15 dicembre 2025

"A BRISTOL CON BANKSY" di Andrea Lucarini

Quando gli italiani parlano dell’Inghilterra si menzionano quasi sempre le stesse città: Londra, Manchester, Liverpool, le tre regine del calcio e della musica, oltre che nel turismo.

Se ci si sposta a sud-ovest c’è invece Bristol, un altro grande centro, importante per la vivacità culturale e artistica, polo universitario, con una popolazione di poco inferiore a Liverpool e poco maggiore rispetto a Manchester, considerando solo l’agglomerato urbano.
La sua posizione strategica che in anni passati l’aveva resa regina dei commerci a causa del suo porto, è ora, in tempi in cui i viaggi per svago sono diventati così rilevanti, meta di passaggio per raggiungere la più nota e instagrammabile Bath, con le sue terme, i suoi sampietrini romani e i suoi scorci da favola.

La sottovalutata Bristol è un luogo dalle mille sorprese e invenzioni: è la prima delle trentacinque città nel mondo con quel nome, ha la maggior produzione al mondo di mongolfiere, è lì che sono state inventate le sorprese dell’uovo di Pasqua, da Bristol ci sono stati i primi lanci di bungee jumping (dall’iconico Suspension Bridge), il 25% dei documentari sulla natura girati nel mondo sono prodotti proprio in città e l’orario della città si discosta di dieci minuti rispetto a quello di Londra. Un gesto che fa notare il desiderio di unicità degli abitanti. Visto che l’orario ufficiale inglese è preso dal meridiano di Greenwich, e loro si trovavano ad ovest rispetto a quel luogo, hanno deciso di discostarsi.
Nonostante la rivoluzione industriale e la conseguente introduzione del treno li abbia costretti a uniformarsi all’orario del resto della nazione per ovvi motivi, se si passa dalle parti del mercato di Saint Nicholas, in pieno centro, fuori dall’edificio The Exchange a Corn Street, l’orologio con l’orario locale fa ancora bella mostra di sé, con tanto di spiegazione e rivendicazione.

Ci sono stato la prima volta per un capodanno a basso costo, per avere l’occasione di vedere le opere di Banksy, l’artista misterioso (ma non così tanto da quelle parti, come spiego nel mio libro “A Bristol con Banksy”) nelle vie per le quali era cresciuto e aveva cominciato a farsi un nome nel panorama della street art. Lo avevo scoperto tra libri, musei e collezioni private, ma mi sembrava irrispettoso visto che la sua arte era proposta sulla strada e per la strada.
Così, nel corso di piacevoli passeggiate ho trovato le sue opere principali e sono entrato in contatto con persone che non sono state meteore incontrate in vacanza e poi perse poco dopo, ma sono rimaste nella mia vita anche a distanza di anni.

I viaggi a Bristol si sono susseguiti senza sosta, più volte l’anno, e ho avuto modo di approfondire anche le realtà sportive locali. Mentre Bath è la patria del rugby, tanto da aver vinto di recente la Champions League di quello sport, Bristol è più calcistica e divisa tra due colori, come nel calcio balilla: i rossi del Bristol City e i blu (e bianchi) del Bristol Rovers.

Le due squadre non sono abituate alla massima serie e in anni recenti galleggiano tra la First Division e la League Two, i derby sono rari e più noti per gli scontri tra tifoserie che per i contenuti tecnici. Il City ha un pettirosso come simbolo, frutto di un recente restyling che lo ha semplificato come è d’uso in questi anni, e vengono chiamati Robins, proprio in onore dell’uccello che li rappresenta.
Il Bristol Rovers, maglia a quarti bianco blu con fregi gialli, ha invece il logo stilizzato di un pirata (Barbanera d’altronde era di queste parti) e i suoi tifosi sono chiamati Pirates, ma più spesso Gasheads, dal soprannome che i rivali gli avevano dato per schernirli, visto che il loro storico stadio, Eastville, era vicino al gasdotto che colmava l’aria con il poco gradevole effluvio del gas. Orgogliosi delle loro origini, adottarono questo nomignolo inserendolo in canti e merchandising ufficiale.
Nonostante la mia simpatia per i Rovers, il secondo giorno in cui sia mai stato a Bristol mi sono ritrovato ad Ashton Gate, la casa del City. Una giornata incredibile e che non dimenticherò mai. Ma di questo potete leggere all’interno di “A Bristol con Banksy”, dove tra le altre cose potete trovare un lungo capitolo dedicato al calcio bristoliano, tante pagine dedicate alla musica del posto, tre interviste esclusive, approfondimenti sulle battaglie sociali dei cittadini del posto, indicazioni importanti qualora decidiate di visitare quella città e addirittura un capitolo dedicato a Cary Grant. Sì, l’attore da tutti considerato americano era di Bristol, e la sua vita fuori dal set era inimmaginabile.
di Andrea Lucarini

13 dicembre 2025

FIRST Division. Football & cultura britannica. Dove la storia del calcio inglese si scrive tra una pinta al pub, l'odore del Bovril e il brivido delle vecchie terraces.

12 dicembre 2025

"BRIAN GLENVILLE. Il giornalista inglese che sfidò il sistema" di Max Troiani

Brian Glanville (1931-2025) è stato un giornalista sportivo, romanziere e storico inglese. 
È considerato uno dei più influenti scrittori di calcio del XX e XXI secolo, un vero pioniere che ha elevato il giornalismo calcistico con uno stile letterario unico.

Per quasi trent'anni, Glanville è stato il rispettato corrispondente di calcio del Sunday Times e ha contribuito per oltre mezzo secolo alla rivista World Soccer
La sua esperienza non si limitava al Regno Unito: ha vissuto in Italia, collaborando con testate come il Corriere dello Sport e il Guerin Sportivo, e parlava fluentemente l'italiano.
Autore prolifico di circa 50 libri, le sue opere includono The Story of the World Cup, considerata la storia definitiva del torneo, e il romanzo The Rise of Gerry Logan (L'ascesa di Gerry Logan), spesso definito il miglior romanzo sul calcio mai scritto.

Era noto per la sua schiettezza e per le critiche severe al calcio moderno, che definiva la "Lega dell'avidità" a causa del denaro. Glanville ha lasciato un segno indelebile nel mondo del giornalismo sportivo, fornendo analisi profonde e una prospettiva critica che hanno plasmato il modo in cui il bel gioco viene raccontato.

A proposito del nostro Guerino, ci fu una lite tra il giornalista italiano Gianni Brera e l'inglese Brian Glanville negli anni '70, perché Glanville accusò Brera di non voler denunciare gli scandali nel calcio italiano. Glanville aveva scoperto e pubblicato prove di corruzione che coinvolgevano la Juventus e un arbitro straniero in una partita europea (Juventus-Derby County del 1973). 
Lo stesso si aspettava che Brera facesse lo stesso. Invece, secondo Glanville, Brera e il Guerin Sportivo scelsero la strada del silenzio. 
Lo scontro verbale che ne seguì fu aspro anche attraverso le pagine dei giornali e i due non fecero mai pace, nonostante questo Brian Glanville scrisse per il Guerin Sportivo in diverse occasioni, anche in anni successivi allo scontro.
di Max Troiani

"VIOLENZA NEGLI STADI E PREVENZIONE. Dal modello inglese a quello italiano" di Paolo Junior Mancini (Brè), 2025

Violenza negli stadi e prevenzione è un saggio dedicato in apertura a una analisi introduttiva di tipo sociologico del fenomeno Ultras e successivamente a un esame più dettagliato di quelle leggi ordinarie e non, che l’hanno colpito ma mai definitivamente annientato. Paolo Junior Mancini mostra una rara conoscenza di leggi, regolamenti, motivazioni e conduce per mano il lettore nell’analisi di un fenomeno socio-culturale vasto ed eterogeneo. Vengono trattati non solo la funzione aggregativo-sociale delle curve ma anche il divieto di assistere a manifestazioni sportive e gli obblighi che ne conseguono, il tutto messo a confronto con l’analoga esperienza degli Hooligans inglesi, anch’essi afflitti dal medesimo problema negli anni Ottanta e Novanta. Dopo aver tracciato un quadro storico delle misure introdotte in Italia nel corso del tempo, per esempio la tessera del tifoso e la normativa sugli striscioni, l’autore cerca di rispondere alle seguenti domande: come far sì che il calcio torni a essere uno sport popolare? Qual è oggi il modello più idoneo? È possibile in Italia porre definitivamente fine alla violenza negli stadi? Siamo sicuri che anni di continue riforme siano riusciti davvero a risolvere il problema?

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