2 aprile 2025

NOTTINGHAM. La ribelle del football

“Ribelle una volta, ribelle per sempre. Non si può fare a meno di esserlo. Non puoi negarlo. Ed è meglio essere un ribelle per dimostrare loro che non conviene metterti alla prova”. 
Nel libro Sabato notte e domenica mattina lo scrittore Alan Sillitoe ha così reso omaggio alla sua città d'origine, Nottingham. La rebel city per eccellenza, sin dai tempi del mitologico Robin Hood e della guerra civile inglese.

Perdonateci l'analogia un po' irriguardosa, ma negli ultimi mesi Nottingham ha ripreso la sua verve ribelle almeno nel football, visto che il Forest è tornato gioiosamente a contrastare l'establishment del beautiful game. Per qualche settimana ha perfino cullato il sogno del bis del titolo del 1978, cui fecero seguito due clamorose affermazioni nell'allora Coppa dei Campioni. 
Sì, perché il Nottingham Forest è l'unica squadra che ha vinto più massimi trofei europei che campionati. Adesso è comunque in piena lotta per un posto in Champions League, dove spera di ripetere i fasti del leggendario allenatore Brian Clough. Ecco, a proposito di personaggi anti-conformisti, di outsider nati, capaci di ribaltare lo status quo, Clough era un una sorta di archetipo perfetto, tanto che a Nottingham gli hanno dedicato una statua in pieno centro cittadino. Finita l’era del grande Brian, sono arrivate tante stagioni buie, trascorse a rimediare batoste in seconda e in terza serie. Ma ora il Forest è protagonista di uno spettacolare revival in Premier League, nonostante la squadra sia stata costruita per lo più raccattando qua e là scarti delle altre grandi del football inglese. Insomma, le casacche rosso Garibaldi sono tornate a incutere timore a tutti. La citazione dell'eroe dei due mondi non è casuale. I colori sociali del Nottingham sono davvero ispirati alle camicie rosse di ottocentesca memoria, mentre uno dei soprannomi storici del club è proprio the Garibaldi's. La denominazione Forest invece si dice sia dovuta al primo campo di gioco che era tecnicamente nel perimetro di quello che restava della foresta di Sherwood – quella dove si nascondevano Robin Hood e i suoi accoliti.

A proposito di colori, c'è un altro aneddoto tutt'altro che banale che riguarda l'altra squadra cittadina, il Notts County. Il bianco e nero di quello che è il club professionistico più antico del pianeta, fondato nel lontanissimo 1862, è molto legato all’Italia perché è stato mutuato niente meno che dalla Juventus, grazie a un pacco di magliette inviato a inizio Novecento da Nottingham a Torino.
L’impianto del Notts County, il Meadow Lane, è separato da quello dei cugini, il City Ground, solo dal fiume Trent, a testimonianza che Nottingham è sì una rebel city, ma anche tanto una football city. I bianconeri, che abbiamo visto in azione un umidissimo martedì sera di inizio marzo (2025), hanno una storia e un presente meno scintillanti del Forest, sebbene stiano provando a risalire la china partendo dalla quarta divisione. Ma almeno si sono sbarazzati del misterioso fondo Munto Finance, che nel 2009 aveva addirittura messo sotto contratto il povero Sven Goran Eriksson, per poi dileguarsi lasciando solo molti debiti e tante promesse infrante.

Che Nottingham sia forse troppo piccola per avere due squadre di alto livello lo dimostra il divario numerico tra le due tifoserie. Per quanto abbiamo potuto notare, i supporter dei bianconeri hanno un seguito un po' “attempato”; è abbastanza scontato che tanti giovanissimi si appassionino alle sorti del ben più “attraente” Forest. Ma che non ci sia nemmeno una rivalità così forte e sentita come nella stragrande maggioranza dei derby in terra d’Albione ce lo racconta un murales su un edificio accanto a una delle tribune del Meadow Lane. Raffigura infatti uno accanto all’altro il già citato Brian Clough e Jimmy Sirrel, allenatore di culto del County. Due simboli di uno degli orgogli cittadini, il football, fa niente se su sponde opposte.
di Luca Manes, da "Il Manifesto"   

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