29 novembre 2024

"STADI o TEATRI" di Matthew Bazell (Eclettica), 2015

Il modello inglese e l'anima persa del calcio
Lo chiamavano 'the people's game', il gioco del popolo.
Lo è ancora? Matthew Bazell ci racconta la realtà inglese degli ultimi anni: tra prezzi esorbitanti, giocatori viziati, agenti superpagati, leggi assurde, partite ogni giorno ed orario, stadi ridotti a caserme senza personalità, lontani dalle comunità e con soli posti a sedere, steward prepotenti, ecc. Il business vince sul cuore, gli sponsor sui colori.
Tutto pare perdere identità e passione. I veri tifosi sono stati sostituiti da consumatori che aspettano solo di essere intrattenuti, in silenzio. Non tutto è perduto e l'autore spiega le iniziative di chi sta combattendo l'estrema commercializzazione del football, come le esperienze del F.C. United of Manchester o dell'Afc Wimbledon. In Italia da tempo si fa l'apologia del 'modello inglese' dal quale Bazell ci mette in guardia, affinché l'Italia si tuteli, salvando l'anima del calcio vero e popolare.

28 novembre 2024

"RED or DEAD" di David Peace (Il Saggiatore), 2014

Nel 1959 il Liverpool Football Club era da anni nella seconda divisione del campionato inglese. Il Liverpool Football Club non aveva mai vinto la Coppa d’Inghilterra. Quindici stagioni più tardi il Liverpool Football Club era tornato in prima divisione, aveva vinto tre campionati, due Coppe d’Inghilterra, la Coppa Uefa e si era imposto come una delle squadre più forti d’Europa. Artefice di questo successo, l’uomo destinato a diventare una figura leggendaria dello sport: Bill Shankly.
Per Shankly il calcio era sempre stato una missione, uno scopo di vita, il mezzo per trasformare i giocatori e i tifosi, per ricambiare la loro fiducia. La sua unica ambizione, portare la sua squadra alla vittoria: in Inghilterra, in Europa, ovunque. Nel 1974, il Liverpool Football Club e il suo allenatore sono pronti a raccogliere nuovi successi. Ma con una decisione sorprendente, Bill Shankly dà le dimissioni, una scelta che sconvolge giocatori e tifosi e che segnerà il resto della sua vita. Partita dopo partita, allenamento dopo allenamento, David Peace canta l’ascesa del Liverpool Football Club e di Bill Shankly. Canta l’ossessione totalizzante di un uomo per il calcio, il suo desiderio di vittoria e il suo amore per la squadra e i suoi sostenitori. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, David Peace canta il ritiro di Bill Shankly, i dubbi e i rimpianti di un uomo che vorrebbe ricominciare tutto da capo. Canta Shankly che si aggira per Liverpool come un re decaduto, riverito dai tifosi, ma osteggiato dallo stesso club che ha portato al trionfo.
Dopo Il maledetto United, David Peace torna al mondo del calcio e sbalordisce ancora una volta il lettore con la sua scrittura incisiva, in grado di trasformare le vicende individuali in narrazioni epiche e universali. Red or Dead non è solo il romanzo di un uomo, di una squadra e della loro città: è il racconto duro e commosso dell’epoca d’oro del calcio inglese e del suo inevitabile declino. La conferma di uno dei massimi autori contemporanei.

27 novembre 2024

NEWCASTLE UNITED-SUNDERLAND, Tyne-Wear derby.

A due passi dalla contea di Northumberland, nel nord d'Inghilterra, l'ebrezza del Mar del Nord non fa altro che rendere un luogo come la contea del Tyne-Wear l'archivio ideale per storie, aneddoti, leggende e dicerie.


























Il territorio è perlopiù pianeggiante e viene letteralmente diviso in due dallo scorrere del fiume Tyne dove, dalle sue parti, sorgono i suoi cinque “borough”: Gateshead, Newcastle, North Tyneside, South Tyneside e City of Sunderland.

Patria del mondo “pallonaro”, la terra d'Albione, in ogni sua anche minuscola realtà geografica conserva al suo interno realtà indelebili calcistiche che, da oltre un secolo, hanno plasmato il senso di appartenenza ad un club e al territorio dove questo ha sede.
Nella contea del Tyne-Wear sono due i club calcistici più rinomati e conosciuti. Il Sunderland ed il Newcastle United. Queste due compagini danno vita ad una delle rivalità più note del calcio britannico. Mettetevi pure comodi, oggi si parlerà del “Tyne-Wear Derby”.
Noto anche come il “Derby Nord-Orientale”, la rivalità tra i “Black Cats” (Sunderland) ed i “Magpies” (Newcastle) è considerato una delle faide più accese in tutto il Regno Unito e non solo in Inghilterra. Le due città sono divise da soli 19 Km e, come già detto in precedenza, dal solo fiume Tyne.
La rivalità ha origine anche per questione extra calcistiche. Nello specifico bisogna tornare ai tempi della guerra civile inglese quando vi erano forti proteste contro i vantaggi di cui godevano i realisti di Newcastle. Questo causò il passaggio di Sunderland al fronte parlamentarista. Le due città si trovarono di nuovo contrapposte durante l'insurrezione giacobina, con Newcastle a sostegno degli Hannover con il re tedesco George e Sunderland dalla parte degli Stuart scozzesi.

Tornando al campo di gioco non vi è mai stata un vera e propria supremazia a livello di vittorie nei confronti tra le due e tendenzialmente, a livello numerico, vi è una situazione piuttosto equilibrata nella sommatoria delle vittorie di una e dell'altra.
La prima storica partita risale al 1883, mentre il primo confronto competitivo venne disputato nel 1887 in un incontro valevole per un turno di FA Cup il quale si concluse con una vittoria, per 2-0, in favore del Sunderland.
Intorno al XX secolo, la rivalità cominciò ad emergere. Il Venerdì Santo del 1901, si disputò al St James Park (stadio del Newcastle) un derby il quale venne sospeso poiché vi fu l'afflusso di 120.000 fans nonostante l'impianto ne potesse ospitare solo 30.000. La notizia della sospensione fu accolta con rabbia e ne seguirono rivolte le quali portarono ad un ampio numero di tifosi feriti. Tuttavia, in generale, sebbene il derby abbia attirato grandi folle, con i tifosi che spesso scalavano alberi ed edifici per vedere la partita, ci sono poche prove che suggeriscano animosità o violenza tra i due gruppi di sostenitori nel periodo prebellico e immediato postbellico.
La più grande vittoria in un Tyne-Wear Derby risale al 5 dicembre del 1908 quando, sempre al St. James Park, il Sunderland battè i padroni di casa con un risonante 1-9. Nonostante quella sconfitta, i Magpies, in quella stagione vinceranno il campionato con nove punti di distacco dai rivali i quali si piazzarono al terzo posto in classifica nella massima serie inglese dell'epoca.





















Venendo più vicini ai nostri tempi, nel 1979, venne giocato un derby che, i tifosi del Sunderland, ricordano con molto piacere. I Black Cats vinsero per 4-1 con una tripletta di Gary Rowell originario proprio del nord est inglese, precisamente della contea di Durham. Gary è rimasto un beniamino per i tifosi biancorossi per via della sua militanza di dieci anni nel Sunderland. Rowell racconta spesso un aneddoto di quella partita: “Quando abbiamo fatto il quarto goal parlai con Kevin Arnott riguardo il fatto di provare a fare un quinto goal oppure lasciar perdere. Decidemmo di non infierire ulteriormente”
Sulla sponda bianconera, invece, viene ricordato con piacere il derby disputato il 1° gennaio del 1985 quando Peter Beardsley, nativo di Newcastle, segnò una tripletta nella partita vinta per 3-1 dal Newcastle contro il Sunderland. In quella stagione i Black Cats retrocessero a fine stagione.
Il derby per eccellenza, però, venne giocato nel 1990 quando entrambe le compagini militavano in seconda divisione inglese. Quel derby viene ricordato come il più sentito in quanto si trattò della semifinale play-off che avrebbe permesso di accedere alla finale e poi, conseguentemente, avrebbe dato modo di approdare nella massima serie inglese. L'andata venne giocata al Roker Park, casa del Sunderland fino al 1997, e, lo scontro, si concluse a reti inviolate. Nel ritorno, giocato al St. James Park, vi fu la vittoria del Sunderland ai danni del Newcastle. Invano fu, quel giorno, il tentativo, da parte dei tifosi bianconeri, di invadere il campo al fine di far sospendere la gara.
Un famoso derby che, invece, vide vittoriosi i Magpies fu quello giocato il 17 aprile del 2006. Si giocava allo Stadium of Light, nuovo impianto dei Black Cats. Al minuto 32 il Sunderland passò in vantaggio grazie alla rete di Hoyte. Il Newcastle non riusciva proprio a reagire nei primi 45 minuti. Nella rispresa, però, sembrava sceso in campo un altro Newcastle. I Magpies, rinvigoriti, agguantarono il pareggio al minuto 60 con la rete di Chopra e, soltanto un minuto più tardi, Alan Shearer realizzò il goal del vantaggio dal dischetto battendo Davis. Più tardi N'Zgobia e Luque firmeranno per il poker dei bianconeri in quel di Sunderland.
Tre stagioni più tardi arrivò, invece, un'altra vittoria per i Black Cats. Erano diversi anni che il Sunderland non vinceva un derby in casa e, così, il 28 ottobre del 2009 i biancorossi riuscirono nell'impresa. I padroni di casa passarono in vantaggio grazie alla rete, al 20esimo minuto, del francese Cissè. Il Newcastle pareggiò il conto con la rete, al minuto 30, di Ameobi. Al 75esimo Kieran Richardson porterà di nuovo avanti il Sunderland con una punizione, dal limite dell'area, veramente potente da trovare impreparato un certo Shay Given (portiere del Newcastle).


Dal 2013 fino al 25 ottobre del 2015 vi sarà una supremazia a tinte, perlopiù, biancorosse.
In un contesto sempre caldo come il calcio d'oltremanica ogni singola faida, spesso, ha sfociato in problemi di ordine pubblico. Anche lo stesso Tyne-Wear Derby è stato vetrina di spiacevoli turbolenze legate allo scontro fisico tra le due tifoserie. Come già detto in precedenza, nel 1990, vi fu un'invasione di campo, da parte dei tifosi del Newcastle, con l'obiettivo di far sospendere la partita, che li vedeva sconfitti, valevole per l'approdo alla finale play-off della Second Division. Il 16 gennaio 2011 le due squadre si affrontarono in Premier League allo Stadium of Light: un 17enne tifoso del Sunderland invase il campo e spinse il portiere del Newcastle, Steve Harper, e fu tra gli arrestati per i disordini causati da un gruppo di “facinorosi” allo stadio e fuori lo stesso. 
Quella stessa stagione però i tifosi del Sunderland vinsero il premio di tifoseria più corretta nella stagione 2010-2011. Tutto questo malgrado gli arresti nel giorno del derby. Nell'aprile del 2013 dopo una sconfitta interna, in un derby, per 0-3 un nutrito numero di tifosi del Newcastle United causarono disordini per le strade di Newcastle upon Tyne. Il caos regnò sovrano quel giorno. Quattro agenti di polizia rimasero feriti ed un poliziotto a cavallo venne attaccato da un tifoso. Oltre a questo vi fu un contatto piuttosto violento tra i tifosi Magpies e Black Cats alla “Newcastle railway station”. Quel giorno furono 29 gli arresti.
Il Tyne-Wear Derby rientra tra le rivalità più antiche del calcio d'oltremanica; Newcastle e Sunderland sono due città che, come la storia ci ha raccontato, diedero vita alla loro rivalità per questioni sociali e politiche, ma forse neanche tanto se si pensa che, già dalla rivoluzione industriale, vecchi rancori vennero messi da parte. Però, all'improvviso, irruppe come un ciclone, nella quotidianità della cittadinanza della contea di Tyne-Wear, il calcio. Ed ecco che vecchi dissapori sono tornati e si sono presto spostati sul campo di gioco e sugli spalti portando il senso di appartenenza, d'una o dell'altra realtà, a livelli piuttosto alti. Se ti trovi a Newcastle ed hai un accento diverso da quello “Geordie”, verrai visto con sospetto. Altrettanto se ti trovi a Sunderland ed hai un accento diverso dal “Mackem”, verrai visto con sospetto anche da quelle parti.
Comunque vada l'importante è che entrambe le città, ed i loro rispettivi club, continuino a dar vita sempre a delle belle battaglie dove, forse, non avremo mai un vero e proprio favorito. Dopo tutto, statistiche alla mano, è uno dei derby più equilibrati d'Inghilterra.
di Damiano Francesconi

26 novembre 2024

"DILETTANTI D'INGHILTERRA: Un viaggio nel cuore del calcio dilettantistico inglese" di Stefano De Berardinis (Independently pub.) 2022

Un viaggio nel cuore del calcio dilettantistico inglese, dove falegnami, ingegneri, commessi ed impreditori si sfidano settimanalmente da Luglio fino a Maggio. Questa e' l'Inghilterra di cui poco si parla o se ne parla solo quando qualche club dilettantistico riesce nella miracolosa impresa di sfidare, magari vincendo, qualche club professionista in una partita di FA Cup. Tutti i campionati dilettantistici spiegati e raccontati minuziosamente attraverso vicende personali e fatti realmente accaduti. Storia, contraddizioni e curiosita' della nazione che ha inventato il "football".

LE GRANDI EMOZIONI DEL CALCIO INGLESE - Season 1994/95






















Ancora ad Anfield Road, ancora lo sguardo impietrito di Kenny Dalglish allo scadere dell’ultima partita dell’ultima giornata di una stagione calcistica inglese. Il Blackburn Rovers è stata una delle 12 squadre che hanno partecipato al primo campionato disputato nel 1888. Nel 1966 retrocede in seconda divisione ed inizia un pellegrinaggio nei meandri delle serie inferiori. Agli inizi degli anni 90 Jack Walker lo rileva acquistando come allenatore Kenny Dalglish. Con lo scozzese in panchina (siamo nel 1991) i Rovers vincono subito i play off di division one e vengono promossi nella neonata Premier League. 
Nella massima serie raggiunge subito un 4° posto nel 1992/93 ed un 2° posto nel 1993/94 allontanando dalla memoria dei loro fans le delusioni subite addirittura militando in terza divisione. 
La stagione 1994/95 viene scossa da molti fatti di cronaca che portano il calcio inglese sull’orlo del tracollo. Grobbelaar mitico portiere del Liverpool viene implicato in un giro di partite truccate e viene arrestato, così come George Graham storico allenatore dell’Arsenal per vicende poco chiare legate alla campagna acquisti. Paul Merson viene rinchiuso in una casa di cura dopo aver ammesso pubblicamente durante una conferenza stampa di essere alcolizzato. Eric Cantona, trascinatore e uomo immagine del Manchester Utd inventa “l’invasione di tribuna” e assale a Selhurst Park un tifoso del Crystal Palace. Il campo lascia spazio a partite veramente belle. 
E’ la stagione dei grandi bomber, Cole e Shearer infiammeranno la classifica cannonieri. In Liverpool - Arsenal il giovane Fowler si presenta agli occhi del mondo realizzando una storica tripletta in quattro minuti. Presto il Newcastle United di Kevin Keegan abbandona la testa della classifica e cede al Man Utd l’attaccante Andy Cole, abbandonando ogni speranza di lottare per il titolo, nella quale continuano invece il Manchester United ed il Blackburn Rovers. 
Gli scontri diretti tra i due club vengono vinti entrambi dai Red Devils, ma è il Blackburn Rovers a mantenere la testa della classifica. Nonostante la lunga squalifica inflitta a Cantona lo United si riprende e non perde terreno in classifica. Il titolo si deciderà all’ultima giornata quando le due squadre si presentano divise in classifica solamente da 2 punti: Blackburn Rovers 89 Man Utd 87. 
I red devils fanno visita al West Ham ad Upton Park mentre il Blackburn Rovers va ad Anfield Road. Lo United mette sotto gli Hammers che però al 31’ si portano in vantaggio con Hughes. Shearer nel frattempo porta in vantaggio i Rovers. All’intervallo sembra tutto già deciso. Nella ripresa lo United continua a giocare una partita a senso unico confortato anche dalla miglior differenza reti in caso di conclusione a parità di punti. Il campionato si riapre quando McClair porta in parità i Red Devils ad Upton Park, e Barnes pareggia i conti per il Liverpool ad Anfield Road. Da questo momento, è il 20’ minuto del secondo tempo, lo united sottopone la porta di Miklosko ad un autentico tiro al bersaglio. Il goal che sembra arrivare a momenti consegnerebbe il titolo nelle mani degli uomini di Ferguson. Ad Anfield nel settore occupato dai tifosi dei rovers si vivono momenti di disperazione e paura miste a speranza. Si gioca un’unica partita in due stadi diversi, le notizie che arrivano dalle radioline sono il collante di mille emozioni. 

A Londra Miklosko para l’impossibile e respinge ogni tentativo dei Red Devils di portarsi in vantaggio giocando 22 praticamente nell’area degli Hammers. I martelli che occupano una posizione di classifica tranquilla non hanno nulla da chiedere al campionato. Si procede attendendo il goal dello United e con questa incredibile suspense fino al 93’ quando ad Anfield Road Jamie Redknapp porta in vantaggio il Liverpool. L’inquadratura della televisione inglese si sposta inevitabilmente sul volto di Kenny Dalglish, riproponendo a distanza di alcuni anni la stessa immagine vista ad Anfield Road, quando il tecnico scozzese allora con il Liverpool si vedeva sfilare il titolo a beneficio dei Gunners. Ad Upton Park arriva la notizia del vantaggio del Liverpool ma il bombardamento in corso alla porta sotto il Bobby Moore Stand non produce il goal tantissime volte sfiorato. Sono passati 30 secondi dal goal di Redknapp e ad Anfield le inquadrature della Tv continuano ad indugiare su Kenny Dalglish che improvvisamente scompare dall’inquadratura sommerso dall’abbraccio dei colleghi della panchina. In campo si abbracciano anche i vari Shearer, Sutton, Le Saux, nel settore ospite di Anfield esplode la gioia dei sostenitori bianco blu. Ad Upton Park lo United non è riuscito a segnare il goal che gli avrebbe fatto vincere il titolo prima che la partita finisse. Miklosko e la difesa del West Ham hanno retto agli attacchi disperati degli uomini di Ferguson difendendo l’onore e la sportività che caratterizza tutte le squadre inglesi. Colin Hendry alza al cielo la copia del trofeo della Carling che la Football Association aveva spedito anche a Londra. 
Mi risulta difficile ricordare un match in cui una squadra abbia chiuso l’avversaria nella propria area e abbia sprecato decine di palle goals nitide come ha invece fatto quel giorno il Manchester United contro il West Ham. Il giorno dopo parto militare speranzoso che tra un anno la Carling Premier League per il mio congedo mi possa regalare un altro titolo deciso in maniera così emozionante.
di Michele Vello, da "UK Football please"

25 novembre 2024

STADIA – Gli stadi della Merseyside.

Questa volta cercherò di accompagnarvi in uno stadium tour della Merseyside e ho incluso in questo viaggio gli stadi di Everton, Liverpool, Tranmere Rovers e Southport.



















Per rispetto alla più anziana (e prossima all'abbandono per il nuovo stadio sul molo del Bramley-Moore Dock) delle big iniziamo da Goodison Park casa dell’ Everton. 
L’arrivo dei Toffeemen a Goodison Park combacia con la nascita del Liverpool F.C., ovvero il 1892. Sino ad allora infatti l’Everton aveva giocato le sue gare casalinghe per otto anni niente meno che ad Anfield Road, il ground che diventerà sinonimo di di Liverpool F.C. 
Qui aveva anche vinto il suo primo titolo nella stagione 1890/91 ma, quando il proprietario del terreno di Anfield Road decise, con l’avvicinarsi della nuova regular season di aumentare di più del doppio l’affitto, l’Everton salutò e partì per trovare una nuova casa, che troverà a poche yards di distanza semplicemente attraverso Stanley Park, che tutt’ora divide i due impianti. In tempo per l’inizio del nuovo campionato vennero erette tre tribune di cui una coperta, portando Goodison Park ad un buono standard qualitativo tanto che qui si disputò la finale di F.A. Cup del 1894 tra Notts County e Bolton Wanderers. Solo nel 1907 venne costruito il quarto stand, quello verso Stanley park. 22 Nel 1926 una tribuna di due piani sostituirà quella in legno datata 1895 su Bullens road.
Nel 1938 per celebrare l’ultimazione del nuovo stand su Gwladys Street, giunse in visita Re Giorgio VI ma dopo pochi anni i bombardamenti tedeschi danneggiarono seriamente l’intera struttura. Goodison Park riuscì almeno a ricevere un indennizzo al termine del conflitto mondiale, cosa che non accadde per tutti gli stadi inglesi bombardati. Da ricordare che la casa dei Blues fu scelta per ospitare tre partite dei mondiali del 1966 più il sensazionale quarto di finale tra Portogallo e Corea oltre alla semifinale tra Germania Ovest e URSS. Goodison Park fu uno dei pochi stadi a non avere grossi problemi con il Taylor Report; infatti sin dal 1993 il 90% dei posti era già tutto a sedere. Da segnalare che proprio le due tribune principali che si trovano lungo le linee laterali furono opera del già citato (Fanzine n.1) Arch. Leitch il quale “firmò” il progetto con la sua classica balconata a disegni diagonali ed incrociati. L’attuale capienza è di 38.500 posti contro i 60.000 ancora disponibili all’inizio degli anni ’70 mentre il record di presenza risale ad un local derby contro i Reds nel 1948: 78299 spettatori!!! Attraversiamo quindi Stanley Park, passiamo intorno al suo laghetto e dopo una salutare passeggiata nel verde eccoci di fronte l’altrettanto imponente spettacolo di Anfield che risulta però ben differente da quel che era l’originale. Il main stand fu eretto nel 1895 e qui rimase sino ai primi anni 70.
Si trattava di una splendida struttura in legno e ferro battuto dominata da un meraviglioso padiglione a cupola in stile Tudor riportante il nome del club. Nel 1906. tre anni dopo la tribuna su Anfield Road, nasce l’immensa terrace denominata Kop che tutti gli appassionati conoscono ed hanno ammirato per il suo ondeggiare, ribollire, incitare con cori e canti ma sempre con un tocco di sportività e galanteria nei confronti degli avversari. Il nome deriva dalla collina di Spion Kop in Sud Africa dove molti soldati provenienti dalla Merseyside persero la vita durante la guerra anglo-boera. 




















Anche ad Anfield vi fu una visita reale quando Re Giorgio V e la Regina Maria furono presenti nel 1921 in occasione del replay della semifinale di F.A. Cup tra Wolves e Cardiff City. 
Nel 1928 fu coperta la Kop end che in questo periodo conteneva qualcosa come quasi 30.000 tifosi!!! Da segnalare che tra la stagione 1979 e 1980 fu installato un sistema di riscaldamento sotterraneo del terreno e poco dopo fu ampliata la Anfield Road end. Nel 1992, anno del centenario del club, fu aggiunto un secondo piano al Kemlyn Road stand ribattezzato appunto Centenary Stand. Ma ciò che segnò la fine di un’era fu la ristrutturazione della Kop nel 1994, trasformandola in una tribuna con soli posti a sedere e riducendone la capacità a 12.400 posti. Da non dimenticare anche il famoso Shankley Gate, eretto in onore del grande manager morto nel 1981, che introduce al parcheggio dietro al main stand; bellissimo, in ferro battuto, reca la scritta “you’ll never walk alone” (inno e motto dei Reds, ripreso dai tifosi dalla omonima canzone degli anni 60 del gruppo di Liverpool Gerry and the pacemakers). 
Se Goodison Park ebbe l’onore di essere sede di vari matches dei mondiali del 1966, ad Anfield toccò il piacere di ospitare alcune gare di Euro 96. 

Allontanandoci di poco da Liverpool troviamo alcune realtà minori ma non per questo, a mio parere, meno meritevoli di considerazione; anzi proprio il fatto di continuare ad esistere nell’attuale calcio-business ed all’ombra di due giganti come Everton e L’pool fa onore a Tranmere Rovere e Southport.
I Rovers di Birkenhead nascono addirittura prima del Liverpool e dopo aver girovagato per un paio di campi si stabiliscono definitivamente a Prenton park nel 1911. Anche questo impianto subì pesantissimi danni durante i bombardamenti tedeschi anche per la vicinanza con i docks che erano uno dei principali obiettivi della Luftwaffe. Di conseguenza i maggiori cambiamenti si ebbero dopo la seconda guerra mondiale con il rifacimento del tetto dello stand di Borough Road e la costruzione della Cow Shed (letteralmente stalla) la end con copertura simile a quella di Molineux formata da più gables accostati, veramente molto gradevole e con pubblicità di birre locali sulle facciate dei gables stessi. 
Negli anni ’50 furono eretti i piloni a traliccio dell’impianto di illuminazione ed il nuovo e più imponente main stand venne inaugurato nel 1968. L’altra end era invece costituita da una terrace scoperta chiamata …Kop, ma si sa che in giro per la Gran Bretagna in diversi impianti si trovano o meglio si trovavano gradinate con questo nome, da Blackpool a Sheffield ed altrove. Attualmente in seguito all’ormai pluricitato Taylor Report, l’aspetto generale di Prenton park è cambiato molto da quello esistente sino alla fine degli anni 80: la Kop end è ora un vistoso stand coperto all seater da 7000 posti che ospita i fans locali e sovrasta per dimensioni il resto della struttura, i tifosi ospiti vengono sistemati nell’opposta Cow Shed end che si presenta ora come una piccola tribuna coperta contenente 2500 spettatori e non ha proprio pìu nulla che ricordi una stalla. Molto simile a quest’ultima ma ovviamente lunga quanto la linea laterale, è la John King stand, mentre l’unica zona non nuova è il main stand che però è stato dotato di tutti posti a sedere. L’impatto è gradevole, con ovunque seggiolini blu più quelli bianchi che formano la scritta Tranmere Rovere nella Kop end e TRFC nel main stand. Il pubblico si aggira sulle 7.000/8.000 presenze di media con una parte di esso discretamente caldo in tutti i sensi. L’attuale capienza è di 16.587 posti, praticamente la metà di quelli pre “Taylor era”. Il record di pubblico si ebbe nel 1972 per un 4th round di F.A. cup contro il Stoke City. 

Un poco più a nord troviamo Southport affacciata sul mare d’Irlanda. Un tempo ospite fisso della Football League soprattutto tra 3rd e 4th division, dal 1978 (anno in cui perse il league status) si è trovato impantanato dapprima in Conference ed attualmente nella Northern premier League (Unibond). Ora un migliaio di veri fedelissimi ne segue le alterne vicende riuscendo ancora a scaldarsi per alcune gare con i vicini del Marine, del Runcorn o del Morecambe.
In Conference la media era più alta avvicinandosi e a volte superando le 1.500 unità. Comunque vada anche a costoro va tutto il mio rispetto e sostegno perché nel calcio moderno, che lascia briciole ai medio piccoli e nulla ai piccolissimi, trovare ancora chi 24 ogni sabato indossa la giacca con lo stemma del club e si sobbarca il peso di mantenere realtà come il Southport è sempre più difficile. Anch’esso fondato prima del Liverpool (1881) ha avuto per decenni una posizione di tutto rispetto nella League specializzandosi in frequenti sali e scendi tra le vecchie 3rd e 4th divisions. 










I Sandgrounders occupano da oltre un secolo il terreno di Haig Avenue che attualmente è costituito da tre parti nuove ed una “storica”. La cosiddetta parte storica è rappresentata dal main stand che mantiene il tradizionale tetto spiovente, i pali di sostegno e le classiche vetrate laterali per riparare il pubblico dalle folate di vento che arrivano dal mare d’Irlanda, il tutto però con un tocco di modernità ovvero i seggiolini che lo rendono all seater. Completamente nuove in conseguenza di ristrutturazioni sono: la Scarisbrick end che ospita i fans piu vivaci di casa composta da una gradinata di medie dimensioni coperta con posti in piedi, la gradinata scoperta laterale detta Meols terrace ed il settore ospiti ovvero la Blowick end, terrace bassa scoperta con le classiche crush barriers dipinte di giallo e nero (gold and black sono infatti i colori del Southport). Merita ricordare che ai tempi d’oro del professionismo quasi 10.000 spettatori erano frequenti a Haig avenue tanto che il record di presenze, datato 1936 (F.A Cup 4th round contro il Newcastle Utd) parla di ben 20.010 biglietti staccati per l’occasione. L’attuale capienza è di 6.500 posti di cui 1.880 a sedere e chissà se gli abitanti di Southport abituati ormai ad ammirare solo più la nota marea che lascia decine di yards di finissima sabbia un giorno non torneranno ad assistere a nuovi spettacoli calcistici nella F.L. con conseguente tutto esaurito ad Haig Avenue… 
Chi non ne ha stima, lo chiama Pac-Man F.C. paragone un po’ azzardato e poco rispettoso, d’accordo, ma il Dagenham and Redbridge F.C. ha una storia che in qualche modo ricorda il mai sazio giochino elettronico in auge quando alcuni di noi avevano ancora i calzoncini corti.
di Gianluca Ottone, da "UK Football please" (marzo 2004)

21 novembre 2024

BOOKS. ARSENAL. Regina di FA Cup di Lino Spazzo (Urbone), 2024

In questo appassionante viaggio attraverso oltre un secolo di storia, "L'Arsenal e la FA Cup: Una Storia di Trionfi e Passione" ripercorre l'incredibile saga dei Gunners nella più antica competizione calcistica del mondo.
Dalla prima finale del 1927 all'ultimo trionfo del 2020, questo libro offre un resoconto dettagliato e avvincente di come l'Arsenal sia diventato il club più vincente nella storia della FA Cup. Attraverso ricerche approfondite, aneddoti emozionanti e analisi penetranti, l'autore svela i segreti dietro i 14 trionfi dei Gunners, esplorando al contempo le sconfitte che hanno forgiato il carattere del club.
Incontrerete leggende come Herbert Chapman, che gettò le basi per il dominio dell'Arsenal, e Arsène Wenger, l'architetto dell'era moderna. Rivivrete momenti indimenticabili come il Double del 1971, la "Five-Minute Final" del 1979 e la drammatica rimonta nella finale del 2014.
Ma "L'Arsenal e la FA Cup" è molto più di un semplice resoconto di vittorie e sconfitte. È una celebrazione del legame unico tra il club, la competizione e i suoi appassionati tifosi. Attraverso testimonianze esclusive e statistiche illuminanti, il libro esplora come la FA Cup abbia plasmato l'identità dell'Arsenal e sia diventata parte integrante del DNA del club.
Che siate tifosi di lunga data dei Gunners o appassionati di calcio alla ricerca di storie avvincenti, questo libro offre uno sguardo senza precedenti su una delle più grandi saghe sportive di tutti i tempi. Preparatevi a essere trasportati in un mondo di emozioni, drammi e gloria calcistica.

ADMIRAL kits.



Nativo della Contea di Leicester, Christopher Cook assieme ad Harold Hurst iniziò a produrre calzetteria nel 1908 presso la città di Wigston. Il marchio Admiral fu creato nel 1914 ma, l’apice del successo venne raggiunto in occasione dei mondiali di calcio del 1966 in Inghilterra con il lancio delle collezioni performance e sportswear.
Capitalizzando l’avvento della televisione a colori e dell’incredibile eccitazione attorno al calcio inglese, il nuovo proprietario del marchio Mr T.H. Patrick, succeduto ai fondatori Cook e Hurst, convinse i club di calcio inglesi ad adottare dei completi da gara personalizzati con i rispettivi colori ed emblemi, che la sua azienda avrebbe disegnato, prodotto e brevettato a norma della legge Design Copyright and Patents Act.

Mr. Patrick iniziò a produrre e distribuire kit da calcio indirizzati ai fans del calcio che desideravano emulare i loro idoli. Di conseguenza, Admiral è stato il vero pioniere della produzione dei kit replica delle squadre di calcio divenendo il fornitore della squadra e di tutti i suoi tifosi.
Nella stagione 1973/74, il Leeds United fu il primo club di alto livello a vestire un kit completamente “brandizzato”, il logo Admiral fu orgogliosamente esposto sulla maglia e sui pantaloncini. Il kit fu realizzato con un innovativo tessuto sintetico traspirante e leggero che sancì l’inizio del declino del tessuto di cotone per la confezione di capi tecnici. Dal punto di vista del design ancora nulla di particolare.
I tifosi, soprattutto i più giovani, furono felici di poter acquistare le maglie ufficiali dei propri eroi e, conseguentemente il mercato crebbe rapidamente.
Nel 1974, Admiral siglò il primo contratto quinquennale con la gloriosa Football Association, dando via al merchandising della maglia ufficiale della nazionale inglese. La maglia fu indossata per la prima volta il 30 ottobre 1974 durante il vittorioso incontro (3-0) con la Cecoslovacchia. Il logo Admiral fu posizionato a fianco dei tre leoni d’Inghilterra e divenne il primo marchio ad avere questo grande onore. Sulle maniche delle maglie spiccavano delle righe rosse e blu, l’Admiral cominciava a personalizzare le divise.
Nel 1976 Admiral cominciò a personalizzare anche le divise dei club, arrivarono le strisce personalizzate sulle maniche del Leeds United e le strisce sulle spalle del Leicester City. Sempre in quell’anno arrivarono anche le mitiche maglie modello “tramlines” di Galles, Coventry City e Dundee.

I kit Admiral divennero unici per i tessuti, i colori e per i disegni davvero innovativi.

Ormai il dominio di Umbro era infranto, in Inghilterra e Scozia il logo Admiral dilagava, oltre ai club sopra citati il logo gialloblu compariva anche sulle maglie di Leyton Orient, Manchester United, Glasgow Rangers, Tottenham Hotspurs, West Ham United, Derby County, Hull City, Crystal Palace e Bradford City, Aberdeen, Motherwell e molti altri.
Inoltre e parallelamente, Admiral crebbe velocemente anche negli Stati Uniti producendo i kits per numerosi club della NASL inclusi i New York Cosmos.
Admiral continuò ad espandersi negli anni '80 e nonostante il settore divenne fortemente competitivo, il marchio continuò ad essere vestito da molti clubs. Negli anni '90, Admiral iniziò la collaborazione con altri club anche fuori dall’Inghilterra vestendo tra gli altri Dynamo Kiev, Bologna, Bari, Eintracht Francoforte, e la nazionale del Belgio.
A metà anni 90 il marchio cominciò una lenta parabola di declino, fino quasi a scomparire, ormai i club vestivano altri marchi. Nel frattempo la proprietà divenne americana.
All’inizio degli anni 2000 il marchio cominciò a fornire club e nazionali di cricket e cominciò anche la rinascita dell’azienda. Dal 2011 il marchio è nuovamente inglese.
Oltre alle maglie l’Admiral ridisegnò anche le tute, in modo da rendere immediatamente riconoscibili le squadre durante il warm up o l’allenamento.
di Gianfranco Giordano

20 novembre 2024

THE DEBENHAMS CUP, Don’t look back in anger.


Ci fu’ un tempo in Gran Bretagna, nel quale si pensava che piu’ tornei si sarebbero creati e piu’ la gente sarebbe corsa negli stadi, riversando enormi quantita’ di sterline nelle casse dei clubs.
Con questo intento fu creata la stessa League Cup che dal 1967, per cercare di darle ancora piu’ importanza, fu deciso di assegnarla con finale unica a Wembley, invece della doppia finale di andata e ritorno che sa tanto di Coppetta Italia.
Ci furono pero’ trofei ben piu’ sconosciuti che vennero creati , si giocarono per qualche stagione e scomparvero poi nel dimenticatoio, con poco rammarico da parte dei tifosi d’oltremanica.

In un numero precedente avevo gia’ parlato della Texaco Cup, organizzata ad inizio anni 70’, con l’obiettivo di coinvolgere tutte le squadre britanniche che nel campionato precedente non avessero raggiunto la qualificazione alle coppe europee. Quando , ad inizio anni 80’ , la finale venne disputata fra il Chesterfield e il Notts County, si penso’ bene di lasciar perdere.
Dello stesso periodo fu anche l’ideazione della Watney Cup , una trofeo assegnato ad inizio stagione in cui i contendenti erano le due squadre che l’anno prima avevano segnato piu’ goal nelle prime due divisioni inglesi. In questa competizione si introdusse, con qualche anno di anticipo rispetto alla Nasl americana, l’utilizzo degli shoot outs in caso di parita’ al 90’ e l’applicazione del fuorigioco solo all’interno dell’area di rigore. 
Nella prima finale il Derby County distrusse il Manchester United con un perentorio 4 a 1. Il trofeo si gioco’ per sole quattro stagioni con l’ultima coppa che venne assegnata allo Stoke City.
All’inizio degli anni ottanta l’interesse della F.A. era sempre piu’ quello di coinvolgere i clubs di serie minori in competizioni ad eliminazione diretta. In questo scenario va vista la creazione della Football League Group Cup (1981-82) e della seguente Football League Trophy (1982-83). 
Il trofeo fu’ poi rilanciato con il nome di The Associate Members Cup che a sua volta nel corso degli anni cambio’ continuamente nome: da Freight Rover Trophy a The Sherpa Van Trophy, da Leyland DAF Cup ad Autoglass Trophy e per finire con Auto Windscreens Shield e ora LDV Vans Trophy!

















La coppa che pero’ ebbe forse il minor successo fu’ forse la Debenhams Cup che venne giocata fra le squadre delle divisioni minori che nella stagione precedente si erano spinte piu’ avanti nella FA Cup. 
Nel 1985 poi, in seguito all’esclusione dei club inglesi dalle coppe europee per le note vicende dell’Heysel, fu’ ideata la Screen Sport Supercup, un torneo che comprendesse i sei club inglesi che non si era potuto iscrivere alle coppe europee. Nella prima finale il Liverpool batte’ l’Everton, con un 3 a 1 casalingo , ribadito da un ancor piu netto 4 a 1 a Goodison Park.
Nel 1988 la FA celebro’ il suo centenario e a Wembley si disputo’ una due giorni calcistica che coinvolse tutti i club delle divisioni professionistiche. La competizione,denominata Centenari Festival, era ad eliminazione diretta e le squadre si affrontavano in minipartite di 10 minuti ciascuna.
A conclusione dei festeggiamenti per il Centenario fu’ disputato il Centenary Trophy, in cui l’Arsenal batte’ il Manchester Utd in un Villa Park praticamente deserto.
di Luca Ferrato, da UKFP (settembre 2006)

19 novembre 2024

PETER SHILTON. Superbia e mano de Dios.



Ogni volta che proviamo a pensare alla vita di un portiere, almeno tra i pali, la immaginiamo solitaria, concentrata estroversa e condita, a tratti, da quella schizofrenia che li rende affascinanti. Sono gli eroi silenziosi, quelli che fanno poco rumore rispetto agli attaccanti o ai giocatori più tecnici che rubano la scena e strappano gli applausi al pubblico.
Nella realtà alcuni di loro, con un pizzico di delusione, potrebbero anche risultare timidi, taciturni e vergognosi.
Nel caso di Peter Shilton siamo invece di fronte ad un personaggio devastante sia in campo che fuori anzi nella vita privata di casini ne ha combinati parecchi. 
Shilton, detiene un record ancora imbattuto quello dell’unico calciatore che abbia superato le 1000 presenze nei campionati inglesi perché praticamente ha calcato tutti i campi di categoria dal momento che si è ritirato a 48 anni. Pazzesco! Questo dà l’idea di un uomo senza mezze misure. Infatti i record andavano di pari passo con quello che combinava nella vita privata costellata di scelte dubbie, come quella di dilapidare le Sterline guadagnate regalandole agli allibratori delle corse di Cavalli oppure, alle frizioni familiari che sopraggiungevano ogni volta che c’era una relazione extraconiugale. Da buon inglese non si fece mancare nemmeno il problema con l’alcool tanto che fu arrestato per guida in stato di ubriachezza. 
Ma Shilton era comunque un grande, un leader assoluto che seppe dettare la sua legge tra i pali e che fu capace di vincere trofei passati alla storia come le due Coppe dei Campioni vinte con quel Nottingham Forest di Brian Clough. L’allenatore se ne rese conto subito che tipo di uomo era e con saggezza lasciò spazio e fiducia al suo portiere che poi lo ripagò diventando il dominante per quell’irripetibile cavalcata vincente. Fin dagli albori della sua carriera, il suo obiettivo dichiarato era sempre stato quello di essere il migliore e diede subito un assaggio di sé quando scoperto da Gordon Banks poi lo fece fuori, calcisticamente intendiamoci. Continuò ad essere il migliore anche quando ci fu un dualismo generazionale, vinto peraltro, con un altro grande portiere molto diverso da lui, Ray Clemence del Liverpool. E così nel pieno della sua maturità Peter Shilton si tolse la soddisfazione di togliere il posto al suo rivale e di farsi tre mondiali di fila 1982-1986-1990

Ma, con calma, proviamo a ripartire dall’inizio: Shilton crebbe nel Leicester squadra della sua città natale e di cui era tifoso. Militò nelle Foxies per otto stagioni conoscendo anche una retrocessione per poi risalire in premier league. Cambiò aria e decise di accettare la sfida dello Stoke City. Gli anni che passò a Stoke non furono memorabili anzi conobbe di nuovo l’amarezza della retrocessione e quindi decise di trovare una squadra che avesse ambizione e il suo destino si incrociò con una neopromossa dal futuro inimmaginabile: il Nottingham Forest. Scelta non fu mai più azzeccata perché coincise con l’apice della sua carriera. Shilton aveva un fisico pazzesco per la media di quegli anni: massiccio, non altissimo ma molto agile. La sua prerogativa era quella delle uscite alte, le prese volanti soprattutto dai corner. Non nelle respinte di pugno che furono il suo tallone d’Achille. Fu l’uomo che cambiò la concezione solitaria di quel ruolo. Il portiere, che era l’unico baluardo a difesa degli avversari, si trasformò in una sorta di coach che dava indicazioni di come difendersi infischiandosene dei dettami del mister. Clough al Forest ne capì l’innovazione e infatti vinse un campionato, quattro coppe di lega, una super coppa europea e due coppe dei campioni consecutivamente: l’unica squadra ad aver vinto più Coppe Campioni che Campionati.

Dopo qualche problema extraconiugale di troppo, Shilton decise di cambiare di nuovo aria e molti, in primis la feroce critica dei tabloid inglesi, pensava che fosse ad un passo dal declino. Invece il buon Peter si reinventò ultimo baluardo a difesa dei pali del Southampton nel 1982 dove militava anche un certo Keegan. E come resuscitato a nuova vita, nel 1984 la sua leadership riuscì a portare i Saints al secondo posto. Saints che erano una squadra che alla metà degli anni ’70 viaggiava tra una retrocessione in Second ed una promozione in
First Division. Chiusa la parentesi nel Sud dell’Inghilterra, Shilton si trasferì nel Derbyshire accasandosi al Derby County fino al 1991 quando retrocesse in Second Division. Ormai la sua parabola discendente era iniziata confermata anche dal fatto che divenne prima player manager al Plymouth e poi manager a tempo pieno fino ad uno spareggio perso per la promozione. Di nuovo però, ad un passo dall’addio al calcio giocato, si convinse di poter dare ancora qualcosa. 
Nel 1995 venne ingaggiato dal Wimbledon FC e successivamente dal Bolton, con il quale giocò poco e poi dal West Ham. Ma ora, c’era un record da battere. Shilton aveva partecipato a 998 partite ufficiali. Era obbligatorio raggiungere la cifra tonda. Lo fece con il Leyton Orient in Terza Divisione il 22 dicembre 1996. Alla fine le sue presenze ufficiali furono 1005 e si ritirò dai campi di calcio all'età di quasi 48 anni.
Con la nazionale invece ebbe un rapporto altalenante così come è stato il destino di quella Nazionale nonostante fosse la migliore mai vista per talento messo in campo con giocatori del calibro di Lineker, Gascoigne, Waddle, Pearce, Butcher, Hoddle, Robson, Platt, Beardsley. Il suo debutto fu con l’Italia in una partita di qualificazione agli europei persa 1 a 0, per poi prendere parte ai campionati del mondo di Spagna 1982, Messico 1986 e Italia 1990, ai campionati d'Europa di Italia 1980 e Germania Ovest 1988. La sua ultima esibizione con la nazionale fu sempre con l’Italia in occasione della finale del terzo quarto posto del mondiale del 1990. Quel quarto posto fu il miglior risultato con la Nazionale inglese.
Ma è proprio la nazionale che farà in modo che l’immagine di Peter Shilton rimarrà indimenticabile. Un episodio che lui odierà con tutto sé stesso e che la storia del calcio ce lo lascerà lì indelebile tra i ricordi più rocamboleschi e falsi della storia dei mondiali. Città del Messico giugno 1986 quarti di finale Argentina - Inghilterra, la famosa mano de Dios di Diego Armando Maradona. Il vecchio Peter a distanza di anni non ha ancora mandato giù quella che lui stesso definisce la più grande beffa subita. E possiamo immaginarlo.

























Lo Shilton sbruffone, arrogante, la superbia con cui tolse il posto a Gordon Banks, le Coppe dei Campioni vinte con il Forest, le 125 presenze in nazionale, liquefatte di fronte a quell’affronto che fu vergogna ovunque lui andasse. Il ricordo che brucia. 
La vendetta che arde, la rabbia che sale possono essere riassunte in queste poche ma evidenti parole:

“…Ho sempre saputo che sarebbe arrivato un giorno in cui avrei pagato tutto, un giorno in cui qualcuno mi avrebbe fatto scontare il mio lato oscuro. Quel giorno venne, e decise di punirmi con la mano di Diego Maradona. La sola cosa che mi infastidisce è non avere mai avuto le sue scuse. A fine partita, quando succede qualcosa tra noi giocatori, se ne parla. Se c'è da dirsi qualcosa, ce la diciamo. Tutto finisce lì, nel campo. Lui no, Maradona non venne a parlarmene. Fui l'unico a non accorgermi di niente, non ebbi neppure la soddisfazione di protestare. Le uscite con i pugni erano da sempre il mio punto debole, nonostante le esercitazioni continue, sul pallone andavo come se fossi stato un pugile, caricavo e pam, un cazzotto alla palla. Diego diede un cazzotto prima di me e io non lo vidi. Lui correva, esultava e io pensavo che mi aveva battuto, non sapevo che mi aveva fregato…”

Ad ogni modo, il nostro caro Shilton, per noi ragazzi di allora che giocavamo a rifare il verso a quei miti che ammiravamo in tv in quelle sporadiche occasioni in cui arrivavano immagini dall’Inghilterra, rimarrà uno dei portieri migliori, iconici, quelli che indossavano maglie strette e pantaloncini attillati. Un classico di quel calcio fatto di fisici asciutti, anche se lui era una bestia, gambe tozze e magliette sporche di fango e sangue. E poi come non dare credito a Sir Robert William Robson detto Bobby che disse:
“Shilton? He was the very best goalkeeper for long long time. A very special guy”
Come On Guys
di Alessandro Nobili

18 novembre 2024

BOOKS. NORTH LONDON DERBY, Tottenham vs Arsenal di Lino Spazzo (Urbone), 2024


Nel cuore di Londra, una rivalità centenaria divide e unisce la città: il Derby del Nord tra Arsenal e Tottenham. Più di una semplice partita di calcio, è una saga che incarna passione, orgoglio e l'anima stessa del calcio inglese.
Questo libro vi porta nel vivo di una delle rivalità più intense del mondo del calcio, esplorando: Oltre un secolo di sfide epiche e momenti indimenticabili.
  • I protagonisti che hanno scritto la leggenda, da Henry a Kane
  • L'evoluzione tattica e culturale del derby
  • L'impatto sulla città di Londra e sul calcio mondiale
Con interviste esclusive e aneddoti inediti, questa opera offre uno sguardo senza precedenti su Arsenal-Tottenham, una rivalità che trascende il campo da gioco.
Che siate tifosi dei Gunners, degli Spurs o semplicemente amanti del calcio, questo libro vi farà rivivere l'emozione, la tensione e la gloria di una delle più grandi rivalità sportive di tutti i tempi.

1971 IL DISASTRO DI IBROX.

Tra tutti gli episodi negativi – e ce ne sono stati – che hanno contraddistinto l’Old Firm, la sfida infinita tra Celtic e Rangers, uno spicca per l’enorme costo di vite umane che ha comportato: la tragedia di Ibrox del 2 gennaio 1971.
Quel giorno il derby tra i protestanti e i cattolici, tra i filo irlandesi e i fedeli alla corona britannica, sembrava destinato a terminare sullo 0-0, giusto epilogo di un match noioso e quasi privo di occasioni da rete. A un minuto dal termine Jimmy Johnstone, leggenda del Celtic di quegli anni, siglò un gol che alla maggioranza dei presenti apparve decisivo. Non a caso una parte dei quasi 100mila che affollavano gli spalti di Ibrox Park decise di prendere la via di casa, all’apice della depressione calcistica per aver perso un derby in maniera così rocambolesca. Ma a pochi secondi dal fischio finale del direttore di gara, Colin Stein pareggiò la disfida. Cosa sia successo in quei drammatici secondi all’interno dello stadio non è ancora certo al 100 per cento. La versione andata in voga per tanti anni è che i tifosi, sentite le urla d’esultanza per l’insperata marcatura del pari, provarono a tornare sugli spalti, creando un tragico “scontro” con coloro che stavano uscendo festanti. Più verosimilmente, si suppone ormai che la caduta di una persona con un bambino sulle spalle provocò un effetto domino a dir poco disastroso.




























La realtà dei fatti è che a perire furono ben 66 tifosi dei Gers, di età compresa tra i 9 e i 43 anni. Tra loro cinque studenti del villaggio di Markinch che abitavano nella stessa strada e che erano andati a vedere la partita insieme. Per percepire tutta la drammaticità di quanto accaduto in quei pochi minuti di parapiglia infernale basti pensare che le crash barriers dell’East Stand furono piegate quasi fossero di gomma. Le peggior tragedia della storia del calcio britannico, tristemente superata per l’ammontare delle vittime solo dal dramma dell’Hillsborough nell’aprile del 1989 (in quel caso i morti furono 97) è certamente da addebitare a una tremenda fatalità, ma anche, se non soprattutto, alla struttura obsoleta e inadeguata a ospitare folle oceaniche.

A differenza dei nostri tempi, allora gli impianti britannici erano tutto fuorché moderni e funzionali. Il fascino d’antan non faceva per niente rima con sicurezza. Ma se in tutto il Paese bisognò attendere i tanti lutti degli anni Ottanta per una sterzata decisa nella giusta direzione, almeno i Rangers impararono sin troppo bene la lezione, apportando subito delle significative migliorie al loro glorioso stadio.
Per la verità quello del 1971 non fu il primo “Disastro dell’Ibrox”. Oltre a due significativi incidenti nel 1961 e nel 1969 – che costarono la vita a due persone – ce n’è uno celebre quanto molto datato e legato al grande architetto di stadi, lo scozzese Archibald Leitch.

La sua primissima opera, proprio l’Ibrox Stadium, non resse all’urto delle oltre 68.000 persone accorse per assistere a una sfida tra Scozia e Inghilterra dell’aprile del 1902. Quel match era valido per il British Home Championship (conosciuto anche come Home International), il torneo che dal 1883 al 1984 ha visto fronteggiarsi in maniera sempre molto accesa le quattro nazioni britanniche, ovvero le due protagoniste dell’incontro di Ibrox più Galles e Irlanda del Nord (fino al 1950 scese in campo una selezione che rappresentava tutta l’Irlanda e non solo le sei contee dell’Ulster rimaste al Regno Unito dopo l’indipendenza dell’Eire nel 1922). Nonostante l’impianto non fosse pienissimo – la capienza era stimata nell’ordine degli 80.000 posti – la West Stand, una delle “curve”, crollò rovinosamente sotto il peso degli spettatori. Davanti agli occhi di Leitch, che era presente, centinaia di persone fecero un salto nel vuoto di diversi metri. In quella che fu la prima sciagura della storia in un impianto britannico morirono in 26, mentre altri 500 rimasero feriti. La struttura in legno con giunture in ferro non era per nulla adatta a contenere folle di quelle proporzioni, come dovette amaramente riconoscere un affranto Leitch, che in quel momento deve aver avuto la netta impressione che la sua carriera di designer di impianti sportivi fosse destinata a durare molto poco. Invece si sbagliava. 
di Luca Manes

15 novembre 2024

"Il Mio Viaggio In Inghilterra" di Ivan Ambrosio (Urbone) 2020

"Cosa sarebbe successo se non ci avessi mai provato? Dove sarei oggi se avessi abbandonato tutti i miei sogni? È difficile rispondere a queste domande. A distanza di anni, la cosa certa è solo una: l’Inghilterra mi ha cambiato la vita." 
Dalla Premier League alle più sconosciute leghe inglesi. Dalla magia di Stamford Bridge al piccolo Sandygate, lo stadio più antico al mondo. Da nord a sud, da ovest a est. Treni, bus e metropolitane. Tanti incontri speciali, da Sir Alex Ferguson e Pepe Guardiola fino a Colin Baker, volontario dell’Exeter City. Pub, birra e football. Un’avventura senza fine, racchiusa tra le pagine di questo libro: 52 racconti di viaggi e di vita, alla scoperta del football e di me stesso.

13 novembre 2024

"LONTANO DA HIGHBURY" di Luca Frazzi (Libri di Sport), 2003

Diario italiano dell’indimenticabile stagione dell’Arsenal 2001-2002 Oggi tifare Arsenal va di moda, più difficile farlo anni fa, quando i Gunners avevano fama di squadra noiosa (il famoso «Boring, Boring Arsenal») e pragmatica fino all’eccesso (ad Highbury si favoleggia ancora della «mitica» linea difensiva Winterburn-Adams-Keown-Dixon»). 
Ma chi si aspetta il «Febbre a 90’» italiano ha sbagliato indirizzo: Hornby non abita qui. Dalla prima amichevole estiva col Boreham Wood alla finale di FA Cup al Millennium Stadium e il gol di Wyltord (Quel gol di Wyltord), a casa di Ferguson e di Keane, dieci mesi di passione nel diario di un “gooner” confinato a Fidenza, 1.100 chilometri e qualche ora di volo da Islington, Londra nord. Gioie (tante) e dolori (un po’ meno) a costellare un anno vissuto poco pericolosamente. Nervi a parte. (Christian Giordano, "Guerin Sportivo")
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