Stavolta andiamo a Sutton, sobborgo di Londra che ospita una delle più tradizionali realtà amatoriali del panorama inglese. Il Sutton United è fondato il 5 marzo 1898 dalla fusion di due importanti squadre giovanili, il Sutton Guild Rovers e la Sutton Association. Il nuovo club si comporta bene nelle locali competizioni giovanili e amatoriali, ma resta in un sostanziale anonimato fino al 1910, quando si iscrive alla Southern Suburban League, giocando le proprie gare su diversi campi della zona.
L’approdo al Gander Green Lane avviene una prima volta nel 1912; la prima partita è contro il Guards Depot in FA Cup, e gli U’s la vincono per 1-0 davanti ad 800 spettatori (numero di tutto rispetto). Dopo una breve emigrazione al The Find, il Sutton torna al Lane nel 1919, ed anche la seconda ‘inaugurazione’ è incoraggiante, un sonoro 4-1 ai danni del Green Old Boys.
Da quel momento il Lane sarà la casa degli U’s, teatro di tutti gli alti e bassi di un club che conquisterà uno status di primo piano nel panorama amatoriale. I primi ammodernamenti significativi arriveranno nei primi anni ’50, con la costruzione di un nuovo stand, cui segue nel 1962 il rifacimento dell’impianto di illuminazione per partecipare alla Isthmian League. Il record di affluenza per il Gander Green Lane è stabilito in occasione di Sutton vs Leeds, FA Cup 1969/70, quando sulle terraces si accalcano ben 14.000 persone. Tornando al campo, nel 1921 il Sutton è ammesso alla Athenian League, e dopo alterne vicende segna finalmente la propria presenza conquistando il campionato nel 1928. Negli anni ’30 il club si consolida come una forza crescente del calcio amatoriale, reputazione avallata anche dalle due semifinali (1929 e 1937) nella FA Amateur Cup. Nella prima occasione il Sutton è escluso dalla competizione per aver schierato due giocatori militanti anche nelle leghe del Sunday Football.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il calcio non si ferma ma viene ridimensionato nelle sue competizioni; il Sutton in ogni caso continua a progredire, grazie all’emergere di una delle leggende del club, il bomber Charlie Vaughan. Alla ripresa delle attività ‘normali’, stagione 1945-46, i suoi 42 gol consentono agli U’s di vincere nuovamente la Athenian League, ed a seguire la Surrey Senior Cup. Gli exploit di Vaughan non passano inosservati, ed il ragazzo finisce al Charlton, ma il Sutton continua a rimanere nell’elite amatoriale, distinguendosi per la spiccata progettualità della sua dirigenza.
Proprio in questo solco di crescita generale, nel 1953 la proprietà del club viene ristrutturata nella Sutton United Limited, e negli stessi anni è edificato un nuovo stand del Gander Green Lane. Si lavora con attenzione ed impegno sui giovani, ingaggiando uno staff di livello assoluto, fra cui spiccano i nomi di Jimmy Hill e Malcolm Allison.
Inizia l’epoca d’oro del club, a partire dall’avvento in panchina di George Smith che porta a riconquistare la Athenian League per la terza volta (1958) e la London Senior Cup nello stesso anno. Nel 1963, sotto la guida di Sid Cann (già vincitore da giocatore della FA Cup con il Manchester City), arriva anche la prima visita a Wembley, per la finale della Amateur Cup. Il Sutton perde 4-2 contro il Wimbledon (altra grande forza amatoriale dell’epoca), ma l’ascesa continua sotto forma di ammissione alla Isthmian League. Nel 1967 il Sutton conquista il primo dei quattro campionati di League, mentre la maledizione di Wembley prosegue nel 1969, stavolta la sconfitta è per mano del North Shields.
La fama nazionale arriva una prima volta nel 1970, quando gli U’s arrivano fino al 4° turno di FA Cup, dove affrontano il grande Leeds di Revie. Di fronte ad undici -dico- undici nazionali l’impegno e la buona volontà dei dilttanti del Sutton non bastano; il Leeds vince 6-0 ma resta il ricordo indelebile di una FA Cup-run raccontato ancora oggi dalle parti del Lane.
Nel 1974 Sid Cann è sostituito da Ted Powell (ex nazionale inglese), cui succedono diversi manager fino a Keith Blunt, che riprende il filo di un lavoro positivo.
Nel 1979 arriva addirittura un successo internazionale, l’anglo-Italiano conquistato a Chieti (2-1), ma nel 1981 la maledizione di Wembley colpisce ancora: terza finale (FA Trophy), terza sconfitta, stavolta da super-favorito contro il Bishop’s Stortford.
Per il resto il Sutton continua a vincere coppe di categoria (nel 1983 realizza addirittura un prestigioso ‘treble’), e nel 1985 arriva il titolo della Isthmian League. Non segue l’ammissione alla Conference per problemi legati allo stadio, ma nel 1986 il Sutton vince ancora il campionato e stavolta si aprono le porte della Conference, una sorta di Premiership per un club di queste dimensioni, un punto di arrivo di valore storico. Per non mancare ancora l’appuntamento, dopo la delusione del 1985 sono gli stessi tifosi a darsi da fare nell’estate successiva. Conquistato il titolo, un gruppo di volontari trascorre le vacanze a sgomberare travi e materiali di legno accatastati dietro una delle due porte, per fare spazio ad un nuovo stand in muratura. Completata a tempo di record la mini ristrutturazione, i volontari (volenterosi) trovano il tempo anche per posizionare la recinzione perimetrale e dipingere stand principale e spogliatoi.
L’impatto con la massima categoria (amatoriale) è estremamente positvo, l’impressione è che il Sutton possa addirittura porre le basi per il salto fra i professionisti, dato che infila una lusinghiera serie di piazzamenti di alta classifica, sotto la guida positiva e coraggiosa di Barrie Williams. La permanenza in Conference si interrompe invece bruscamente nella stagione 1990-91, dopo un’altra stagione tranquilla che degenera bruscamente nel finale, spezzando l’ascesa degli U’s. C’è però il tempo di segnare la vittoria record in trasferta per la Conference (9-0 al Gateshead), un memorabile 8-0 al Kettering e soprattutto l’insuperata impresa del 1989, quando il Sutton elimina dalla FA Cup il Coventry (terzo turno).

A tutt’oggi è l’ultima volta che un club non-league elimina dalla Coppa un club della massima divisione, ed è una storia nella storia che merita una parentesi speciale. Il Sutton inizia la sua avventura dal quarto turno di qualificazione, contro il Walton & Hersham; dopo un pareggio casalingo la spunta al replay, ed entra nel tabellone principale. La sorte è favorevole nell’assegnare al Sutton prima il Dagenham (vittoria per 4-0 al primo turno) poi l’Aylesbury United (vittoria per 1-0), ma soprattutto nel combinare il match più suggestivo del terzo turno, Sutton vs Coventry.
La partita il sette gennaio 1989, in programma c'è il 3° turno della FA Cup, tradizionalmente collocato nel primo sabato dell’anno. La Coppa è ancora al suo massimo appeal, vale quanto (e forse più) di un titolo nazionale, anche perché lascia ancora spazio ai sogni. Un sogno realizzato è sicuramente quello del Wimbledon, la Crazy Gang che detiene il trofeo dopo aver superato in finale il mitico Liverpool degli invincibili, con un’impresa che entrerà per sempre nel folclore del calcio inglese, e quindi l’attesa per un potenziale giantkilling è alta. Da parte sua il Coventry si presenta al terzo turno da club della massima divisione, che sfida alla pari le migliori squadre d’Inghilterra e ancora celebra la Coppa conquistata nel 1987. Nessuno può dunque ragionevolmente temere la trasferta sul campo del Sutton, quattro categorie più sotto nella piramide calcistica inglese, fuori dai ranghi professionistici.
Va detto che in quegli anni il Sutton si è fatto conoscere (nell’ambiente amatoriale) per il suo stile di gioco offensivo e tecnico, agli antipodi del ‘kick and rush’ imposto in quegli anni dall’epopea del Wimbledon ‘forward thinking, forward running and forward passing’ è il motto preferito da Barrie Williams; lo ripropone anche al Times, che lo intervista proprio il giorno della partita. ‘Proveremo ad attaccare il Coventry perché non conosciamo altro tipo di gioco’ -proclama – ‘d’altra parte dopo l’esperienza dell’anno scorso sappiamo cosa aspettarci. Avremo più spazio rispetto a quando giochiamo in Conference, tranne nella loro area. Abbiamo visto il Coventry tre volte e sappiamo che sono molto dotati fisicamente, anche se siamo abituati a questo tipo di calcio. La differenza maggiore è la classe individuale. Loro sono quinti in First Division, noi a metà classifica in Conference e questo dice tutto…’.
Dunque Williams non si fa molte illusioni, ma ha un obiettivo ben preciso: ‘La cosa più importante è fare onore al calcio non- League’…non immagina nemmeno quanto…Gli 8.000 che gremiscono il Gander Green Lane (2.500 sono tifosi del Coventry) assistono all’irripetibile spettacolo di una squadra di bancari, agenti assicurativi e mediatori immobiliari che impartisce una severa lezione di gioco e intelligenza tattica ad una delle migliori formazioni professionistiche del paese.
Per tutta la mattinata della partita, nel parco pubblico che costeggia il campo, gli uomini di Williams provano e riprovano gli schemi offensivi sui calci piazzati, avendo individuato proprio in questo fondamentale una debolezza degli Sky Blues. E immaginate quale soddisfazione
per il manager quando entrambi i gol che sanciscono il 2-1 finale arrivano proprio da calci piazzati, per merito di Rains e Hanlan. Certo, come in tutte le imprese c’è anche il contributo della fortuna: sul 2-1, l’assalto disperato del Coventry si infrange prima su una parata ‘impossibile’ e decisiva del portiere degli U’s (tipo quella di Zoff ai Mondiali del 1982, per intenderci…), poi su un ancora più incredibile triplo legno in mischia. E’ il segnale, gli dei del calcio tifano Sutton e conducono in porto l’incredibile vittoria degli U’s.
Sarebbe però ingeneroso identificare il clamoroso giantkilling (che il Times qualifica come il più memorabile risultato in FA Cup da quando il Wimbledon aveva espugnato il Turf Moor di Burnley per 1-0 nel 1975) solo con due occasionali calci piazzati. Williams sfrutta al meglio
le fasce, lanciando Stephens e Hanlan molto in profondità ad aprire la difesa del Coventry e mettere in mezzo cross sempre pericolosi. Eccellente anche l’organizzazione difensiva, con Regis & c. sempre tenuto lontano dalla porta difesa da Roffey.
Rains, che con il suo gol entra di diritto nell’Olimpo degli eroi della Coppa, ricorda così quel giorno: "Avevamo avuto sentore di cosa potevamo combinare un anno prima, portando al replay il Boro. Ma quando il sorteggio ci accoppiò al Coventry, tutto ciò che volevamo era evitare una brutta figura. La cosa bella fu invece che non li aggredimmo fisicamente. Nel
secondo tempo non facemmo nemmeno un fallo. Segnai il vantaggio da un corner di Stephens prima dell’intervallo. Ad inizio ripresa loro pareggiarono, ma Hanlan segnò quasi subito il 2-1. Al fischio finale, dopo nemmeno 30 secondi dopo il fischio finale il campo era invaso dai tifosi. Noi non volevamo perderci la scena, ma invece di restare nella mischia fingemmo di tornare negli spogliatoi per poi salire sulle tribune a goderci lo spettacolo dall’alto. Fu irripetibile, di gran lunga il momento più emozionante della mia carriera.
Fu anche l’apice di quell’epopea. Nel quarto turno perdemmo 8-0 a Norwich, ma quel giorno contro il Coventry mi rimarrà per sempre, e ancora oggi incontro tanti che vogliono parlarne".
L’analisi più obiettiva è quella del manager del Coventry: ‘L’ospitalità del Sutton è stata superba, non siamo stati presi a calci in campo e l’arbitro ha operato bene. Davanti non siamo mai stati lucidi e in generale eravamo sempre secondi sulla palla. Complimenti vivissimi al Sutton’. Sportività d’altri tempi, come quella dei 2.500 tifosi giunti da Coventry, alla fine tutti in piedi ad applaudire il Sutton e i suoi tifosi impazziti che hanno invaso il terreno di gioco. Scene d’altri tempi, che il Times commenta così: ‘E’ stato un giorno da cui il calcio e la sportività escono come i veri vincitori’…magia della FA Cup…
E proprio a riprova di questa misteriosa e incomparabile magia, l’ordine naturale delle cose torna a prevalere nel prosieguo della stagione. Il Sutton United (che non è una squadra di fenomeni) finisce il campionato di Conference a metà classifica ed è eliminato rovinosamente dalla FA Cup al 4° turno per mano del Norwich City (a Carrow Road finisce 8-0).
Il Coventry (che non è una squadra di brocchi), passata la ‘tempesta’ dei primi giorni, con i giornali impegnati a ricercare iperboli e paragoni umilianti per ‘raccontare’ la figuraccia del Gander Green Lane, riprende il proprio cammino in First Division e chiude con un o4mo settimo posto, secondo miglior piazzamento di sempre. E tuttavia ‘quel’ giorno, inimitato e insuperato da ormai ventidue anni è nella storia della FA Cup e del calcio inglese, e francamente è sempre più difficile che possa accadere di nuovo, in un calcio moderno dove il dominio del denaro ha scavato gap incolmabili fra le diverse divisioni.
Purtroppo per gli U’s il giorno di gloria è breve, torna presto la routine e dopo due anni, appunto la retrocessione-shock. Si tenta la pronta risalita, ma nonostante diversi buoni piazzamenti le porte della Conference non si riaprono. Sono tuttavia anni in cui il club sforna tanti buoni giocatori, che approdano rapidamente a squadre professionistiche. Efan Ekoku, Paul Rogers, Andy Scott, Paul McKinnon, Ollie Morah e Mark Watson sono i più famosi,
nomi che crescono e si impongono al Lane prima di prendere la via di Blackburn, West Ham, Sheffield United. Nel 1993 un’altra buona FA Cup vede il Sutton superare Colchester e Torquay (club professionistici) prima di inchinarsi 3-2 al Notts County (nel 3° turno).
Nel 1996 un nuovo cambio manageriale riporta ‘a casa’ i fratelli Rains, già leggendari per essere secondo e terzo nella graduatoria all-time di presenze (dietro a Larry Pritchard).
Nelle prime due stagioni conquistano due ottimi terzi posti, sfiorando una fantastica promozione nell’anno del centenario. Finalmente un anno dopo (1999), dopo una magnifica rincorsa di 13 vittorie e 3 pareggi nelle ultime 17 partite, il Sutton torna a vincere il campionato e la promozione in Conference. Festa raddoppiata dal trionfo in Surrey Senior Cup ai danni dei rivali di sempre del Carshalton (3-0). La permanenza in Conference è tuttavia molto meno brillante di quella precedente, e si conclude dopo solo una stagione con una retrocessione molto amara. Il ritorno nelle divisioni inferiori segna la fine di una intera fase storica, in coincidenza con il trapasso nel nuovo secolo. La squadra è anziana, non ha forza e brio per competere con le iper-competitive concorrenti di Conference. Per il Sutton inizia un lungo periodo di transizione, con l’innesto di tante facce nuove che forniscono momentaneo rilancio, salvo poi lasciare per lidi più attraenti e depotenziare qualunque strategia di rilancio.
Fra alterne vicende il Sutton riesce comunque a garantirsi l’accesso alla nuova Conference South varata nella stagione 2004- 05.
Nel solco delle stagioni precedenti, tuttavia, i migliori giovani vengono ceduti, in particolare il centrocampista Nick Bailey che arriva fino alla Championship con la maglia del Charlton.
La ‘resistenza’ dura tre stagioni, poi inesorabile arriva la retrocessione, fra cambi di manager, turnover vorticoso sul campo e incapacità di trattenere i migliori talenti prodotti dal settore giovanile. Che è il vero ‘traino’ del Sutton negli ultimi anni, inanellando ottime performance nella FA Youth Cup e completando addirittura un intero anno solare senza sconfitte ufficiali nella lega giovanile.