Nel 1986 i Queen ottennero un successo planetario con uno tra gli album più iconici del loro repertorio. Solennità, ritmo e profonde emozioni come raramente vissute prima di allora dagli appassionati del rock made in Britain. Parlando di calcio, invece, fu Davie Cooper, più di qualunque altro, ad essere ispirato da un qualcosa di magico su un campo da calcio. Perlomeno in Scozia. La sensazione di stupore che i tifosi al di là del vallo di Adriano potevano sperimentare ogni qual volta gli si presentò l'occasione per dribblare, segnare la rete del vantaggio in una finale di coppa, beffare il portiere avversario su calcio di punizione o servire un assist illuminante rimane scolpita nella loro memoria a distanza di 30 anni dalla morte del nativo di Hamilton, Nato il 25 febbraio del 1956, il giovane Davie iniziò a dare i primi calci al pallone nella selezione della sua scuola. La posizione in campo era e rimase per tutta la sua carriera quella di ala. Negli anni '60 e '70, d'altronde, proprio due centrocampisti come Jim Baxter e Jimmy Johnstone si fecero strada nell'olimpo del calcio scozzese. Il mito si alimenta nell’emulazione.
Quando i tempi diventarono maturi, il Clydebank FC gli concesse la possibilità di entrare nel mondo del calcio giovanile. Durante la trafila nelle squadre Under 16 e Under 18, Cooper mise in evidenza tutte le sue potenzialità. In quegli anni, la partecipazione con la Scozia ad una youth edition del torneo Home Nations lo consacrò tra i migliori talenti in circolazione nel panorama scozzese. Rangers, Motherwell, Clyde, Coventry City e Crystal Palace si interessarono a lui ma alla fine i Bankies riuscirono a tenerselo stretto. L'estate del '74 segnò l'inizio della sua carriera da professionista. Il 10 Agosto, a diciotto anni compiuti, arrivò il tanto atteso debutto in prima squadra: Clydebank 0 - Airdrie 4. Non esattamente un inizio memorabile. Per scalfire la determinazione di quella giovane promessa baciata sulla fronte, e sul mancino, dagli dei del football ci voleva ben altro però. In quella stagione, tra alti e bassi, giocò 29 partite realizzando 5 reti. Nella stagione 1975/76 il giovane Cooper fu tra i migliori del Clydebank giocando in ogni partita e mettendo a segno 22 reti. Il suo contributo fu decisivo nella conquista della promozione. I tifosi e gli addetti ai lavori dei Bankies non furono però i soli a rendersi conto della crescita esponenziale del talento cristallino del ragazzo. I Glasgow Rangers, infatti, l'8 Giugno del 1977, trasferirono 100.000 sterline sui conti della dirigenza biancorossa portando il 21enne ad Ibrox Park. La leggenda di colui che ben presto diventerà "Super" Cooper ebbe inizio. La stagione 1977/78 fu la sua prima con la casacca red, white and blue. Quello sì che fu un inizio col botto: treble domestico, giocando 52 partite su 53 e mettendo a segno 8 gol di cui uno direttamente da calcio d'angolo. Il mancino aveva letteralmente stregato il popolo dei Teddy Bears che ormai non ne potevano più fare a meno. "Davie! Oh, Davie Cooper! Oh, Davie Cooper on the wing!" era il grido unanime che si alzava dalle tribune con lui in campo. Quei Rangers, comunque, erano composti da mostri sacri come lo storico capitano John Greig, la sgusciante ala Tommy McLean, il jolly Derek Jonhstone, in campo nel 1972 ad appena 18 anni nella finale di coppa delle coppe a Barcellona vinta dai Lightblues, la roccia difensiva Tom "Jaws" Forsyth, Derek Parlane e il grande Sandy Jardine. In panchina sedeva Jock Wallace, tra i manager più amati di sempre ad Ibrox. Big Jock era un burbero signore scozzese che, anche grazie alle sue tecniche di allenamento in stile Marines, riuscì a togliersi delle belle soddisfazioni. Fu proprio lui a volere a tutti i costi Coop ad Ibrox.
Nella stagione successiva, senza il generale a guidare la sua truppa, il titolo si spostò verso le parti di Celtic Park ma i Gers riuscirono comunque ad affermarsi vittoriosi nelle due coppe nazionali oltre che a dare vita ad una bella cavalcata europea, eliminando PSV Eindhoven e Juventus, e ad aggiungere alla bacheca trofei la Drybrough Cup, un torneo che comprendeva le top four della Scottish Premier League. Proprio nella finale di questa coppa, contro gli "auld" enemies biancoverdi, il numero 7 mise a segno una delle reti più incredibili mai viste in Scozia e non solo. Descriverla in modo da rendergli il giusto onore è alquanto difficile: ricevuto il pallone da un compagno che si trovava in prossimità della bandierina del calcio d'angolo, Cooper stoppò di petto il pallone con il difensore in marcatura per poi rapidamente farlo scivolare sul fido mancino e , coprendo con il corpo la sfera, si fece strada verso il centro dell'area palleggiando. Qui altri due difensori si scagliarono verso di lui ma con un sombrero sopra le loro teste riuscì a beffarli entrambi. A questo punto, a soli 5 metri dal portiere, riuscì a divincolarsi con un altro superbo sombrero dall'ennesimo difensore che tentò di fermare la sua corsa verso la gloria per poi appoggiare in rete con il portiere spiazzato. Un goal senza eguali nella storia dei Rangers che più avanti verrà giustamente votato dai loro tifosi come il più bello di sempre. A kind of magic.
Nonostante fosse tecnicamente una spanna sopra la maggior parte dei calciatori scozzesi dell'epoca, Davie mantenne sempre i piedi per terra dimostrandosi, oltre che un campione, anche un uomo umile. La stagione 1979/1980 segnò l'inizio del breve declino dei Rangers nella prima parte degli anni 80. In quella annata la squadra finì quinta, undici punti dietro i campioni dell'Aberdeen guidati da Sir Alex Ferguson. I tifosi non ebbero modo di gioire nemmeno nelle coppe domestiche e internazionali. Di fronte ad una situazione che presagiva nulla di positivo, l'unica certezza era Cooper.
Nella stagione 1980/1981, l'occasione per saziare l'incessante fame di successi di migliaia di tifosi lightblues si presentò nella finale di Scottish Cup contro il Dundee United tramandata ai posteri come "The Cooper final". A fine gara il tabellino reciterà: Rangers 4 -Dundee United 1. Coop, circondato da un tripudio di sciarpe e bandiere, firmò un goal, pregevole pallonetto dopo aver scaltramente approfittato di una disattenzione difensiva degli avversari, e due assist al bacio. Le stagioni successive continuarono ad essere deludenti sul fronte del campionato. Le offerte dall'Inghilterra per Cooper si fecere sempre più numerose ma il ragazzo in nessun modo volle allontanarsi da Ibrox. In quegli anni di transizione, infatti, continuò a deliziare i suoi tifosi con giocate spettacolari. Gli unici successi arrivarono in coppa di lega, dove i Rangers riuscirono ad imporsi tre volte. L'avvento di Souness come player-manager nel 1986 però riportò finalmente l'entusiasmo tremendamente atteso. Campioni affermati come i nazionali inglesi Woods e Butcher, giovani promesse destinate a grandi successi come McCoist, Durrant o Derek Ferguson e veterani come l'ex Man United Nicholl andarono a formare la squadra che riportò dopo 9 anni il titolo tra le mura amiche. Ovviamente Cooper fu protagonista anche in quella stagione, collezionando 48 presenze e 11 reti. Riuscì, inoltre, a lasciare il segno nella finale di coppa di lega vinta contro il Celtic con un goal e una prestazione sugli scudi.
Nella stagione dopo, 1988/1989, ottenne l'ennesima medaglia di League Cup, sette in totale, e sopratutto fu per la terza volta campione di Scozia. E' proprio alla fine di quella annata che le strade di Super Cooper e i Rangers si separarono. Avvicinato dai cronisti dopo il Testimonial match a lui dedicato dichiarò "I played for the team I loved". Tommy McLean, suo ex compagno ad Ibrox negli anni '70, una volta diventato il manager del Motherwell, non se lo fece scappare. Al Fir Park, Coop visse 4 stagioni e mezzo di intense emozioni contribuendo a riportare un trofeo nella bacheca degli Steelmen dopo 40 anni di digiuno. Quella Scottish Cup del 1991 deve aver avuto sicuramente un sapore particolare per lui, nonostante avesse già provato più volte l'ebrezza della vittoria nella sua vita precedente con la maglia dei Lightblues. Per chiudere in bellezza la carriera, tornò per un paio di stagioni nella squadra che gli diede la possibilità di realizzare i suoi sogni: Il Clydebank. Il ritorno del figliol prodigo venne accolto da tutta la comunità con caloroso entusiasmo. Il 7 Febbraio del 1995 finì la parabola calcistica di uno dei più grandi giocatori mai visti in Scozia e nel Regno Unito. 645 presenze e 95 goals complessivi con le 3 squadre alle quali ha legato il proprio nome e 22 presenze e 6 reti con la nazionale scozzese.
Sarebbe stato bello poter terminare di scrivere con un lieto fine ma la vita riserva talvolta epiloghi tragici. Il 23 Marzo dello stesso anno, Davie Cooper scomparve a causa di un’emorragia cerebrale avvenuta mentre filmava il giorno prima un video-coaching per giovani calciatori. La notizia della sua morte sconvolse l'intero paese. Il suo ricordo rimane vivissimo nei cuori di coloro che ne hanno potuto godere l'umanità e la classe calcistica. Le parole con cui Walter Smith si è espresso nei confronti di Coop sono emblematiche: "God gave Davie Cooper a talent. He would not be disappointed with how it was used."
di Leonardo Aresi
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