24 novembre 2025

[MISTER FOOTBALL] "Gerry Harrison, il commentatore instancabile di ITV" di Roberto Gotta

Qualche mese fa è scomparso Gerry Harrison, 89 anni, telecronista di vastissima esperienza, attivo soprattutto, nel periodo della maturità, con Anglia Television, la rete locale di Norwich City e Ipswich Town, ma anche commentatore di cinque edizioni dei Mondiali di calcio per la ITV, l’alternativa alla BBC nata nel 1955.

Anche la sua vita, come quelle di tantissime persone che hanno vissuto anni meno comodi e logisticamente meno facili di quelli attuali, è piena di aneddoti e fatti curiosi, che qui riporto proprio come lettura leggera e significativa di un periodo in cui, appunto, ci si doveva arrangiare molto di più e i risvolti curiosi erano dietro l’angolo. Ad esempio, un giorno gli venne chiesto di scrivere l’articolo su una partita della Oxford University, cosa che fece con una certa ansia perché… quella partita la doveva anche giocare, come terzino sinistro, ruolo che ebbe anche nella tradizionale sfida contro Cambridge, giocata a Wembley. Nel periodo di passaggio tra un lavoro e l’altro fu inviato anche dal quotidiano Daily Express a seguire la guerra in… Vietnam , esperienza che - disse - gli fu utile quando per fare telecronache dovette salire scalette a precipizio in mezzo a tifosi ostili.

La sua carriera di telecronista ai Mondiali si aprì nel 1970 in maniera casuale, e le circostanze fanno davvero sorridere. Nel 1969 infatti la BBC aveva organizzato un concorso chiamato ‘Find a commentator’, in pratica un’audizione aperta a chiunque volesse diventare telecronista. L’idea fu di un nome noto, David Coleman, e il testo del bando, pubblicato dal settimanale Radio Times, diceva «pub e circoli sportivi sono pieni di gente che pensa realmente di essere migliore del telecronisti attuali, ma in realtà pochi capiscono il livello di specializzazione richiesto. Ora possono scoprirlo», frase che peraltro sostituendo ‘i social media’ a ‘pub e circoli sportivi’ varrebbe tuttora. 

I quasi 10.000 aspiranti furono sottoposti a una estenuante serie di provini in diverse città (Cardiff, Bristol, Leeds, Birmingham, Newcastle, Belfast, Londra, Manchester) che produssero 30 selezionati, chiamati a fare la telecronaca (fuori onda) di Irlanda del Nord-Inghilterra dell’indimenticabile Torneo Interbritannico, giocata pochi giorni prima. I migliori 12 furono poi portati a Wembley a commentare Inghilterra-Galles: sei fecero il primo tempo e sei il secondo, e i sei finalisti furono presentati la sera del 22 maggio durante un’edizione speciale del programma Sportsnight, condotto proprio da Coleman. Tra i membri della giuria c’era Alf Ramsey, Ct della nazionale, e pensate se accadesse oggi in Italia, con Gennaro Gattuso (o Luciano Spalletti o chiunque sia stato Ct) a giudicare l’operato di un telecronista. 

Pare tra l’altro che Ramsey non gradisse per nulla la presenza tra i sei finalisti di Ian St.John, attaccante scozzese (ahia) del Liverpool e già avviato ad una carriera radio-tv: fu convinto a fatica ad accettarla, dopo aver addirittura minacciato di rinunciare a farsi intervistare dalla BBC ai Mondiali dell’anno successivo. Il vincitore fu un gallese, Idwal Robling, ex nazionale dilettanti, che fu poi parte della squadra BBC a Messico 1970 ed ebbe una bella carriera con la BBC in Galles. E Harrison, da cui è partito questo racconto in attesa del tè? Arrivò terzo, ma presto, grazie alle immagini dello spezzone di partita che aveva commentato, venne chiamato da Anglia Television, branca locale di ITV. E pochi mesi dopo ai Mondiali andò pure lui, perché ITV ottenne i diritti in parallelo alla BBC e lo assegnò alle partite dell’Italia nel girone. 
In Messico, però, rischiò di essere travolto dalla folla, ma non per le sue cronache: un giorno infatti un addetto dell’hotel in cui Harrison soggiornava vide che una stanza era prenotata da ITV a nome di ‘G.Harrison’, pensò che si trattasse di GEORGE Harrison, il batterista dei Beatles invitato speciale dalla rete, lo disse ad alcuni amici e tempo poche ore davanti all’albergo si radunò una folla di fan del gruppo inglese.

Ma non finisce qui, la storia di Harrison, che ha a che fare anche con un cane e un taxi. Ne riparliamo la prossima volta, sempre davanti a un tè.

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