie Carhartt. Henri Lloyd si inseriva perfettamente in questa estetica: un capo robusto, autentico, destinato a durare. Forse è lo spirito da pionieri. O forse è solo la capacità di riconoscere un buon giaccone quando lo si vede.

Negli ultimi vent’anni, Henri Lloyd ha portato la sua visione a un nuovo livello, con partnership e innovazioni che hanno mantenuto saldo il suo DNA tecnico:Formula 1 & Premi: Partner ufficiale del team Brawn GP nel 2009; premiata con DAME Awards, il brand ha consolidato la propria reputazione nell’abbigliamento tecnico di alto livello
Linea Blue Eco: Prima collezione eco-sostenibile nel segmento nautico, precursore nel riciclo di tessuti ad alte prestazioni.

Nel 2019, viene annunciata una collaborazione iconica: Henri Lloyd × Oi Polloi che rivisita la Consort Jacket in stile vintage, celebrando il legame con la cultura urbana britannica e la nostalgia Paninara. La capsule collection celebra le radici funzionali del marchio ma con lo spirito delle strade di Manchester e della cultura street britannica. Il rilancio della Consort Jacket in chiave vintage – con dettagli storici ma colori e tagli rivisitati – è un omaggio a chi negli anni ’80 e ’90 l’ha indossata con orgoglio, nei pub, nei club, sugli spalti o in Moto in Corso Buenos Aires.


Ma l’innovazione non si arresta qui: nel 2020, Henri Lloyd si unisce al designer heritage Nigel Cabourn, dando vita alla capsule "Cabournisation" – una collezione che riprende capi d’archivio anni ’60 e ’70, miscelandoli con dettagli tecnici moderni. La capsule comprende giacche da vento, polo, felpe e accessori, realizzati con cura: zip anticorrosione, cuciture nastrate, tessuti resistenti e un tocco estetico contemporaneo. Il risultato è una Spray Jacket verde smeraldo e una Deck Jacket dallo stile “mid-century sailing” .

Da Manchester a Milano, dalla vela all’hip-hop, dalle passerelle alla strada: Henri Lloyd continua a navigare con la bussola dell’innovazione, sostenibilità e identità culturale.
di Alberto Di Candia, da https://dressersroma.com/it/blog

1 luglio 2025

"THE BRIT CODE. La guida definitiva alla cultura British e lo stile di vita londinese" di Ellie Alessandri, 2024

Immagina di passeggiare tra le strade acciottolate di Londra, di immergerti nei colori vivaci di un pub storico o di attraversare la confusione ordinata della metropolitana durante l’ora di punta. Il Regno Unito e la sua capitale, Londra, sono fatti di paradossi e dettagli che, per chi arriva dall’estero, possono sembrare a volte sfuggenti e altre irresistibilmente affascinanti. The Brit Code: La Guida Definitiva alla Cultura Britannica e allo Stile di Vita Londinese è pensato proprio per chi, come te, ha voglia di esplorare oltre le apparenze, di addentrarsi nei gesti, nei modi di fare e nelle particolarità che rendono i britannici unici al mondo.

Questo libro è una guida per imparare a comprendere, vivere e forse persino amare quel che può sembrare un insieme di abitudini contraddittorie: dall’umorismo pungente al rigore delle file, dall’arte della conversazione breve e indiretta alla sottile riservatezza che aleggia nelle interazioni quotidiane. Londra, infatti, è un concentrato di stili e valori in continua evoluzione, ma che mantengono sempre salde alcune tradizioni e peculiarità – in cui ogni dettaglio, persino un semplice Sorry, mate, ha un suo perché.
Nel corso di queste pagine, ti accompagnerò alla scoperta del complesso “codice” sociale dei britannici. Imparerai a evitare gaffe al pub, dove ogni pinta e ogni gesto sono regolati da un galateo non scritto, e a decifrare l’ironia con cui i londinesi affrontano la pioggia, il traffico e le lunghe attese. Scoprirai che dietro un’affermazione velata o un keep calm di circostanza si cela spesso un mondo di rispetto per la privacy, autocontrollo e consapevolezza del proprio spazio.

Questa guida è una lente d’ingrandimento sulle sfumature culturali che rendono Londra così inconfondibile. Che tu sia un viaggiatore curioso, un expat appena arrivato o un appassionato di tutto ciò che è brit, The Brit Code ti fornirà gli strumenti per capire e apprezzare una cultura affascinante, riservata ma, in fondo, generosa di piccoli piaceri e di preziosi insegnamenti.
Ti invito quindi a lasciarti trasportare in questo viaggio, a rallentare con una tazza di tè perfetto tra le mani e a scoprire cosa rende il britannico, britannico. Dopotutto, chi ha detto che comprendere un popolo non possa essere anche una splendida avventura?
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